Corriere della Sera, 3 dicembre 2015
Come l’Italia chiuse il capitolo della guerra civile
In una trasmissione televisiva Francisco Bahamonde Franco è stato definito uno che cambiava giacchetta, termine usato sia in Spagna, sia in Italia. Però, pur essendo un dittatore, bisogna riconoscergli il merito di avere fatto costruire la Valle de los Caidos, un’abbazia nella quale sono state sepolte vittime di entrambe le parti nella guerra civile. Le risulta che sia avvenuta una cosa simile nella democratica Italia?
Giovanni Allegri
giovanniallegri@gmail.com
Caro Allegri,
Non tutte le guerre civili finiscono nello stesso modo. Quando iniziarono i lavori per la costruzione di un grande sacrario, a una decina di chilometri dall’Escorial (il monastero voluto da Filippo II per onorare la memoria del padre Carlo V), Franco voleva raccogliervi soltanto le salme di coloro che avevano combattuto nella «crociata» antirepubblicana. La decisione di ospitare anche i caduti della Repubblica venne più tardi, in un clima politico alquanto diverso. Ma nel frattempo il generalissimo, dopo la fine delle operazioni militari, non aveva smesso di dare la caccia ai vecchi nemici nel quadro di una grande purga nazionale che aveva provocato un numero difficilmente calcolabile di nuove vittime. Niente di nuovo. Così avevano fatto i versigliesi dopo il fallimento della Comune di Parigi nel 1871. Così aveva fatto Lenin in Russia dopo la conquista del potere. Chi vince una guerra civile, generalmente, smette di combattere soltanto quando ha rescisso le radici della pianta nemica.
In Italia, invece, le cose andarono diversamente. Vi furono i molti episodi raccontati da Giampaolo Pansa nei suoi libri, ma accaddero in un periodo relativamente breve e furono opera di gruppi autonomi che regolavano vecchi conti o sognavano rivoluzioni impossibili. La presenza delle truppe alleate, in quel momento, fu utile alla pace civile. Ma i fattori che maggiormente contribuirono a chiudere il capitolo della guerra civile italiana furono tre.
Il primo fu l’amnistia decretata da Palmiro Togliatti il 22 giugno 1946, quando il leader del partito comunista italiano era ministro di Grazia e giustizia nel governo presieduto da Alcide De Gasperi. Il secondo fu la continuità del sistema amministrativo e giudiziario. I magistrati, i prefetti, gli ambasciatori e i direttori generali dei ministeri avevano svolto le stesse funzioni nel regime fascista e fecero quadrato per tutelare la loro corporazione. Il terzo, infine, fu la nascita del Movimento sociale italiano il 26 dicembre 1946. L’apparizione di una forza politica fascista sulla scena politica italiana, meno di due anni dopo il crollo del regime, dimostrò che la legge contro la ricostituzione del partito fascista non sarebbe stata applicata. Così, pragmaticamente, l’Italia, caro Allegri, ha archiviato la guerra civile.