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 2013  dicembre 29 Domenica calendario

PRIGIONIERI DEI GHIACCI


L’EMERGENZA
Una nave bloccata dal pack, il ghiaccio di mare che circonda l’Antartide, attira sempre l’attenzione dei media. Se l’imbarcazione in pericolo è russa, e il rompighiaccio che tenta di raggiungerla batte bandiera cinese, la notizia è da prima pagina.
Nelle scorse ore è accaduto proprio questo. In soccorso della nave Akademik Shokalskiy, immobilizzata dalla vigilia di Natale nel ghiaccio della Commonwealth Bay, è intervenuto il gigantesco rompighiaccio cinese Xue Long (Drago di neve). Dopo dodici ore di sforzi, a sei miglia e mezzo dall’obiettivo, il tentativo è stato abbandonato a causa dello spessore del pack.
Secondo le ultime notizie la nave russa dista una quindicina di miglia dal mare aperto. Nelle prossime ore parteciperanno a un nuovo tentativo di soccorso la nave rompighiaccio francese L’Astrolabe e la sua sorella australiana Aurora Australis, in arrivo nella zona.
OTTOMILA DOLLARI
La Akademik Shokalskiy è solida, la cambusa è ben rifornita di cibo. Le 62 persone a bordo (22 membri dell’equipaggio, 18 scienziati, 22 tra giornalisti e passeggeri che hanno pagato un biglietto di almeno ottomila dollari a testa) non corrono rischi. In casi estremi, è possibile una evacuazione in elicottero verso le navi o la vicina base francese Dumont d’Urville.
«Stiamo tutti bene, e stiamo approfittando della sosta per fare nuove ricerche», spiega il climatologo australiano Chris Turney, capo della Australian Antarctic Expedition che è imbarcata sulla Shokalskiy. «Stavolta la situazione del ghiaccio è particolarmente difficile, per liberarci ci vorrà del tempo», sdrammatizza il suo vice Greg Mortimer, noto alpinista himalayano e protagonista di un centinaio di spedizioni antartiche.
Come i partecipanti alla spedizione ben sanno, in passato il pack dell’Antartide e dell’Artico era una minaccia mortale per le navi. La spedizione australiana di quest’anno ripercorre la rotta seguita un secolo fa dal geologo inglese Douglas Mawson e dai suoi compagni di avventura.
Partiti nel 1911 per trascorrere in Antartide due anni, a causa delle condizioni del ghiaccio, i ricercatori restarono lontani da casa tre anni e mezzo. Tornarono in Gran Bretagna nel 1914, quando la prima guerra mondiale era appena scoppiata. Due ricercatori, Belgrave Ninnis e Xavier Mertz, persero la vita nell’impresa. Sei giorni fa, a Cape Denison, i membri della spedizione del centenario hanno visitato le baracche di legno utilizzate da Mawson, che da qualche anno sono state restaurate.
SCOTT E AMUNDSEN
Anche le due spedizioni più famose della storia del Continente Bianco sono partite nel 1911. Il team del norvegese Roald Amundsen e dei suoi quattro compagni di avventura raggiunse il Polo Sud il 14 dicembre, dopo due mesi sugli sci. Robert Falcon Scott e altri quattro inglesi, che si muovevano a piedi e con dei pony, arrivarono al Polo solo il 18 gennaio, e sulla via del ritorno furono uccisi dalla fame e dal gelo.
Si è svolta sul pack, e poi sui mari più tempestosi del mondo, l’avventura di un altro esploratore britannico, Ernest Shackleton, e dei suoi ventisette compagni imbarcati sulla Endurance. La nave, salpata da Londra nell’agosto del 1914, si incastrò nel ghiaccio del Mare di Weddell all’inizio del gennaio successivo.
Da lì, una parte del gruppo sarebbe dovuta partire a piedi in direzione del Polo Sud per compiere la prima traversata dell’Antartide. Invece la nave andò alla deriva, si allontanò dalla terraferma e dopo dieci mesi fu schiacciata e distrutta dal pack. Il gruppo si accampò per un mese e mezzo sul ghiaccio. Appena questo iniziò a spezzarsi, fuggì verso il mare aperto su tre scialuppe.
ELEPHANT ISLAND
Una settimana tra onde gigantesche li portò alla selvaggia Elephant Island. Poi Shackleton, con cinque compagni, proseguì per altri quindici giorni sulla scialuppa in condizioni migliori, fino alla costa meridionale della South Georgia. Trentasei ore a piedi, attraverso montagne e ghiacciai, portarono il capo spedizione, Tom Crean, e Frank Worsley alla stazione baleniera di Stromness.
Due mesi e mezzo più tardi, al quarto tentativo, il rimorchiatore cileno Yelcho salvò i naufraghi di Elephant Island. L’avventura della Akademik Shokalskiy e dei suoi 62 tra marinai, passeggeri paganti e scienziati, al confronto, sembra una vacanza tra i ghiacci.