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 2015  dicembre 03 Giovedì calendario

PERISCOPIO

Serena Williams e Patti Smith nel Calendario Pirelli. I camionisti pronti allo sciopero. Gianni Macheda.

L’Isis: «Vedrete cosa faremo per Natale». Una minaccia del genere l’avevo sentita solo da Boldi e De Sica. Spinoza. Il Fatto.

Ora Renzi vuole rimotivare il Partito. Quale? Jena. La Stampa.

Non mi candido di sicuro a sindaco di Milano, l’ho detto in tutti i modi e lo ripeto, non ci penso proprio. Il bello è che a me, in realtà, non mi chiama nessuno. Lo dicono tutti ai giornali ma a me non m’ha mai chiamato nessuno. Salvini è stato l’unico. E anche a lui ho detto che non mi volevo candidare e Berlusconi non lo sento da un anno. Paolo Del Debbio a Un Giorno da pecora Radio2.

Ignazio Marino è molto meglio di quelli che lo hanno voluto. Enzo Carra, ex parlamentare Pd. Libero.

Matteo Renzi è un incassatore. Va nei posti giusti. Ama la comunicazione positiva e in questo ricorda un po’ i leader energici come Craxi o come Mussolini. Oggi però è tempo di abbandonare i buonismi. Bisogna chiamare le cose con il loro nome. Mi riferisco alla situazione di disfacimento totale del Meridione. L’Italia è spaccata in due. Renzi dovrebbe frequentare di più il degrado del Sud, i quartieri sgarrupati di Napoli... Anche perché in Europa conoscono bene le nostre condizioni. Per essere più rappresentativo del territorio, la prossima volta che va dalla Merkel, forse Renzi si dovrebbe presentare con un boss camorrista alla sua destra e un capo della ’ndrangheta alla sua sinistra. Edoardo Bennato (Vittorio Zincone). Sette.

Se tornassi indietro, rifarei il magistrato ma non il politico, non sono riuscito a fare in politica quanto fatto quando ero pm. Da magistrato ho scoperto la pentola del malaffare, da politico volevo curarla e prevenirla. Invece mi sono trovato in un guazzabuglio tale perché quando fai il magistrato rispondi alla legge, quando fai il politico c’è sempre qualcuno che ti cambia le carte in tavola. Perciò come politico mi darei un sei, ma come magistrato un otto. Antonio Di Pietro, ex pm ed ex leader dell’Italia dei Valori. Un giorno da pecora. Rai Radio2.

Umberto Agnelli era bravo, intelligente, dinamico, dotato di lungimiranza e di bernoccolo gestionale. Viene spontaneo chiedersi: chi decise di tenerlo per tutta la vita in seconda fila, relegato in quella specie di limbo rappresentato dall’Ifil, la società d’investimento della famiglia Agnelli, danneggiando in tal modo irreparabilmente il core business, cioè la Fiat? Avevo un buon rapporto con lui. Nel 1996, dopo che Luca Cordero di Montezemolo era venuto apposta di domenica fino a Bergamo per sondare la mia disponibilità ad assumere la direzione del Corriere della Sera, m’invitò a pranzo alla Mandria, la tenuta torinese dove viveva. A tavola sedevano due amici comuni: Antonio Giraudo, amministratore delegato della Juventus, e Tony Damascelli, che avevo trovato al mio arrivo all’Indipendente e che mi ero portato al Giornale, molto apprezzato da Umberto come cronista sportivo. Si parlò ovviamente di calcio e anche di giornali, ma non delle sorti del Corriere. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio.

Puntiamo ad avere un milione di clienti in più all’anno, obiettivo già raggiunto nel 2015. A consolidare la nostra leadership sul mercato europeo del corporate e investment banking dove serviamo oltre 6 mila grandi aziende e oltre 300 mila piccole e medie. Penso al private banking oppure al Centro-Est Europa dove vogliamo continuare a essere il numero uno. E poi c’è la rivoluzione digitale: una corsa infinita, e noi, investendo oltre 1,2 miliardi, vogliamo arrivare tra i primi. Federico Ghizzoni, ceo di Unicredit. (Nicola Saldutti). Corsera.

Il mio primo ricordo di mio padre risale a quando rientra dal sabato fascista e sbuffa perché non riesce a togliersi gli stivali. La mia famiglia era borghese. È un aggettivo che non mi dispiace, da rivalutare. Da ragazzo leggevo il Borghese, quello di Leo Longanesi non quello di Gianna Preda. Ricordo i pezzi di Antonio Siberia, che in realtà era Montanelli: anche quando diventammo amici, non lo chiamavo Indro, ma Antonio. Mio fratello portava a casa il Mondo di Pannunzio, la cameriera portava Grand Hotel. Io leggevo avidamente entrambi. Ho sempre amato i rotocalchi. Renzo Arbore. (Aldo Cazzullo). Sette.

Ero arrivato alla stazione del Cairo con un’ora d’anticipo. Il traffico avrebbe potuto essere tale da bloccarmi e mi ero cautelato. Trascorrevo l’attesa al bar tra nubiani in livrea, valige di cuoio allacciate con grandi fibbie e bicchieri di tè con tre foglie di menta e quattro cucchiaini di zucchero. I mendicanti facevano ressa sulla soglia. Fuori, la folla ricordava un assalto al palazzo, ma erano lontani i giorni di piazza Tahrir, era soltanto umanità aggregata. Gabriele Romagnoli, scrittore. La Repubblica.

Se alla domenica il Toro giocava in casa, Nonno Stalin (che era mio nonno), papà e io andavamo al Filadelfia, la Nonna era felice. Quando invece giocava la Juve, Nonno Stalin mangiava in fretta, andava in cortile (dove avevamo il lavandino), si sbarbava, si insaponava, si detergeva l’ampio torace (era orgogliosissimo delle sue dimensioni), una nuvola di borotalco, due gocce di Floid sul viso, quindi indossava una delle sue bellissime camice, metteva l’unica cravatta (granata, nodo scappino), uno dei due vestiti che possedeva, calzava una delle tre paia di scarpe della domenica (marrone, nera, bicolore per l’estate: in punto di morte me le donò, raccomandandomi di tenerle «morbide», perché erano di cuoio grasso). Riccardo Ruggeri. Il Foglio.

Il critico d’arte, artista lui stesso, è obbligatoriamente infeudato a una corrente, di preferenza d’avanguardia: si può contare su di lui per applaudire l’esposizione sui vecchi orsi del castello di Versailles, di un gambero gonfiato e delle bambole giapponesi. Tutte le novità a lui sembrano buone. A credergli, tutto è opera d’arte, compresi i suoi articoli che gli valgono la considerazione dei gruppuscoli e dei cenacoli. Philipp Bouvard, Je crois me souvenir..., credo di ricordarmi, J’ai lu.

Il pinguino imperatore si sta estinguendo? Dispiace a tutti, però di sicuro non faccio 2 euro di offerta con un sms. Maurizio Milani, Saltar per terra causa vino.

La famiglia italiana vive di egoismi e di complicità. Roberto Gervaso. Il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 3/12/2015