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 2013  dicembre 29 Domenica calendario

CINQUE DOMANDE A NADIA FANCHINI

1 Nadia Fanchini, come stanno le ginocchia dopo una gara così?
«Insomma, mi fanno sempre male. Artrosi, condropatia: vado avanti con gli antidolorifici. La sera quando mi stendo a letto mi sento come se mi avessero preso a bastonate, ci sono giorni in cui davvero non ce la faccio più. Adesso ho un po’ di tempo per la preparazione fisica, appena mi scende un po’ il tono muscolare però va peggio».
2 Ha dovuto cambiare modo di sciare dopo gli infortuni?
«No, scio sempre come al solito. Anche negli errori: ho sempre la pecca di essere un po’ arretrata, di essere un po’ seduta, ma ci sto lavorando e mi sembra che i risultati si vedano come qui a Lienz. Posso solo allenarmi di meno, ci sono volte che dopo due giri mi devo fermare».
3 Si è qualificata per l’Olimpiade di Sochi di febbraio in superG e gigante, che cosa le manca a questo punto?
«Il mio obiettivo dopo l’argento in discesa ai Mondiali di Schladming era tornare nelle 15 nelle mie tre discipline, in gigante e superG ci sono riuscita. Devo ancora svegliarmi in discesa, ma ci vuole la fiducia di rischiare tutto, devo ancora ritrovare un po’ di confidenza con la velocità. In estate ho lavorato solo sul gigante e mi è servito: dopo Lake Louise mi sono allenata solo un giorno in questa specialità, ma mi viene tutto facile».
4 Nella velocità c’è Elena, in gigante Sabrina. Com’è sciare insieme a una sorella in gara?
«Sto troppo male, ho paura e non riesco nemmeno a guardarle in tv quando sono in partenza con loro. Non ho visto Elena a Lake Louise, c’era un allenatore svizzero che mi diceva se aveva superato i salti senza cadere. E Sabrina in lacrime dopo la prima manche di Val d’Isere mi ha fatto stare male».
5 Prima e dopo la gara parla sempre con la Karbon?
«Siamo molto legate. Denise per me è importante. Per i consigli, per come è matura. Mi aiuta a superare i momenti difficili, anche qui prima della prima manche, quando pensavo: ma che figura farò che devo scendere dopo Fenninger, Gut, Maze, Weirather. Lei mi ha detto: non pensare alle altre, fai la tua gara».