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 2015  dicembre 03 Giovedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LA STRAGE DI SAN BERNARDINO


REPUBBLICA.IT
WASHINGTON - "Non sappiamo ancora il perché di questo evento terribile", Barack Obama l’ha ripetuto parlando della strage in diretta tv dallo Studio Ovale della Casa Bianca dove ha riunito il Consiglio per la sicurezza nazionale. "L’Fbi sta indagando" ha aggiunto, "andremo fino in fondo". La connessione al terrorismo resta incerta, "non lo sappiamo. E’ possibile", ha detto Obama aggiungendo che il movente potrebbe essere anche una lite sul posto di lavoro. Ma l’Fbi sta trattando la sparatoria come un caso di terrorismo, riporta il New York Times.
"Ci saranno molti colloqui - ha proseguito il presidente - dobbiamo capire la natura del rapporto tra l’autore dell’attacco e i suoi superiori al lavoro. Dobbiamo aver maggiori dettagli. Resteremo con gli occhi aperti, raccoglieremo prima i fatti poi tireremo le conclusioni".
Il problema resta l’accesso alle armi. "Il legislatore dovrà prendere delle misure per fare in modo che l’accesso alle armi non sia così facile come è oggi" ha dichiarato Obama. "Dobbiamo fare in modo - ha aggiunto - che siano assunte misure di buon senso, affinché sia più difficile che i cittadini acquistino armi". Obama ha anche sottolineato che gli Usa dispongono "di un’intelligence molto forte, forze dell’ordine e soldati che lavorano efficacemente per la sicurezza. Ma non possiamo affidarci solo a loro, dobbiamo affrontare il problema, tutti abbiamo un ruolo da svolgere".
Dopo le parole di Obama, la Casa Bianca ha ordinato di mettere le bandiere statunitensi a mezz’asta in tutti gli edifici pubblici, nelle ambasciate e nelle basi militari, in onore delle vittime di ieri.
Strage a San Bernardino, Obama: "Possibile terrorismo ma non sappiamo ancora"
A San Bernardino, California, quando le armi tacciono ormai da molte ore, resta dunque un enigma la motivazione per cui il 28enne Syed Rizwan Farook e sua moglie Tashfeen Malik, 27, si siano presentati armati come teste di cuoio all’Inland Regional Center con l’intento, realizzato, di compiere una strage, per poi essere a loro volta abbattuti dalla polizia al termine di un’imponente caccia all’uomo. Potrebbe esserci un intreccio di diversi elementi dietro il movente che ha portato alla morte di 14 persone, e al ferimento di altre 21, investite dalla pioggia di proiettili scaricata su di loro dai due aggressori.
Mentre l’identità delle vittime non è ancora stata rivelata, i nomi dei due killer spingerebbero a una facile associazione tra quanto accaduto in California e l’esortazione al terrorismo che lo Stato Islamico fomenta nelle comunità musulmane del mondo occidentale. La Cnn riporta fonti investigative secondo cui Farook era in contatto con sospetti terroristi tenuti sotto controllo dall’Fbi. Una fonte anonima della polizia citata dall’emittente ha aggiunto che si era apparentemente radicalizzato. Nel loro appartamento la polizia ha trovato 12 ordigni esplosivi. Inoltre il malfunzionamento di un telecomando avrebbe evitato l’esplosione di un ’tubo-bomba’ sul luogo della strage, la polizia ha trovato nell’edificio tre ordigni esoplosivi artigianali interconnessi tra loro e azionabili a distanza. In casa dei due killer è stato trovato un vero e proprio arsenale tra cui oltre 5 mila proiettili.
Syed Farook, nato negli Stati Uniti, era ispettore sanitario presso il Dipartimento di Salute Pubblica, dipendente della Contea di San Bernardino da cinque anni. Anche lui era nella struttura no-profit per disabili e servizi sociali che i suoi colleghi avevano affittato per tenere la consueta festa di fine anno. Ed è sui colleghi che - assieme alla moglie, di cui invece si sa ben poco - ha fatto fuoco dopo essersi allontanato dal party, subito dopo una lite, per poi tornare armato e compiere il massacro di San Bernardino, il più grave dai tempi dell’assalto alla scuola di Newtown, in Connecticut, in cui tre anni fa persero la vita 26 bambini e un adulto.
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L’equipaggiamento di cui erano dotati Farook e Malik, ma soprattutto la meticolosità nella preparazione dell’assalto e la precisione nella sua attuazione lasciano pensare che i due sapessero perfettamente cosa volevano e come ottenerlo. "Doveva essere pianificato, almeno in parte. Non credo che (Farook, ndr) sia tornato a casa e si sia messo abiti tattici", ha osservato il capo della polizia di San Bernardino Jarrod Burguan.
Patrick Baccari alla festa era seduto al tavolo accanto a Farook. Secondo la sua testimonianza, Syed improvvisamente è sparito, lasciando il suo impermeabile sulla sedia. Quando è iniziata la sparatoria Baccari si è rifugiato in bagno, dove è stato ferito in modo leggero da schegge di granata. Il capo della polizia Burguan ha in effetti parlato di pipe bombs, piccoli ordigni infilati in stretti tubi metallici, lanciati dai killer durante l’assalto all’Inland Regional Center. Baccari ha descritto Farook come un uomo riservato che non aveva mostrato alcun comportamento inusuale. All’inizio del 2015, ha raccontato ancora il sopravvissuto, Syed Farook si era recato in Arabia Saudita ed era tornato negli Usa con una moglie, poi si era fatto crescere la barba.
Sparatoria California, polizia: ’’L’uomo ha lasciato la festa arrabbiato’’
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La coppia aveva una bambina di 6 mesi, che mercoledì mattina, prima della festa, era stata lasciata in custodia alla nonna, nella vicina Redlands, dove è poi stato localizzato il Suv con cui i due killer sono fuggiti. A sua madre, Farook non aveva parlato della festa ma di un appuntamento con un dottore, secondo quanto riportato da Hussam Ayloush, direttore esecutivo del Consiglio per le relazioni Americano-Islamiche. Lo stesso Ayloush ha spiegato che la famiglia di Farook è originaria dell’Asia meridionale, mentre sua moglie Malik era pachistana e aveva vissuto in Arabia Saudita prima di arrivare negli Stati Uniti. La comunità islamica californiana ha condannato immediatamente l’accaduto con una conferenza stampa improvvisata a cui ha partecipato anche il cognato di Farook, Farhan Khan: "Perché lo ha fatto? Non ne ho assolutamente idea. E sono scioccato" ha affermato l’uomo.
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C’è poi il tema delle armi. Farook e Malik sono stati trovati in possesso di due fucili d’assalto, altrettante pistole semiautomatiche e indossavano un equipaggiamento degno di forze speciali imbottito di munizioni. Nell’appartamento sono stati trovati almeno 12 ordigni esplosivi. Almeno quattro delle armi erano state acquistate legalmente quattro anni fa negli Stati Uniti, ha reso noto Meredith Davis, portavoce dell’Atf (Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives). Non è ancora stato accertato se la vendita sia avvenuta in California o al di fuori dello Stato e come e quando siano arrivate nella disponibilità della coppia. E’ in corso, ha aggiunto la portavoce, un’inchiesta per stabilire l’esistenza di un legame tra Farook, Malik e un commerciante legale di armi. Davis ha anche ricordato come in California la vendita di armi di seconda mano necessiti di una documentazione che in altri Stati non è richiesta. La stessa Davis ha spiegato che i fucili d’assalto, calibro 223, sono in grado di violare le protezioni standard indossate dagli agenti di polizia e che, caricati con specifiche munizioni, possono persino fendere i muri.
Il sindaco di San Bernardino, Carey Davis ha ringraziato su Twitter il presidente Usa per una toccante telefonata ricevuta. Barack Obama ha vissuto nell’affossamento al Congresso di un piano per un più stretto controllo sulla vendita di armi la più cocente sconfitta della sua esperienza alla Casa Bianca.
Dopo la carneficina di San Bernardino e a pochi giorni dal "basta" pronunciato a fine novembre, quando tre persone sono state uccise da un estremista di destra in una clinica del Colorado dove si pratica l’aborto, il presidente ha rivolto un nuovo invito al Congresso: "Non dobbiamo pensare che questo sia qualcosa che avvenga nel corso normale delle cose, perché queste sparatorie non avvengono con la stessa frequenza negli altri Paesi. Per rendere l’America più sicura serve un’azione bipartisan a tutti i livelli governativi, per rendere queste tragedie rare e non normali".
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L’Is non rivendica ma esulta sul web. Secondo il sito Vocativ, con l’hashtag #American_Burning gli estremisti hanno scritto diversi messaggi, tutti in arabo: "Tre leoni ci hanno fatto diventare orgogliosi", e ancora "Le strade della California sono piene di soldati con armi pesanti, l’America sta bruciando". Poi hanno aggiunto: "Il nostro dio è grande, e questo inferno è suo volere".

14 dicembre 2012. L’assalto alla scuola di Newton
WASHINGTON - Ventisei morti, di cui 20 bambini, fra i 5 e i 10 anni. L’America e il mondo sono sconvolti per la tragedia della piccola cittadina di Newtown, in Connecticut, "il posto più sicuro del mondo" come lo ha definito un genitore, dove invece un giovane killer armato ha fatto irruzione nella scuola elementare di Sandy Hook, massacrando un’intera classe e gli adulti che intervenivano a fermarlo, compresa la preside e la psicologa. Il ragazzo si è poi suicidato. "Un atto orribile", ha commentato il presidente Barack Obama parlando al Paese visibilmente emozionato, fermandosi più volte per ricacciare le lacrime (video).
I contorni della tragedia sono ancora confusi. L’autore della strage, identificato come Adam Lanza, 20 anni, era di Newtown, ma viveva a Hoboken, la cittadina del New Jersey in cui nacque Frank Sinatra. Indossava un giubbotto antiproiettile e aveva almeno due pistole - una Glock e una Sig Sauer, che sono state ritrovate sul posto - e un fucile calibro 223. Ma forse aveva anche altre armi. Avrebbe iniziato a sparare nelle classi dei bambini più piccoli per poi togliersi la vita al termine del suo folle raid.
Il fratello maggiore, Ryan Lanza, 24 anni, è stato individuato dalla polizia e starebbe collaborando con le autorità, che non lo considerano collegato alla strage. Ryan Lanza ha detto che il fratello soffriva di disturbi della personalità "di tipo autistico". Ryan, visto che il fratello portava addosso un suo documento, era stato additato nei primi momenti come autore della strage, e il suo profilo su Facebook preso d’assalto. Poi il chiarimento.
La polizia avrebbe fermato anche un’altra persona, ma non se ne conoscono le generalità.
Uccisi i familiari. Tra le vittime della giornata di follia di Adam Lanza anche sua madre, Nancy Lanza, insegnante alla Sandy Hook. È la ventottesima vittima. Nancy Lanza è stata trovata morta nella casa di Newtown dove viveva. Adam l’ha uccisa prima di uscire di casa, salire nella sua macchina e recarsi all’istituto per proseguire la strage.
Le autorità hanno fornito il numero definitivo delle vittime nella scuola solo nel primo pomeriggio americano: 20 bambini (di cui 2 morti in ospedale), sei adulti e l’assalitore suicida. Di certo è una delle stragi più gravi e drammatiche compiute nelle scuole negli Stati Uniti, ma solo l’ultima di una lunga serie, da Columbine a Virginia Tech.
Obama: "Ci siamo passati troppe volte". E la pressione perché la regolamentazione della troppo libera distribuzione delle armi diventi una priorità dell’Amministrazione - in un paese dove è molto forte la lobby delle armi e molto sentito il diritto all’autodifesa - ha spinto il presidente Obama a lanciare un impegno, ancora molto vago, nel commosso discorso pronunciato in diretta televisiva a poche ore dalla strage. "Come Paese ci siamo passati troppe volte, abbiamo vissuto troppe tragedie come questa" ha detto Barack Obama, fermandosi più volte per asciugarsi le lacrime.
FOTO La protesta anti armi alla Casa Bianca
"Dobbiamo unirci per intraprendere azioni per impedire che cose del genere si ripetano, a prescindere dalla politica. Reagisco non da presidente, ma da genitore, specialmente oggi", ha aggiunto ricordando i bambini, tutti tra i 5 e i 10 anni, "con tutta la vita davanti". E gli insegnanti, che a loro hanno dedicato la vita. "I nostri cuori sono infranti", ha continuato il presidente, aggiungendo: "E’ ora di prendere provvedimenti".
La scuola. La sparatoria è avvenuta alla Sandy Hook Elementary School, un edificio circondato da un bosco, in una tranquilla cittadina un centinaio di chilometri a nord di New York. "E’ allarmante, specialmente qui a Newtown, che abbiamo sempre creduto il posto più sicuro d’America", racconta uno dei genitori, Stephen Delgiadice.
FOTO Il terrore nei volti di bambini e genitori
La polizia ha circondato tutta la zona e sul luogo sono arrivate squadre speciali, oltre ad ambulanze e soccorsi. Una donna che si trovava nell’edificio, intervistata dalla Cnn, ha raccontato di aver sentito sparare un centinaio di colpi e di aver visto due corpi riversi nell’atrio dell’edificio. La stessa testimone ha raccontato che fra le vittime ci sono la preside dell’istituto e lo psicologo della scuola. Il vicepreside sarebbe invece ferito a una gamba.
I bambini nascosti negli armadi. Gli altri bambini hanno lasciato l’edificio in lacrime, in una straziante processione: tremanti, coi volti impauriti, sono stati portati in una caserma dei pompieri vicino alla scuola, dove si sono radunati anche i genitori, sotto shock. Per ore, dopo la strage, gli agenti hanno perlustrato l’edificio e alcuni bambini terrorizzati sono stati trovati chiusi dentro armadi nei quali aveva cercato rifugio.
Tra i tanti messaggi di condoglianze e inviati al presidente Barack Obama da leader del mondo c’è anche quello della regina Elisabetta. La sovrana ha scritto al capo della Casa Bianca per esprimere "il profondo turbamento e la profonda tristezza" per la strage dei bambini nella scuola di Newtown.

Sparatoria California, polizia: ’’L’uomo ha lasciato la festa arrabbiato’’
Sono stati identificati i due presunti killer responsabili della sparatoria nel centro disabili di San Bernardino, dove sono state uccise 14 persone. I due sospettati, un uomo e una donna, entrambi uccisi dalla polizia, avevano rispettivamente 28 e 27 anni. A riferirlo in conferenza stampa il capo della polizia di San Bernardino, Jarrod Burguan: "L’uomo si chiamava Syed Farook, è nato negli Stati Uniti, lavorava da cinque anni come specialista ambientale nel settore della sanità. Farook era alla festa di Natale in corso al centro, un party cui partecipavano gli impiegati della Samuel County, e sembra che l’uomo si sia allontanato presto e che fosse arrabbiato o qualcosa di simile"

CORRIERE DELLA SERA DI STAMATTINA
NEW YORK Dopo la scuola elementare del Connecticut, il tempio sikh del Wisconsin, il cinema e la clinica degli aborti in Colorado, la chiesa evangelica nera di Charleston in South Carolina, stavolta tocca alla California: un centro di servizi sociali per disabili a un’ora d’auto da Los Angeles diventa il bersaglio di un altro attacco armato negli Stati Uniti. Nel massacro di San Bernardino, una città di 250 mila abitanti un centinaio di chilometri a est della metropoli capitale del cinema, 14 persone sono state uccise e 17 ferite da due o tre attentatori che sono riusciti a fuggire a bordo di un Suv nero. Poco dopo, però, il veicolo è stato intercettato dalla polizia.
Gli elicotteri delle televisioni che hanno seguito l’inseguimento hanno trasmesso quasi in diretta le immagini del grosso veicolo nero crivellato da decine di colpi col cadavere di uno dei fuggitivi sull’asfalto, in una pozza di sangue. Secondo alcune voci gli altri due assalitori avrebbero cercato di nascondersi in una chiesa. Uno sarebbe stato ucciso, l’altro ancora ricercato. La polizia non ha fornito ulteriori informazioni, non si conoscono l’identità degli assalitori, né le loro motivazioni.
L’unico dato chiaro è che stavolta non dovrebbe trattarsi dell’azione di un individuo solo: un folle o un esaltato come nella scuola di Sandy Hook, nella chiesa di Charleston o, l’altro giorno, nella clinica di Colorado Springs. Stavolta, come per le bombe dei fratelli Tsarnaev alla maratona di Boston, i killer sarebbero più d’uno: arrivati nell’Inland Regional Center di San Bernardino con armi pesanti ed equipaggiamenti militari.
Terroristi? Jihadisti? Fanatici razzisti dei gruppi dei white supremacist? «Non sappiamo» dice per ora l’Fbi. L’attacco è iniziato alle 11 del mattino. Alle 12.30 il centro era ancora sotto assedio con i dipendenti nascosti in alcuni locali della struttura. Nel centro, che ha 550 dipendenti e ha in cura circa 30 mila disabili, al momento dell’attacco c’erano centinaia di persone.
L’attacco sembra essere stata un’operazione non solo premeditata, ma organizzata con cura: tre uomini mascherati che hanno attaccato la struttura per l’assistenza ai disabili — un centro sociale pubblico, un classico «soft target» per chi vuole colpire provocando scalpore e rischiando poco — proprio mentre nell’auditorium stava per iniziare una festa di Natale. I killer hanno sparato e poi si sono ritirati lasciandosi dietro pacchi sospetti. Per la polizia e gli Swat team, le squadre antiterrorismo, prima ancora di ricostruire l’accaduto, si è presentata la sfida di eliminare il materiale lasciato dagli attentatori. Così, mentre le centinaia di scampati alla sparatoria venivano lentamente evacuati controllando l’identità di ognuno di loro nel timore che i terroristi potessero nascondersi tra i sopravvissuti, sono entrati in azione i Caterpillar blindati antibomba e i robot-artificieri che hanno fatto brillare i borsoni che i killer si sono lasciati dietro.
Il presidente Obama, che stava concedendo un’intervista alla rete televisiva Cbs quando sono giunte le prime notizie dell’attacco, ha sospeso la conversazione per ricevere un’informativa. La sua prima reazione: ha ripetuto con la consueta rabbia rassegnata che in nessuna parte del mondo, tra quelle non in guerra, si verificano con tanta frequenza massacri di civili. Troppo facile procurarsi armi, ma su questo il Congresso non accetta di imporre limiti.
M.Ga.

GUIDO OLIMPIO
WASHINGTON L’assalto al target facile e poi la fuga. Quale che sia la matrice d ell’attacco di San Bernardino ci sono due dati in comune: le armi e il terrorismo. Perché il modo di agire è da terroristi. Anche se fossero dei folli hanno agito come guerriglieri, con equipaggiamento di stile militare. Quasi un raid a imitare la tragedia di Parigi, protagonisti di una guerra infinita. Dal 2012 ci sono state negli USA 1.029 sparatorie gravi. In quell’anno c’è stato il massacro nella scuola elementare di Newtown. Allora sembrava che si fosse passato ogni limite. Invece la serie nera è proseguita portandosi via oltre 1.300 vite e ferendo non meno di 3.700 persone. Basterebbe questo per far cambiare leggi, invece si è fatto finta di niente. Attacchi dove le bocche da fuoco hanno un ruolo primario insieme ai guai di una società che pur ossessionata dalla sicurezza è incapace di trovare risposte efficaci per curare la piaga d’America. E questo nonostante la tripla minaccia: il killer di massa, i jihadisti, i militanti interni.
Le stragi avvengono perché è possibile attuarle con copie di fucili d’assalto che acquisti al supermarket e su Internet, munizioni a volontà. E questo permette di organizzare operazioni che somigliano alle missioni sacrificali di estremisti mediorientali ma ambientate in cittadine americane. La sequenza di San Be rnardino dimostra la pericolosità. Ripeto, non conta il movente.
Il secondo aspetto è quello della pubblicità. Killer e terroristi sono alla ricerca della notorietà, massacrano in nome di una causa, uccidono nel segno della follia, sovente lasciano un video. Spesso c’è un punto d’unione, due strade parallele che si incontrano. Il «matto» — una definizione a volte usata con troppa leggerezza — copia il «politico», il fuori di testa cerca giustificazioni per i suoi gesti. Dunque ha bisogno dei riflettori. Dobbiamo interrogarci sulla gestione mediatica: impossibile oscurarli, ma servono contromisure per contenere gli effetti. La notizia di un attacco può spingere altri ad emulare. E questo a prescindere dal movente. Immaginiamo l’impatto della battaglia di ieri in California. Sul web è pieno di materiale in onore di psicopatici come i due del liceo di Columbine, copia dei video che celebrano i kamikaze o miliziani neonazi. Ora molti esperti invocano un blackout.
Il terzo elemento è lo «studio». Coloro che sparano fanno ricerche su quanti li hanno preceduti, i precedenti diventando un modello ed una sfida. Gli omicidi provano a ripetere l’assalto, cercano di superarli causando una cifra maggiore di vittime. Si è spesso parlato di una gara tra jihadisti, ora questo tipo di duello coinvolge anche il territorio americano dove si muovono i «mass shooter».

MASSIMO GAGGI
«A desso basta»: Barack Obama l’ha detto un’infinità di volte, anche ieri, dopo le stragi «inspiegabili» — massacri di bambini in una scuola elementare, strage di spettatori in un cinema o la sacrestia di una chiesa trasformata in mattatoio — che hanno costellato la sua presidenza. Sicuramente dovrà ripeterlo di nuovo. Qualche settimana fa aveva contato quattordici suoi appelli — in realtà dichiarazioni di impotenza davanti al muro opposto dall’America armata — da quando, sette anni fa, è arrivato alla Casa Bianca. Poi l’uccisione, l’altro giorno, di tre persone in una clinica degli aborti del Colorado. E l’ennesima invettiva del presidente sulla miseria di un Paese che non riesce a mettere un limite alla diffusione non solo di pistole e fucili, ma anche delle armi da guerra. La risposta degli americani: nel «black Friday» dello shopping a trazione integrale il consumatore Usa stavolta è stato più cauto, salvo che per le armi che hanno registrato vendite record. Il terrorismo jihadista è una minaccia micidiale, ma è anche un nemico individuabile e in qualche modo comprensibile nella sua logica efferata. I massacri indiscriminati di folli o fanatici dalle motivazioni più diverse sono, invece, del tutto imprevedibili. Si può solo cercare di combatterli rendendo più difficile procurarsi armi e individuando gli elementi pericolosi. Impresa disperata in un Paese che venera la libertà di armarsi, nel quale ci sono 300 milioni di pistole, fucili e mitragliatrici, con pochi «filtri» sociali e sanitari.

FLORES SU REPUBBLICA DI STAMANI

NAZIONALE - 03 dicembre 2015
CERCA
10/11 di 72
CRONACA
Usa, strage nel centro per disabili L’ira di Obama: “Basta sparatorie”
ALBERTO FLORES D’ARCAIS
NEW YORK.
«Un uomo armato è entrato nel centro, si è guardato attorno, ha iniziato a sparare. A terra ho visto diversi corpi, poi sono riuscita a fuggire». È di una donna la prima testimonianza a caldo della sparatoria in un centro di servizi sociali a San Bernardino, in California, che ha lasciato sul terreno almeno 14 morti e 17 feriti. Nella confusione seguita alla sparatoria notizie, voci e testimoni si accavallano nei social network, nelle tv “all-news” e sui siti online dei grandi giornali. Quando in Italia è già notte (e in California primo pomeriggio) ancora non è chiaro chi ha voluto la strage e ancora meno chiare sono le motivazioni di chi ha voluto uccidere, colpendo alla cieca persone innocenti e indifese che si trovavano in un luogo per disabili.
Il commando terrorista, composto da tre uomini fuggiti dopo la sparatoria a bordo di un Suv nero, è stato intercettato dopo ore di fuga in cui è stato braccato via terra da un esercito di poliziotti, agenti del Fbi e squadre speciali e dall’alto da una squadra di elicotteri. Nel successivo scontro a fuoco uno dei terroristi è stato freddato, un altro sarebbe stato ferito mentre il terzo sarebbe ancora in fuga. Gli agenti lo stanno ora cercando, entrando casa per casa nelle vicinanze della zona dove ha intercettato l’auto dei terroristi. Dal Suv crivellato di colpi la polizia ha rimosso il corpo di uno dei killer usando un mezzo speciale blindato. Il timore era che il corpo potesse celare una trappola esplosiva. Accanto al corpo sarebbe stata infatti trovata almeno una cosiddetta pipe bomb, un tubo di metallo imbottito di esplosivo.
Questa volta, almeno stando alle prime ricostruzioni, colpevoli dell’atto terroristico non sarebbero però fanatici dell’Islam o “lupi solitari” della guerra contro l’Occidente. Per diversi testimoni a sparare sarebbero stati tre uomini bianchi vestiti con abiti di tipo militare, in un’azione che presenta le caratteristiche del “terrorismo interno”: militanti dell’estrema destra, suprematisti bianchi, oppure - anche se appare meno probabile - militanti anti-aborto come l’uomo che ha sparato e ucciso in Colorado la settimana scorsa. Tutto è iniziato in una sala convegni dell’Inland Regional Center di San Bernardino - a circa un’ora ad est di Los Angeles una struttura che sostiene le persone portatrici di handicap, poco dopo l’inizio di un evento privato (la sala era stata affittata per un party che doveva festeggiare il personale della contea). Tre uomini armati hanno fatto il loro ingresso all’improvviso, iniziando a sparare senza dire nulla ma colpendo un po’ a caso i primi che gli capitavano a tiro. La sala si trova vicino ad un campo da golf - in un primo tempo si pensava che l’attacco fosse avvenuto sul ‘green’ - e qualcuno aveva parlato anche di una bomba. Mentre la zona veniva circondata da poliziotti in assetto di guerra (tutti i presenti venivano fatti uscire con le mani alzate, fermati e perquisiti) gli artificieri hanno controllato l’intera area senza trovare ordigni di alcun genere. Le squadre speciali del Fbi hanno poi controllato ogni singola stanza dell’edificio, nella convinzione che i killer fossero nascosti ancora all’interno del palazzo. Hanno trovato solo qualche persona terrorizzata che si era chiusa a chiave subito dopo l’inizio della carneficina.
«È stato un attacco in pieno stile militare », è l’unica cosa che gli uomini del Bureau hanno fatto filtrare ai media nelle prime ore successive all’attacco. I tre terroristi indossano delle maschere (su questo punti concordano diverse testimonianze) e per diverse ore le televisioni Usa hanno diffuso le immagini di decine di persone che uscivano dall’Inland Regional Center a mani alzate nel parcheggio di uno dei tre edifici del centro disabili circondato da poliziotti pesantemente armati. «Capire quale sia l’organizzazione potrebbe portare ad avere più chiare le idee sulla matrice del gesto», ha confessato un anonimo investigatore alla MsNbc: il movente resta per il momento del tutto incomprensibile. L’Inland Regional Center era stato chiuso brevemente anni fa dopo che la città di San Bernardino, proprietaria dei tre edifici, aveva dichiarato bancarotta in seguito alla grave crisi economica (già durante il periodo della Grande Recessione la città, che oggi ha 214mila abitanti, era stata duramente colpita).
«Troppe sparatorie, basta. Il Congresso deve fare di più per prevenire la violenza delle armi da fuoco». Così ha reagito a caldo Barack Obama , che «sta seguendo da vicino la vicenda» e viene «costantemente aggiornato sugli sviluppi». La nuova sparatoria arriva poco più di una settimana dopo l’ingresso dell’uomo armato in un consultorio di Colorado Spring. E riaccende, per l’ennesima volta, il dibattito sulle armi in un anno in cui le stragi nei campus e in altri luoghi pubblici si sono susseguite senza tregua. Come quella del 1 ottobre in Oregon, quando all’Umpqua Community College a Rosenburg sono rimasti a terra 15 morti.
Quattordici morti in California 17 i feriti. Un assassino ucciso un fermato, caccia al terzo “Commando in stile militare”
L’ombra del terrorismo
I killer erano armati di fucili e indossavano mimetiche Trovata una pipe bomb città in stato d’assedio
IL SUV
Il fuoristrada nero utilizzato dagli assassini bloccato dalla polizia che ha ucciso un killer e fermato il complice



NAZIONALE - 03 dicembre 2015
CERCA
10/11 di 72
CRONACA
Armi facili, più vittime che alle Torri Gemelle la guerra che l’America non riesce a vincere
FEDERICO RAMPINI
L’ANALISI
SAN BERNARDINO, California, come Parigi dopo la strage del Bataclan. “Lockdown”, cioè chiuse le scuole e gli edifici pubblici. Coprifuoco obbligato, la popolazione invitata ad asserragliarsi in casa. Il fondamentalismo islamico non è l’unico pericolo di oggi. C’è anche un terrorismo bianco, made in America. Forse etnicamente anglosassone. Possibilmente con agganci all’ideologia dei suprematisti e del fondamentalismo cristiano. Di certo figlio di una cultura delle armi e della violenza che ha radici nell’America profonda, coperture politiche, protezioni economiche. Legittimata, perfino incoraggiata, dalla destra repubblicana.
Nello Stato più ricco degli Usa, il laboratorio della modernità, quella California che ospita la Silicon Valley e Hollywood, alle 11 di mattina locali tre uomini bianchi armati con fucili, giubbotti anti-proiettile, con i volti coperti da passamontagna e in tuta mimetica militare, entrano aprendo il fuoco al 1300 di Waterman Avenue, vicino Orange Show Road, in un centro di servizi sociali di San Bernardino, 100 km a est di Los Angeles. Nell’Inland Regional Center lavorano 670 persone. Si occupano di persone disabili. I killer fanno strage. Un attacco “in stile militare” secondo le prime descrizioni della polizia locale. Un’altra carneficina, come tante. Quasi non fanno più notizia. Se non c’è un jihadista venuto da fuori, la reazione di una parte della società americana è diversa. Da troppi anni. Eppure il bilancio di vittime delle sparatorie “autoctone” ha superato quello dei morti dell’11 settembre. Si fa fatica perfino a usare la parola “terrorismo”, sui mass media. Il terrorismo deve essere per definizione importato dall’estero. Come quello dei fratelli ceceni che misero le bombe alla maratona di Boston. Quelli sì, catalogabili come appartenenti alla jihad. Ma prima di loro, dopo di loro, una lunga scia di sangue non ha l’etichetta straniera, né l’islamismo come matrice.
Ci sono stati gli attacchi ai campus universitari, alle scuole elementari, a una chiesa di afro-americani. Reagisce con esasperazione Barack Obama: «Troppe sparatorie, basta. Il Congresso deve fare di più per prevenire la violenza delle armi da fuoco»: è il suo commento
La minaccia domestica è figlia di una cultura della violenza che ha coperture politiche ed economiche
a caldo dopo San Bernardino. Parole ormai logore, tanto le ha dovute ripetere in questi anni. Sul fronte opposto, il linguaggio è quello della complicità. Le reazioni della destra americana sono esemplificate da ciò che disse Donald Trump dopo la strage di Parigi: se i francesi avessero avuto il diritto di armarsi, si sarebbero difesi contro i terroristi. C’è un pezzo di società americana che ha imboccato una deriva paurosa, da molti anni. La lobby dei produttori di armi e dei possessori di arsenali casalinghi, la National Rifle Association, ha evidenti interessi economici a mantenere una nazione “armata fino ai denti”. Ma fa leva anche su un inconscio collettivo inquietante. Soprattutto da quando c’è un nero alla Casa Bianca, un pezzo d’America si è convinto di essere stato espropriato del proprio paese da un usurpatore: l’Altro, l’Anticristo. La blogosfera e i social media pullulano di un linguaggio di odio, incitano alla rivolta e all’autodifesa contro i “diversi”: neri e immigrati, donne emancipate o gay, tutte le componenti di una società laica e multietnica vengono rappresentate come degli alieni, invasori. Pochi giorni fa un folle si era accanito contro una clinica per il controllo delle nascite.
Il fondamentalismo cristiano e la supremazia bianca sono una delle ideologie disponibili
I social pullulano di odio, con messaggi che incitano alla rivolta contro i diversi
sul mercato, per chi abbia serbatoi di rancore e di odio. Lupi solitari, milizie autoproclamatesi in difesa della purezza americana: qualsiasi siano le etichette, queste forme di terrorismo hanno una vita autonoma. Il meccanismo che le alimenta non è diverso da quello che lo studioso francese Olivier Roy ha analizzato per i jihadisti. Roy parla di una “islamizzazione del radicalismo”: quei giovani musulmani di seconda generazione, figli di immigrati arabi o nordafricani in Francia, sono in cerca di una giustificazione ideologica per il loro nichilismo e la loro sete di violenza, che nulla hanno a che vedere con problemi socio- economici, emarginazioni, o torti subiti.
Negli Stati Uniti qualcosa di simile accade in piccole minoranze di bianchi, devianti, assetati di sangue. Sul mercato politico trovano qualche Verbo che giustifica i loro massacri. Sul mercato tout court possono comprare armi di sterminio. La destra gli garantisce questo come un diritto costituzionale.
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I SOCCORSI
Nelle foto sopra, la disperazione delle persone scampate alla strage e l’arrivo dei primi soccorritori nella struttura per portatori di handicap presa di mira dai killer

LA STAMPA

California, strage al centro disabili
Finisce subito la fuga dei tre killer
Blitz in stile militare durante una festa a San Bernardino: 14 vittime, almeno 17 feriti Due assalitori uccisi, il terzo braccato dagli agenti. Obama: ora il Congresso agisca

Francesco Semprini
Gli Stati Uniti vivono il loro ennesimo «far west», un nuovo episodio di violenza a mano armata che toglie la vita ad almeno 14 persone e fa ripiombare il Paese nel terrore e nella rabbia. Questa volta è accaduto a San Bernardino, in California, dove nella mattinata tre persone armate di fucili d’assalto hanno fatto irruzione in un centro di servizi sociali, facendo fuoco all’impazzata.
Il bilancio delle vittime è stato incerto per diverso tempo. In conferenza stampa la polizia ha parlato di 14 morti e almeno 17 feriti. «Non sappiamo se tra le vittime ci siano anche bambini», ha detto il capo della polizia di San Bernardino. Le persone ferite sono state trasportate nel vicino pronto soccorso del Loma Linda University Medical Center, e le loro condizioni sono ancora incerte.
Caccia all’uomo
La polizia e l’Fbi si sono messi sulle tracce di tre uomini di razza bianca, con indosso vestiti e attrezzature militari, giubbotti antiproiettile e maschere da sci, in fuga su un Suv nero: secondo le forze dell’ordine sarebbero stati ben armati e pericolosi. Due dei tre assalitori sarebbero stati uccisi alcune ore dopo, quando il Suv è stato fermato dall’imponente dispiegamento di forze dell’ordine, alla fine di un inseguimento in diretta tv. Il terzo è braccato dagli agenti. Per motivi di sicurezza tutte le scuole e gli edifici nel distretto di San Bernardino erano in «lockdown», cioè nessuno ha potuto entrare o uscire. Due dei killer sono stati protagonisti di un braccio di ferro, con ripetuti scambi di colpi, con le forze dell’ordine che li hanno accerchiati, senza concedergli via di fuga. «Sapevano quello che facevano», ha spiegato il capo della polizia della località, lo sceriffo John McMahon, secondo cui il gruppo di fuoco aveva come obiettivo proprio l’Inland Regional Center, un centro specializzato nell’assistenza di persone con disabilità, in particolare mentali. «Sono entrati nell’edificio con un obiettivo ben preciso, come se avessero una missione da compiere», prosegue McMahon. I tre, infatti, si sono diretti nella sala conferenze in cui si stava svolgendo la festa di Natale dei dipendenti.
Sul posto sono giunte le squadre speciali Swat che, entrate dentro il centro, hanno cercato in ogni stanza del complesso gli assalitori, che però hanno fatto in tempo a fuggire a bordo di un Suv di colore scuro.
Il pacco sospetto
Poco dopo la fuga è stato fatto brillare un pacco sospetto trovato in un edificio vicino alla zona della sparatoria. Sulla scia dei fatti di Parigi, anche negli Usa i timori sono molto forti circa un attentato terroristico di matrice islamica, anche se a quanto sembra in questo caso le motivazioni sono completamente diverse. «Siamo di fronte a un caso di terrorismo interno», ha precisato il capo della polizia di San Bernardino, lo sceriffo Jarrod Burguan,
L’altra sparatoria
A creare maggior scompiglio è stata la notizia di un’altra sparatoria avvenuta in Carolina del Nord il cui autore è braccato dalle forze dell’ordine. Mentre a Denver, Colorado, un poliziotto è stato ferito gravemente con un’arma da fuoco. Quanto accaduto a San Bernardino segue di pochi giorni un altro grave fatto di sangue, quello di Colorado Springs, dove Robert Lewis Dear, un fanatico anti-abortista, ha fatto irruzione in un centro di pianificazione familiare uccidendo tre persone, tra cui un agente di polizia, e ferendone una decina.
Sono oltre 12 mila le persone uccise da armi da fuoco dall’inizio del 2015 negli Usa, 355 con questa le stragi consumate. «Troppe sparatorie, basta. Il Congresso deve fare di più per prevenire la violenza delle armi da fuoco», ha tuonato Barack Obama, che ha seguito la vicenda assieme al consigliere alla sicurezza interna e all’antiterrorismo Lisa Monaco. «Sembra che oramai abbiamo accettato questi incidenti. Ma questa non può diventare la normalità», ha detto il Presidente che chiede «misure bipartisan per garantite la sicurezza agli americani e ridurre le sparatorie di massa». «Abbiamo una no-fly list per le persone che non possono salire sugli aerei, ma le stesse possono acquistare un’arma. Questa legge deve essere cambiata - ha proseguito -. C’è una frequenza di sparatorie di massa in questo Paese che non ha uguali al mondo». Anche Hillary Clinton è intervenuta: «Bisogna agire subito per fermare la violenza con armi da fuoco».
La lobby delle armi
La crociata per la regolamentazione della circolazione di fucili e pistole negli Usa si scontra tuttavia con l’opposizione della lobby delle armi, la potente Nra, e una parte dei politici per lo più repubblicani. E con una certa opinione pubblica che invoca il Secondo emendamento della Costituzione per rivendicare il diritto alla difesa personale. Un muro di gomma che ha vanificato i tentativi di Obama di porre un limite al «far west» di armi da fuoco sin dal suo primo giorno alla Casa Bianca. E che, a circa un anno dalla fine del suo mandato, rischia di trasformare i suoi sforzi nella grande riforma incompiuta della sua gestione.
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Non è il gesto isolato di un folle
Gli Usa davanti a una nuova paura
La dinamica lascia capire che era un assalto pianificato Nessuna pista esclusa. Nemmeno quella del terrorismo

Paolo Mastrolilli
Stavolta è diverso. Si capisce appena filtrano le prime notizie sulla sparatoria a San Bernardino, California. Non un pazzo, deciso a sfogare la sua rabbia nata da chissà quale follia sui dipendenti di un centro per l’assistenza dei disabili, ma un gruppo organizzato. Tre persone, dicono alcuni testimoni, armate con fucili, protette da giubbotti antiproiettile, e scappate a bordo di un Suv nero. Terrorismo? E con quale movente?
Ieri pomeriggio l’America è tornata a vivere un incubo ormai abituale. Nei primi 334 giorni trascorsi dell’anno 2015, sono avvenute 355 sparatorie di massa, definite come assalti dove sono morte almeno 4 persone, inclusi i killer. Più di una al giorno. Finora la colpa era caduta in genere sull’instabilità mentale, e la facilità con cui chiunque riesce a mettere le mani sulle armi negli Stati Uniti. Entrambi questi problemi restano, ma stavolta c’è il sospetto di qualcosa in più.

Erano organizzati
Diversi testimoni dicono di aver visto almeno tre persone, che hanno lanciato l’attacco. Sono arrivate con un grosso Suv nero, erano armate con fucili a canna lunga, forse mitra da guerra, come gli AK-47. Erano protette da attrezzature militari, tipo giubbotti antiproiettile.

Sono entrate nell’Inland Regional Center, una struttura con 670 dipendenti, che aiuta le persone disabili in una comunità di oltre 30.000 persone. Hanno sparato, ucciso, e sono scappate, lasciando dietro di sé un pacco che la polizia poi ha fatto brillare, temendo che fosse una bomba. Quindi sono usciti, sono risaliti sull’auto con cui erano arrivati e si sono dileguati. Ma poche ore dopo la polizia li ha bloccati: due sarebbero morti e un terzo è braccato dagli agenti.
Quale obiettivo?
Esiste la possibilità che i testimoni abbiano confuso un mezzo della polizia in arrivo per portare soccorsi, con quello degli aggressori.

Gli stessi agenti, però, hanno almeno inizialmente confermato la versione di più persone coinvolte nell’attacco.

Nell’edificio assalito era in corso un evento a cui partecipavano dei dipendenti pubblici, forse del Department of Health o della contea locale, che avevano preso in affitto la struttura dall’Inland Regional Center. Questo ha alimentato il sospetto che l’obiettivo non fosse la struttura dedicata all’assistenza dei disabili, ma gli invitati all’evento.

Le ipotesi
Le ipotesi fatte mentre l’assalto era ancora in corso sono le più diverse, e probabilmente non sostenute da fatti concreti. Di questi tempi la mente corre subito agli attentati di Parigi, e quindi alla possibilità che qualche affiliato o imitatore dell’Isis decida di colpire, come era accaduto a Chattanooga nel luglio scorso. Poi si pensa alle milizie, i terroristi interni che odiano il governo federale, senza poter escludere persone motivate da qualche risentimento personale. Il presidente Obama è stato subito informato e poco dopo, in un’intervista alla «Cbs», ha detto che «nel nostro Paese le sparatorie di massa stanno diventando un’abitudine. Non sappiamo ancora cosa è successo stavolta, ma sappiamo che potremmo prendere misure per limitare queste tragedie». Limitare la vendita delle armi, ma stavolta forse l’incubo è più grande.