3 dicembre 2015
Strage in California nel centro per i disabili • La Russia accusa Erdogan di comprare petrolio dall’Isis • Il Montenegro è pronto a entrare nella Nato • Chiesta la squalifica per 2 anni di 26 atleti italiani che hanno evaso i controlli antidoping • Animali ogm: dal supersalmone al maiale bonsai • Miliardari che fanno beneficenza
Strage Tre killer bianchi che indossavano divise militari hanno assaltato un centro di servizi sociali per disabili di San Bernardino, in California, a un’ora d’auto da Los Angeles. Una strage: 14 morti e 17 feriti. L’assalto è avvenuto a colpi di kalashnikov. I tre hanno fatto irruzione nella struttura alle 11 di mattina, mentre era stava per iniziare una festa di Natale. Alle 12.30 il centro era ancora sotto assedio con i dipendenti nascosti in alcuni locali della struttura. Nel centro, che ha 550 dipendenti e ha in cura circa 30 mila disabili, al momento dell’attacco c’erano centinaia di persone. I tre si sono dati alla fuga a bordo di un Suv nero che è stato poi raggiunto dalla polizia. Uccisi due killer, il terzo è riuscito a fuggire. La polizia avanza l’ipotesi del terrorismo interno, forse si è trattato dell’attentato di anatici razzisti dei gruppi dei white supremacist. Reazione a caldo di Obama: «Troppe sparatorie, basta. Il Congresso deve fare di più per prevenire la violenza delle armi da fuoco» (M.Ga., Cds).
Sparatorie Dal 2012 a oggi ci sono state negli Usa 1.029 sparatorie gravi. Bilancio: 1.300 morti 3.700 feriti (Olimpio, Cds).
Isis Il ministero della Difesa russo, per dimostrare la collusione tra Erdogan e Isis, ha convocato a Mosca una maxi conferenza stampa dove ha proiettato filmati e mappe che mostrano tre rotte usate per portare il petrolio ottenuto dagli jihadisti in Siria e in Iraq verso la Turchia. E il viceministro Anatoly Antonov non ha usato eufemismi: «In questo traffico criminale sono coinvolti il presidente Erdogan e la sua famiglia». Secondo l’intelligence russa, il greggio viene estratto vicino a Raqqa, a Deir Ez-zourin e in Iraq, e trasportato in cisterne nei porti turchi di Iskanderum e Dertyol, o alla raffineria a Batman nell’est. Come prova sono stati mostrati centinaia di camion che attraversano il confine tra Siria e Turchia a Reyhanli, e video di depositi bombardati dai russi. Mosca sostiene di aver dimezzato le entrate petrolifere dell’Isis, fino a 1,5 milioni di dollari al giorno. E accusa Erdogan di commerciare con i terroristi: acquisterebbe da loro 200 mila barili al giorno, con il figlio a capo di una delle compagnie petrolifere nazionali e il genero ministro dell’Energia. Il presidente turco ha respinto furiosamente le «calunnie», definite «totalmente assurde» anche dal Pentagono. Il portavoce della Casa Bianca, John Earnest, ha consigliato ai russi di «prendersela con Assad, principale consumatore del petrolio dell’Isis» (Zafesova, Sta). [Sull’argomento leggi anche il Fatto del giorno]
Montenegro I ministri degli Esteri della Nato riuniti a Bruxelles hanno deciso di invitare il piccolo Montenegro ad entrare nell’Alleanza come 29mo Paese membro. Lo ha annunciato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, sottolineando come «la decisione storica di avviare colloqui di adesione con il Montenegro» sia stata presa all’unanimità. È la prima espansione dell’Alleanza atlantica da sei anni. Proprio mentre gli occidentali cercano un’intesa con Vladimir Putin in Siria, l’annuncio crea un gelo con Mosca. Nell’ottica russa si alimenta la sindrome dell’accerchiamento: quella che secondo Putin contribuì a giustificare l’annessione della Crimea e l’attacco in Ucraina. Gli ribatte il segretario di Stato John Kerry: «La Nato non è contro di voi. E’ un’alleanza difensiva, che rende più sicuri quelli che ne fanno parte. Protegge anche contro il terrorismo e lo Stato islamico». Dal punto di vista degli equilibri strategici, il Montenegro è un’aggiunta minuscola: ha una popolazione di 650.000 abitanti, e un esercito di soli duemila soldati. Ma il messaggio a Putin è politico: con questo annuncio gli viene detto che non ha un diritto di veto sull’allargamento della Nato. I prossimi della lista potrebbero essere la Georgia, la Bosnia-Erzegovina e la Macedonia: paesi che prima della caduta del Muro di Berlino appartenevano all’Unione sovietica (Georgia) oppure erano parte di una Iugoslavia semi-neutrale e certamente non schierata con l’Occidente. «Dobbiamo ristabilire la nostra sicurezza e la parità nei rispettivi interessi» dice il portavoce di Putin, annunciando azioni di ritorsione. Il premier montenegrino Milo Djukanovic parla di una «giornata storica» per il suo Paese. Al contrario, secondo il capo della commissione Esteri della Camera bassa del Parlamento russo Alexei Pushkov, l’adesione del Montenegro alla Nato non rifletterebbe la volontà del popolo montenegrino (Rampini, Rep).
Doping A 246 giorni dall’Olimpiade di Rio, le richieste della Procura antidoping del Coni mettono in dubbio i risultati e le medaglie della vecchia generazione di atleti italiani (dai triplisti Fabrizio Donato — bronzo a Londra 2012 — e Fabrizio Schembri, al velocista Simone Collio, argento in staffetta a Barcellona 2010, da Andrew Howe, oro europeo e argento iridato nel lungo, all’astista Giuseppe Gibilisco, oro a Parigi 2003, ormai ritirato) e il futuro di quella nuova (Daniele Greco, l’erede di Donato, e Daniele Meucci, oro europeo in carica nella maratona), travolgendo anche atleti di successo (la Incerti, Lalli, Pertile) e di mestiere, tutti accusati di aver eluso i controlli (art. 2.3 del Codice Sportivo Antidoping), reato che prevede fino a due anni di squalifica. Tutto nasce dalle centinaia di mail partite dall’indirizzo di posta elettronica di Rita Bottiglieri, ex dirigente del settore antidoping della Federatletica italiana, verso quelli di decine di atleti d’interesse nazionale tra il 2011 e il 2012. Tramite queste mail (acquisite dai Ros dei Carabinieri) la Procura ha costruito il più clamoroso «rinvio a giudizio sportivo» della storia dell’atletica leggera. Nelle sue comunicazioni (spesso indirizzate collettivamente a decine di atleti) la Bottiglieri segnalava ripetutamente loro la mancata comunicazione della reperibilità richiesta dal Codice antidoping, con cui ogni atleta di alto livello deve comunicare i suoi spostamenti per poter essere rintracciato dagli ispettori. Le mail della Bottiglieri non erano richiami, ma inviti bonari. Il termine per attenersi alla regola non era mai perentorio e molti atleti nemmeno si degnavano di rispondere. Né la Fidal né i Gruppi Sportivi (quasi tutti militari) di appartenenza davano peso alla cosa. Interrogati dai Carabinieri nei mesi scorsi, alcuni responsabili di società hanno negato di aver mai ricevuto le mail, che pure gli investigatori avevano trovato nei loro server e che sono finite agli atti (Piccardi e Bonarrigo, Cds).
Animali ogm Due settimane fa gli Stati Uniti hanno dato il via libera, tra le proteste dei consumatori, alla vendita del salmone ogm, capace di crescere il doppio del normale. Ma sono mesi che America e Cina gareggiano per estendere lo zoo degli animali con il Dna modificato. All’International Biotech Leaders Summit, lo scorso 23 settembre, i leader del colosso della genetica cinese Bgi-Shenzen hanno annunciato la vendita di maialini bonsai da compagnia, ingegnerizzati per non superare la taglia di un cagnolino (15 chili), a 1.600 dollari l’esemplare. E sempre in Cina sono nati dei beagle muscolosi e velocissimi nella corsa, con il Dna manipolato per avere zampe e pettorali di acciaio. Nell’arca degli animali ogm sono entrati in primavera anche due vitellini senza corna, nati nello Iowa dall’azienda Recombinetics per evitare la pratica dolorosa della loro rimozione. E una cucciolata di maiali — creati da quel Roslin Institute di Edinburgo che diede la paternità alla pecora Dolly — resistenti alla febbre suina. Presto, se le difficoltà tecniche saranno superate, negli Usa arriveranno galline che fanno nascere solo femmine (per avere più uova) e mucche con una prole solo maschile (più conveniente da allevare), scrive il New York Times (Dusi, Rep).
Beneficenza I 10 uomini più generosi d’America, da Bill Gates a Tim Cook (Apple) da George Soros a Michael Bloomberg, l’anno scorso hanno donato a fin di bene 7 miliardi (Livini, Rep).
(a cura di Roberta Mercuri)