Il Sole 24 Ore, 3 dicembre 2015
Tutti i problemi del Brasile di Dilma
Una messe di dati negativi, davvero poco incoraggianti. Il Brasile attraversa la peggiore crisi economica degli ultimi 80 anni. E ieri è anche arrivata l’apertura di un procedimento di impeachment nei confronti della presidente Dilma Rousseff, autorizzata dal presidente della Camera Eduardo Cunha. I successi della Lulanomics, il plauso dell’Economist, gli elogi di Barack Obama. Ecco, è tutto svaporato: stabilità politica, crescita economica, prospettive.
Il 2015 si prefigura come annus horribilis dell’economia e della politica brasiliana. I dati diffusi dall’Ibge, l’Istat brasiliana, rivelano che nel terzo trimestre del 2015 il Pil si è contratto del 4,5% rispetto allo stesso periodo del 2014. La moneta brasiliana, il real, ha subìto, negli ultimi mesi crolli ripetuti, precipitando ai minimi degli ultimi 12 anni nei confronti del dollaro. Il crollo verticale dell’attività economica è speculare alla caduta di popolarità della Rousseff, attorno al 10 per cento. Pensare che nei giorni migliori, nel marzo 2012, aveva toccato il 77% di approvazione.
I dati
Il consumo familiare, volano della crescita vigorosa che ha segnato gli anni dell’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva, è sceso del 4,4%, «nessuno compra, nessuno vende», scrive Valor economico, il principale settimanale economico del Paese. Soprattutto perché la disoccupazione è salita all’8% e i timori sono di un’ulteriore accelerazione. Le esportazioni avrebbero dovuto beneficiare della svalutazione del real rispetto al dollaro e invece non sono cresciute. Soprattutto a causa della minore domanda proveniente dalla Cina.
L’agricoltura pareva un’inesauribile fonte di ricchezza e ora patisce un forte rallentamento. Infine le costruzioni, un’altra importante componente del Pil, cadono a picco, registrando un -6,3 per cento. È qui che si saldano due fattori, uno congiunturale e uno politico. La crisi del comparto delle costruzioni che solo pochi anni fa pareva immune dal contagio da fattori esterni, è direttamente connessa alla tangentopoli brasiliana e in particolare allo scandalo Lava Jato (autolavaggio, in portoghese). Il sistema di tangenti che dal colosso energetico Petrobras si irradiava al sistema politico e di cui beneficiava il Pt (il partito dei lavoratori) di cui Dilma Rousseff è espressione.
Tangentopoli e congiuntura
I “vasi comunicanti” tra corruzione politica e attività economica producono sempre risultati disastrosi anche se, erroneamente, qualcuno a Brasilia cercava di istillare la convinzione che le tangenti fungessero da lubrificante.
L’immagine offuscata del Pt riflette la dissipazione di quel patrimonio di fiducia, quell’orgulho brasileiro, l’orgoglio brasiliano sintetizzato dal libello nazionalista «Perché mi vanto del mio Paese», scritto in occasione del 400esimo anniversario della scoperta del Brasile. Oggi l’opinione pubblica è scossa e soprattutto disorientata. L’emersione di una corruzione diffusa che ha investito i vertici del Partito dei lavoratori ha lambito persino la presidenta Rousseff tanto da prefigurare un’ipotesi di impeachment. Il settore delle costruzioni e nella fattispecie quello delle grandi infrastrutture ne è rimasto pesantemente colpito.
I grandi costruttori, raggiunti da indagini implacabili, sono in galera oppure agli arresti domiciliari. Pochi giorni fa Otavio Marques, presidente della società di costruzioni Andrade Gutierrez è stato costretto a pagare una multa di 250milioni di euro dopo aver ammesso il pagamento di tangenti per ottenere l’assegnazione di tre megacontratti. Quelli relativi alla costruzione di tre stadi di calcio, utilizzati nei Campionati del mondo di calcio, ferrovie e raffinerie. In carcere è finito anche Marcelo Odebrecht, proprietario della maggiore impresa di costruzioni del Paese. Accuse gravissime anche per il multimiliardario Eike Batista, titolare della holding Ebx, un colosso con interessi nell’energia, nella logistica, nell’industria mineraria.
Cosa resta della Stella del Sud?
Pochi anni fa, nel 2007, la prestigiosa rivista di geopolitica Limes, pubblicava un numero speciale sul Brasile, definito la “Stella del Sud”. Un numero monografico in cui venivano archiviati gli stereotipi che hanno frenato lo sviluppo del Paese negli ultimi 100 anni. I cliché dell’Eden naturale e dell’indigeno diabolico parevano smantellati così come quello delle cinque S, (sun, samba, sands, soccer, sex), cinque primati assegnati dagli inglesi secondo una logica spocchiosa e tardocoloniale.
È difficile di questi tempi esprimere ottimismo per un Paese in cui si accavallano crisi economica, politica, sociale e istituzionale. Eppure l’emersione di questo sistema di tangenti e l’efficienza di un sistema giudiziario capace di condannare i colpevoli non è un elemento da trascurare. A cui se ne aggiungono altri due: quello demografico, l’età media dei brasiliani è molto bassa, una popolazione giovane e sempre più istruita, e quello geografico, un Paese immenso con una grande quantità di risorse. Il Brasile, scrive un sociologo brasiliano, è condannato al successo.