Gianfranco Adornato, Il Sole 24 Ore 29/12/2013, 29 dicembre 2013
E IL 2014 SARÀ L’ANNO DI TIBERIUS
Mentre alle Scuderie del Quirinale continuano le celebrazioni per il bimillenario della morte di Augusto avvenuta a Nola il 19 agosto del 14 d.C. (ma l’evento espositivo proseguirà al Louvre nel 2014) , alla Villa Getty di Malibu è aperta la mostra «Tiberius: Portrait of an Emperor» (fino al 3 marzo 2014), curata da David Saunders ed Erik Risser del Getty Museum, per il bimillenario dell’ascesa al potere del secondo imperatore romano, Tiberius Iulius Caesar Augustus (14 d.C.-37 d.C.). Al centro della mostra è la statua bronzea di Tiberio di dimensioni superiori al naturale (2,46 m di altezza; 468 kg), danneggiata dal l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e rinvenuta il 30 agosto 1741, durante il primo anno di scavo a Ercolano. Tiberio è qui raffigurato capite velato, nella carica di Pontefice Massimo; all’anulare sinistro indossa un anello decorato con un lituus, il bastone ricurvo usato dagli auguri, insegna del potere di magistrati e sacerdoti.
Dopo la scoperta, l’opera fu pesantemente "restaurata" nella Real Fonderia di Portici per circa diciannove anni: un documento d’archivio, datato 14 giugno 1760, attesta la conclusione dei lavori da parte di Camillo Paderni e dei suoi collaboratori, che avevano integrato le lacune dell’opera e applicato alla superficie bronzea antica una patina artificiale per dare un colore e un aspetto ancora più antico.
La monumentale scultura, realizzata nella tecnica della cera persa indiretta e composta da circa 60 pezzi individuali (caso unico nel mondo antico), non era più esposta nel Museo di Napoli da diversi anni per problemi di statica e, per questa ragione, è stata sottoposta a un meticoloso intervento di restauro. L’opera è arrivata a Los Angeles nell’ottobre del 2012 e, dopo un anno di studio e di analisi da parte del Dipartimento di Restauro della Villa Getty, è finalmente tornata alla luce con importanti novità su aspetti tecnici della produzione antica e sui restauri moderni. L’intervento principale si è concentrato sulla stabilità della statua: in particolare, è stato portato avanti uno studio della scultura, dei punti di fusione e della distribuzione del peso. La tendenza della statua è di inclinarsi in avanti e verso destra. Quasi tutto il peso della statua grava sulle due saldature antiche a metà del polpaccio e su due grandi perni in ferro del restauro ottocentesco, inseriti nei piedi e bloccati con piombo. La figura si trova adesso in linea con il proprio baricentro, con conseguente diminuzione delle forze eccessive gravanti sulle due saldature e sui perni. Più complicato, invece, è definire la pertinenza o meno del braccio destro alla statua: a prima vista, infatti, la posa e le proporzioni dell’arto sembrano compatibili con il resto del corpo; eppure, guardando da vicino l’area della frattura, risulta evidente che l’attaccatura ha subito una riduzione e una regolarizzazione all’altezza del gomito. A dirimere la questione non basta la composizione della lega metallica del braccio, che risulta in tutto e per tutto identica a quella del resto della statua: resta da chiarire, allora, se il braccio fosse pertinente a un’altra statua di simili proporzioni rinvenuta durante gli scavi e adattata alla figura di Tiberio nel XVIII secolo.
La scultura ha già attirato oltre 24.726 visitatori nel solo primo mese di mostra e diversi sono i temi connessi con l’opera e con l’imperatore Tiberio. In primo luogo, grazie a ricerche di archivio, è stato possibile rettificare il luogo di rinvenimento dell’opera: non già il teatro, come si è a lungo ripetuto, ma la Porticus; in questo caso, bisognerebbe ipotizzare una galleria di figure imperiali nello spazio civico, di cui Tiberio farebbe parte. In questa sezione è inclusa la più antica illustrazione della scultura, tratta dal tomo Delle Antichità di Ercolano del 1771. Una sezione a carattere storiografico verte sulla figura dell’imperatore Tiberio, oscurata nelle fonti letterarie (Tacito e Svetonio) dalla personalità del suo predecessore Augusto: una figura, quella di Tiberio, tratteggiata a tinte fosche, incline alla malinconia, come registra Plinio il Vecchio, o alla crudeltà e alla lussuria, secondo il racconto di Tacito negli Annali. Quando, per esempio, nel 26 Tiberio lasciò per sempre Roma per vivere a Capri, tra i motivi addotti, Tacito ne ricorda alcuni: l’invecchiamento e la corporatura gracile, l’abitudine di tenere nascosti i piaceri, l’incombenza della madre nella gestione del principato, l’inaccessibilità dell’isola e l’ozio tra le sue dodici ville. Su questi aspetti, la mostra vuole rivalutare l’operato politico e diplomatico di Tiberio, grazie a una lettura più equilibrata di quegli anni del principato.
La mostra si inserisce all’interno di un più ampio accordo firmato nel 2007 tra il J.P. Getty Museum e il ministero per i Beni e le Attività culturali e, nello specifico, di uno stretto e ormai consolidato rapporto di collaborazione scientifica con la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei e il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Rappresenta, sotto questo punto di vista, un virtuoso e paradigmatico modello di cooperazione tra istituzioni italiane e americane. Già nel 2011, infatti, alla Villa venne esposto l’Apollo Saettante (Apollo from Pompeii: Investigating an Ancient Bronze) dopo un accuratissimo intervento di restauro, i cui risultati sono adesso disponibili e raccolti nel volume a cura di E. Risser e D. Saunders, The Restoration of Ancient Bronzes: Naples and Beyond (Los Angeles: Getty Publications, 2013). Dopo quel successo scientifico ed espositivo, prima a Malibu e successivamente a Napoli, Luigia Melillo, Responsabile del Labratorio di Conservazione e Restauro del Museo di Napoli, ha individuato nella statua bronzea di Tiberio da Ercolano una nuova "sfida" per la comunità scientifica: dopo il soggiorno americano, l’opera restaurata sarà nuovamente visibile e finalmente riesposta a Napoli per celebrare il bimillenario del principato di Tiberio.
Attorno alla mostra ruotano altre manifestazioni scientifiche, che spaziano da seminari e conferenza di storia e arte romana (si segnalano le conferenze di E. Champlin di Princeton e Ron Mellor di Ucla) a questioni di restauro e conservazione. Grazie alla generosità della Soprintendenza e del Museo di Napoli, il Tiberio da Ercolano rimarrà esposto per altri mesi a Malibu, dopo la conclusione dell’evento, circondato dagli eccezionali ritratti di età imperiale della Villa Getty.