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 2015  dicembre 03 Giovedì calendario

NON C’È DIVORZIO PER LE SPOSE DELL’ISIS


«La brutalizzazione delle donne e la violenza sessuale sono la base dell’ideologia dei fondamentalisti dell’Isis». L’ultima denuncia arriva da Zainab Bangura, Rappresentante speciale delle Nazioni Unite per i crimini sessuali nelle situazioni di conflitto, dopo la scoperta della morte di Samra Kesinovic, 17 anni, e Sabina Selimovic, 16. Le due ragazze austriache di origine kosovara erano scappate dalla loro casa a Vienna nell’aprile del 2014. Arrivate in Siria, erano diventate due macchie nere, nascoste dietro il velo integrale ed esposte sul web dai terroristi islamici come un vessillo di guerra e di propaganda. Le avevano soprannominate “poster girl”, le ragazze immagine dell’Isis. Qualche mese dopo la partenza, però, avevano chiesto aiuto alle loro famiglie per poter tornare indietro, ma il governo austriaco si era rifiutato di riprenderle. Oggi conosciamo la tragica verità: secondo il quotidiano austriaco Kronen Zeitung, Samra, che nel frattempo era rimasta incinta, sarebbe stata uccisa dagli jihadisti mentre tentava di fuggire. Lo ha riferito una donna tunisina che ha vissuto a Raqqa con le due austriache: lei è riuscita a scappare, mentre Samra sarebbe stata massacrata con un martello. Sabina, invece, sarebbe morta in precedenza.
Per loro, europee tentate dai messaggi dei terroristi dell’Isis, non c’è mai stato un ruolo di primo piano nell’organizzazione, nessun ruolo attivo nella propaganda dei fondamentalisti, solo schiavitù. «Questi uomini violentano le ragazze, le considerano loro proprietà, costringendole a prostituirsi sopportando atti di estrema brutalità», ha detto Bangura, che ha conosciuto alcune ragazze sfuggite al giogo del Califfato. «Ogni combattente prende per sé tre o quattro donne, magari le tiene per un mese e poi se ne libera, vendendole al mercato delle schiave».
Si calcola che le schiave dell’Isis siano circa 5.000, ma di queste 550 sono donne partite dall’Europa convinte di combattere per Allah. Come le due amiche austriache, che avevano dichiarato questa intenzione anche su Facebook. E proprio attraverso il social network erano state reclutate da Mirsad O., un predicatore islamico di origine bosniaca, che aveva promesso loro chissà quale gloria.
«In realtà, le ragazze sono considerate inferiori e non possono andare in guerra. Il loro unico ruolo è quello di fare proselitismo per reclutare altre donne. Per il resto, hanno solo due possibilità: sposarsi con un terrorista o diventare schiave nei bordelli dei miliziani», spiega a Grazia un’investigatrice che ha seguito la vicenda della jihadista italiana Maria Giulia Sergio. Conferma Giovanni Giacalone, esperto di radicalismo islamico: «Tra le varie promesse fatte dall’Isis ai volontari per la Siria, c’è proprio quella di procurare loro donne da sposare».
Eppure le adolescenti europee continuano a essere attratte dal Califfato. Come Meriem Rehaily, 19 anni, di origine marocchina, che viveva nella provincia di Padova. A scuola la professoressa di Lettere era rimasta scossa dopo aver letto alcuni suoi temi, aveva avvisato i carabinieri e la famiglia, ma troppo tardi. Meriem è fuggita in Siria. Senza sapere che, una volta diventata sposa dello Stato islamico, non le sarà consentito divorziare.