Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
I russi dicono ufficialmente che Erdogan compra il petrolio dall’Isis, garantendo al califfo finanziamenti per due miliardi di dollari l’anno e trasferendogli anche, attraverso corridoi che sono stati individuati e videofilmati dal satellite, un congruo numero di armi. Quindi, sfilze di autocisterne che vanno dalla Siria alla Turchia e sfilze di camion che vanno dalla Turchia alla Siria. Dicono i russi che Erdogan avrebbe su tutta la faccenda interessi suoi privati, suoi parenti sono stati nominati in posti chiave del sistema energetico. I turchi hanno risposto sdegnati che accuse di questo genere senza prove sono un’infamia, il presidente s’è anche detto pronto alle dimissioni se Mosca fosse capace di fornire delle prove. In questo scenario fosco, si inserisce l’aggravante americana che, come al solito, dà torto a Putin e definisce le dichiarazioni russe un assurdo. La guerra, a un’analisi spassionata, sembra folle, pure i due paesi hanno imboccato una strada che non si sa dove possa portare. Unica consolazione, l’attacco russo è stato affidato a una figura politicamente minore, il viceministro della Difesa Anatolij Antonov.
• Non so perché, ma mi paiono accuse vecchie.
Sì, è roba che si era come minimo subodorata e che ha di sicuro, qualunque cosa pensi il portavoce del Pentagono Steve Warren, un fondo di verità. S’era persino sostenuto - e non è detto che sia falso - che il califfo ha venduto il suo petrolio addirittura ad Assad. Il califfo vende il petrolio rubato a metà prezzo e si finanzia. I turchi gli passano armi perché distrugga i curdi. I curdi invece sono gli unici, con gli iraniani, che combattono i jihadisti da terra, incoraggiati in questo dagli americani, che così possono limitarsi ai bombardamenti. Putin, da parte sua, fa bombardare soprattutto i turcomanni, fedeli di Erdogan e responsabili della morte del pilota che s’era buttato col paracadute. Antonov, il viceministro della Difesa che si è dedicato ieri al bombardamento verbale sulla Turchia: «Il principale consumatore del petrolio rubato a Siria e Iraq è la Turchia. In base alle informazioni disponibili, il massimo livello della leadership politica del paese, cioè il presidente Erdogan e la sua famiglia, sono direttamente coinvolti in questa attività criminale. In Occidente nessuno si pone domande sul fatto che il figlio del presidente turco è a capo della più grande compagnia energetica, o che suo genero è stato nominato ministro dell’Energia. Che meravigliosa famiglia d’affari! Il cinismo della leadership turca non conosce limiti». Qui è intervenuto il vicecapo di stato maggiore, Sergeij Rudskoi: «A voi giornalisti stiamo presentando una serie di prove inconfutabili, non solo sul traffico di petrolio, ma anche sul traffico di armi attraverso il confine turco-siriano. La coalizione internazionale a guida Usa non conduce raid aerei contro le autocisterne e le infrastrutture dell’Is in Siria per la produzione e il commercio del petrolio». Su questo, americani e turchi si difendono dicendo che, distruggendo le autocisterne, danneggerebbero migliaia di famiglie che su quel petrolio vivono.
• Mah. La documentazione esiste?
Esiste ed è piuttosto impressionante. Almeno a una prima occhiata.
• Che intendono fare, concretamente, i russi?
A Baghdad è stata creata un’unità di guerra (war room) in cui collaborano i servizi segreti russi, iraniani, libanesi (hezbollah), siriani e iracheni. È stato deciso di mettere in campo lungo il confine tra Siria e Turchia una brigata di spetsnaz, truppe speciali russe. Sorveglieranno soprattutto Aazaz e Bab al-Salamah, due punti attraverso cui passano le armi turche dirette al califfo, specialmente i missili anti-tank Tow. Domenica scorsa anche Assad, ricevendo l’inviato iraniano Ali Akbar Velayati, aveva denunciato - e fatto scrivere nei comunicati - che «Ankara fa arrivare i Tow ai terroristi». I russi stanno pensando di raddoppiare la forza aerea, aggiungendo alla base di Hmeimim i 45 hangar di Al-Shayrat. L’abbattimento dell’aereo russo da parte dei turchi sarebbe stato causato dalla volontà di Erdogan di por fine all’opera di documentazione messa in atto da Mosca con i continui sorvoli sulle rotte armi-petrolio.
• Qual è in definitiva il punto di contrasto politico tra i due, quello che sta dietro a tutto questo?
L’influenza sull’area mediorientale dopo la sconfitta del califfo. Erdogan sogna di ricostituire una specie di Impero Ottomano. Putin, a sua volta, vuole inserirsi in un pezzo di mondo affacciato sul Mediterraneo e del quale gli americani sembrano ormai disinteressarsi.
• Come fa Putin a muoversi con tanta disinvoltura? Le sanzioni e il prezzo irrisorio del petrolio dovrebbero averlo messo in crisi.
In effetti, il Pil 2015 dovrebbe risultare in discesa del 4%. Mentre le previsioni sul pil turco, prima delle sanzioni russe, accreditava ad Ankara una crescita dell’1,5%. La stretta sull’import-export russo-turco varata da Putin garantisce di sicuro questo risultato: le economie di tutti e due peggioreranno, e di parecchio.
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