Ugo Bertone, Libero 29/12/2013, 29 dicembre 2013
IN BRASILE È INIZIATA LA CADUTA DEGLI DEI
Un anno fa Eike Batista figurava tra i 20 uomini più ricchi del mondo con una fortuna stimata da Forbes attorno ai 30 miliardi di dollari. Oggi del suo impero non restano che poche briciole. O forse meno. Martedì scorso, alla vigilia di Natale, i creditori hanno accettato, a fronte dei debiti, di rilevare il 90 per cento di Ogx, il cuore di un gruppo che avrebbe dovuto estrarre il petrolio dall’Oceano, trasportarlo sulle sue navi fino ai suoi porti e di lì, grazie ai suoi oleodotti, alimentare con la sua energia le fabbriche del Brasile, la nuova potenza globale.
Un sogno che si è infranto di fronte ad un’amara realtà: i giacimenti assegnati a Batista nelle acque dell’Oceano risultano troppo profondi o, comunque, troppo difficili per essere sfruttati con le tecnologie attuali. Una realtà che Batista ha cercato di coprire fino all’ultimo, coinvolgendo nel suo sogno colossi del calibro di General Electric o i fondi pensione Usa che hanno fatto schizzare i titoli di Ogx fino a 35 miliardi di dollari di valore. Mica poco, se si pensa che il colosso petrolifero (sulla carta) non solo non aveva estratto ancora una sola goccia di greggio, ma quell’impero aveva basi di carta, anzi di cambiali, fondato com’era sui crediti che la finanza mondiale assegnava volentieri al Brasile o, più ancora, sui prestiti della Bndes, la banca di Stato.
Oggi la caduta di Eike, buon amico del presidente Djlma Rousseff e del governatore di Rio, getta una luce inquietante sul Paese carioca alla vigilia di un anno chiave: a giugno l’attenzione di tutto il mondo sarà concentrata sugli stadi brasiliani, teatro dei Mondiali; quattro mesi dopo il presidente Djlma chiederà la sua riconferma, per ora probabile (tre elettori su cinque sono soddisfatti) ma che potrebbe incontrare non pochi problemi se l’economia già in frenata (il Pil è cresciuto nel 2013 attorno al 2 per cento, ben al di sotto del 7,5 del 2010) subisse nuove battute d’arresto.
In questa cornice il rapido, incredibile tramonto della stella di Batista, figlio di un ex ministro e marito di una ex modella di Playboy, Luna de Oliveira, non è certo di buon augurio. Per carità, l’allegra finanza di Eike è un’eccezione: le aziende brasiliane, pubbliche e private, sono in genere più che affidabili, a partire dai colossi dell’agricoltura (la terza al mondo) fino alla tecnologia degli aerei Embraer. Il petrolio davanti a Rio c’e, e Petrobras si accinge a farlo zampillare dalle rocce dell’Oceano per trasformare il Brasile in una potenza petrolifera già nel 2020. Ma qualcosa si è ormai inceppato in una locomotiva che, in questi anni, si è alimentata con i consumi interni, aiutati dal credito generoso, e dagli alti prezzi delle materie prime, sostenuti dagli acquisti della Cina, a sua volta in dolce frenata. E così rischia di andare in tilt un modello di sviluppo che ha puntato a distribuire denaro pubblico per alleviare la povertà ed allargare la classe media ma che non ha i mezzi per correggere le debolezze strutturali del sistema.
Il Brasile che pure ha una popolazione giovane, spende in pensioni percentuale sul pil, più di Italia o Spagna (ove i vecchi sono tre volte di più). Non c’è da stupirsi, visto che i dipendenti pubblici e privati vanno in pensione a 54 anni con il 70% dell’ultima busta paga. Il piano casa promosso dal governo prevede canoni d’affitto e mutui molto bassi, ma questo, secondo i calcoli della Caixa Economica, si è tradotto in un aumento delle insolvenze fino al 50% del totale.
Che accadrà se il sistema dovesse andare in default? Facile prevedere che le proteste esplose lo scorso anno potrebbero ripetersi in scala maggiore, anche perché sale la rabbia contro la burocrazia, un sistema fiscale opprimente (il 58% del Pil) e la corruzione rampante. Per ora, comunque, il sistema tiene. Anche grazie al Mondiale. Nelle favelas spuntano le camere da affittare ed i Bed & Breakfast (50-55 dollari per una stanza contro i 500 dollari che si pagheranno in hotel durante il Campionato). Il credito al consumo ha alimentato la nascita di tante mini-imprese (parrucchieri, calzolai, meccanici) che hanno consentito di ridurre la disoccupazione dal 6,1 al 4,6%. «Ma se il pil continuerà a crescere del 2% – ha detto Carlos Langoni, ex governatore della banca centrale – questi valori dell’occupazione non saranno sostenibili ». Di qui la necessità di rilanciare la crescita, più urgente che mai in un Paese affamato di infrastrutture. Ma ad ostacolare lo sviluppo contribuiscono, oltre ai costi (il Brasile ha appena annunciato la fine degli incentivi fiscali sulle auto) le barriere doganali e il protezionismo praticato in questi anni. Oltre alla diffidenza degli investitori internazionali per la Borsa di San Paulo (-27% nel 2013), per giunta accentuata dalle conseguenze del tapering deciso dalla Fed.
Insomma, a Djlma Roussef può bastare Neymar per vincere il Mondiale. Ma per evitare brutte sorprese alle urne, alla presente serve qualche buona idea per scacciare l’ombra di Eike Batista. E, vista l’importanza dell’economia giallo oro per le nostre imprese (Fiat, Pirelli, Telecom Italia in testa), non ci resta che tifare un po’ per il governo giallo oro, così numeroso che non basta un pullman a contenerlo: 39 ministri, altro che casta.