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 2015  dicembre 03 Giovedì calendario

Il procuratore Raffaele Guariniello va in pensione. Ha aperto circa 30mila fascicoli

Nel giorno in cui il Consiglio superiore della magistratura ha ratificato la fine di una carriera lunga più di quarant’anni, era a Roma, in Cassazione, abitudine che dal 1988 lo porta ogni due settimane a spulciare tra le migliaia di sentenze alla ricerca di qualcosa da imparare. E rende giustizia e nobiltà a quel paesello in provincia di Alessandria che gli ha dato i natali 74 anni fa: Frugarolo, segno del destino, missione di un magistrato che dal 1967 ha frugato tanto (per qualcuno troppo) e dappertutto: le morti sul lavoro, l’amianto, la sicurezza alimentare, i farmaci nel calcio, le scuole a pezzi, i medici stregoni, ma anche l’inchiostro dei tatuaggi, l’olio taroccato, le caraffe filtranti, la farina di castagne tossica e quella che provoca l’asma ai panettieri, le buche stradali e si potrebbe andare avanti per giorni. In procura a Torino hanno calcolato che abbia aperto circa 30 mila fascicoli.
A fine dicembre Raffaele Guariniello, il pretore globale, così definito per quella sua particolare forma di voracità onnivora, va in pensione. Con lui se ne va una generazione di magistrati che hanno superato i settant’anni: dal procuratore generale di Torino Marcello Maddalena (che ha scelto di chiudere tornando in aula per sostenere l’accusa in due processi) a Ferdinando Pomarici, magistrato che ha seguito il processo per il rapimento dell’imam Abu Omar, dal capo della procura di Taranto Francesco Sebastio (che ha indagato sull’Ilva) ad Antonio Marini, pm del processo Moro, a Mario Barbuto, efficientissimo organizzatore del Tribunale di Torino tanto da essere nominato dal governo a capo del Dipartimento per l’organizzazione giudiziaria.
Finisce un’epoca: dal 2014 hanno lasciato la toga 400 magistrati, altri 900 seguiranno nel prossimo triennio. È la più grande rottamazione degli ultimi decenni, varata con un decreto del ministro Madia. Di questa generazione Guariniello ha rappresentato qualcosa di unico e forse irripetibile. Popolare (gli scrivono da tutta Italia, riceve centinaia di esposti a settimana) e al tempo stesso schivo, riservato e narciso, temuto da molti e pubblicamente osannato da (quasi) tutti: i giustizialisti, che gli riconoscono di non fermarsi davanti a nessuno (ha processato Nestlè, ThyssenKrupp, Ferrovie, Bayer, Barilla, Fiat, Juventus, e potremmo proseguire); i garantisti, perché – parole sue – detesta arrestare la gente, «capisco che ci vuole anche quello ma a me le manette non piacciono»; la destra e la sinistra, che tante volte l’hanno corteggiato, sempre respinte, ché «non penso di esserne capace e poi un magistrato dovrebbe lasciar passare almeno cinque anni prima di dedicarsi alla politica».
Lavoratore, pignolo e meticoloso: in ufficio fino a mezzanotte, il sabato e certe volte anche la domenica, si concede un paio d’ore di palestra tutti i giorni. Osannato e altrettanto criticato: gli hanno rimproverato la sovraesposizione mediatica, l’hanno accusato di aprire molti più fascicoli di quanti riesca a gestirne. In ogni caso ha lasciato un’impronta. Due anni fa Maddalena l’aveva anticipato nel giorno dei saluti a un’altra toga illustre, Gian Carlo Caselli: «Ho fatto un sogno. Leggevo un libro su ciò che merita di restare nella storia eterna: ho cercato Barbuto e non c’era niente. Ho cercato la voce che mi riguardava e c’era scritto solo questo: “Ha preparato le vie di Gian Carlo Caselli”. Per curiosità ho cercato il tuo nome. “Gian Carlo Caselli, magistrato vissuto all’epoca di Raffaele Guariniello”». Epoca che si conclude ma non del tutto: Guariniello sta ristrutturando un piano di un palazzo, farà il consulente.