La Stampa, 3 dicembre 2015
In un anno i gruppi parlamentari prendono 53,3 milioni di euro. Significa che il finanziamento pubblico ai partiti non solo c’è ancora, ma è anche cresciuto
Ogni giorno, domeniche compresi, i gruppi parlamentari percepiscono 160 mila euro. In un mese fanno 4,8 milioni. In un anno 53,3 milioni, il doppio del vecchio rimborso elettorale ai partiti, che scomparirà nel 2017. Per la prima volta i rendiconti illuminano un canale di finanziamento pubblico della politica che non solo non viene prosciugato, ma s’ingrossa. E aggiungendosi al meccanismo del due per mille, vanifica la tanto strombazzata «autoriforma». Il finanziamento pubblico ai partiti ha cambiato pelle, ma è vivo.
I gruppi parlamentari hanno a disposizione uffici e attrezzature. I contributi si aggiungono «esclusivamente per gli scopi istituzionali e per le spese di funzionamento». Servono per pagare «funzioni di studio, editoria, comunicazione, personale». Opacità di bilanci e assenza di controlli impediscono di valutare se tutte le spese siano effettivamente entro questi limiti.
Recentemente i regolamenti parlamentari hanno imposto il deposito dei rendiconti. Openpolis ne ha analizzati ventotto dei dodici gruppi parlamentari principali. La Camera stanzia 32 milioni l’anno (50 mila euro a deputato), il Senato 21,3 milioni (67 mila euro a senatore). A ogni gruppo è assicurata una somma minima, che cresce in proporzione alla consistenza numerica. Nel 2014 il Pd ha incassato 20,5 milioni; il Movimento 5 Stelle 7,1 milioni; Forza Italia 7,4 milioni e così via. La distribuzione varia ogni anno in base ai cambi di casacca dei parlamentari, particolarmente frequenti in questa legislatura: sono già 328 in meno di tre anni, mentre in tutta la legislatura precedente erano stati 261. È Area Popolare ad averne ricavato il beneficio maggiore: grazie ai 67 parlamentari acquisiti, incassa ogni anno 4 milioni in più. Il Pd, con 23 parlamentari in più, aggiunge 1,3 milioni. Viceversa, Forza Italia paga il più alto prezzo per la diaspora di 83 parlamentari: 5 milioni. Il Movimento 5 Stelle ha perso 35 parlamentari e 2 milioni l’anno. Tutti i gruppi hanno registrato spese inferiori del 16 per cento ai contributi ricevuti. Il M5S ha accantonato il 30 per cento delle risorse, circa 4 milioni. Il Pd 8 milioni, pari al 20%.
In media il 72% dei soldi va il personale, con alcune differenze. Forza Italia spende l’85% alla Camera, il Movimento 5 Stelle a Montecitorio e la Lega in Senato sono sotto il 60%. Il Pd sfiora il 70% del budget, ma con la cifra maggiore: 26,8 milioni tra 2013 e 2014 per pagare 229 persone. Centro Democratico e gruppo misto hanno più personale che parlamentari.
Complessivamente i gruppi retribuiscono 560 persone, dunque uno ogni due parlamentari. Si tratta per lo più di collaborazioni temporanee e consulenze esterne, per evitare gli stringenti vincoli posti da Camera e Senato per le assunzioni. Un numero cospicuo, considerando che per i collaboratori diretti (portaborse, addetti stampa, segretari) ogni parlamentare dispone di ulteriori 4 mila euro mensili.
La seconda voce di spesa è quella per «comunicazione ed editoria». Vale 4,6 milioni tra 2013 e 2014. La Lega ha il record con oltre l’11 per cento del budget. Non sempre i bilanci offrono dati analitici. Il Pd spende più di 2 milioni in un anno, la metà dei quali per la partecipazione alla feste dell’Unità. Fratelli d’Italia 6 mila euro l’anno per Atreju, la festa dei giovani di destra.
In conclusione: dai partiti (svuotati), i gruppi parlamentari hanno ereditato personale, attività di propaganda e comunicazione, rete di consulenti esterni. Ma anche un fiume di quattrini pubblici.