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 2015  dicembre 03 Giovedì calendario

Mille sparatorie in mille giorni negli Stati Uniti

L’assalto al target facile e poi la fuga. Quale che sia la matrice dell’attacco di San Bernardino ci sono due dati in comune: le armi e il terrorismo. Perché il modo di agire è da terroristi. Anche se fossero dei folli hanno agito come guerriglieri, con equipaggiamento di stile militare. Quasi un raid a imitare la tragedia di Parigi, protagonisti di una guerra infinita. Dal 2012 ci sono state negli USA 1.029 sparatorie gravi. In quell’anno c’è stato il massacro nella scuola elementare di Newtown. Allora sembrava che si fosse passato ogni limite. Invece la serie nera è proseguita portandosi via oltre 1.300 vite e ferendo non meno di 3.700 persone. Basterebbe questo per far cambiare leggi, invece si è fatto finta di niente. Attacchi dove le bocche da fuoco hanno un ruolo primario insieme ai guai di una società che pur ossessionata dalla sicurezza è incapace di trovare risposte efficaci per curare la piaga d’America. E questo nonostante la tripla minaccia: il killer di massa, i jihadisti, i militanti interni.
Le stragi avvengono perché è possibile attuarle con copie di fucili d’assalto che acquisti al supermarket e su Internet, munizioni a volontà. E questo permette di organizzare operazioni che somigliano alle missioni sacrificali di estremisti mediorientali ma ambientate in cittadine americane. La sequenza di San Be rnardino dimostra la pericolosità. Ripeto, non conta il movente.
Il secondo aspetto è quello della pubblicità. Killer e terroristi sono alla ricerca della notorietà, massacrano in nome di una causa, uccidono nel segno della follia, sovente lasciano un video. Spesso c’è un punto d’unione, due strade parallele che si incontrano. Il «matto» – una definizione a volte usata con troppa leggerezza – copia il «politico», il fuori di testa cerca giustificazioni per i suoi gesti. Dunque ha bisogno dei riflettori. Dobbiamo interrogarci sulla gestione mediatica: impossibile oscurarli, ma servono contromisure per contenere gli effetti. La notizia di un attacco può spingere altri ad emulare. E questo a prescindere dal movente. Immaginiamo l’impatto della battaglia di ieri in California. Sul web è pieno di materiale in onore di psicopatici come i due del liceo di Columbine, copia dei video che celebrano i kamikaze o miliziani neonazi. Ora molti esperti invocano un blackout.
Il terzo elemento è lo «studio». Coloro che sparano fanno ricerche su quanti li hanno preceduti, i precedenti diventando un modello ed una sfida. Gli omicidi provano a ripetere l’assalto, cercano di superarli causando una cifra maggiore di vittime. Si è spesso parlato di una gara tra jihadisti, ora questo tipo di duello coinvolge anche il territorio americano dove si muovono i «mass shooter».