il Fatto Quotidiano, 3 dicembre 2015
I guai di Giampietro Nattino, il banchiere di Dio
È il 6 agosto quando l’intelligence finanziaria vaticana decide di oltrepassare il Tevere e affidare alla Corte d’Appello di Roma una richiesta di “assistenza giudiziaria internazionale”. Il Vaticano del nuovo corso di papa Francesco sta indagando su Giampietro Nattino. Parliamo del patron di un gruppo finanziario, la Finnat, che annovera tra le sue società schermate la Banca Finnat Euramerica Spa, società quotata in Borsa, che gestisce circa 800 milioni di euro di capitali di terzi.
Giampietro Nattino, presidente della società, è stato anche consultore della Prefettura degli affari economici della Santa Sede e consigliere della Caltagirone Editore. Suo figlio Arturo è invece direttore generale di Banca Finnat e presidente di Investire Immobiliare Sgr, la società di gestione real estate del gruppo. E ieri il gruppo valutario della Guardia di finanza s’è presentato sia nella sede della Finnat, sia in quelle di altre quattro società quotate in Borsa, per acquisire tutta la documentazione relativa a una compravendita di azioni dal 2000 al 2011.
Una movimentazione di titoli per circa 1,5 milioni di euro. Era stato monsignor Nunzio Scarano, a sua volta indagato per riciclaggio, ad accusare Nattino di aggiotaggio – con la complicità dei dirigenti della banca vaticana Apsa – dinanzi agli inquirenti italiani: “Nattino avrà fatto passare il titolo (Finnat, ndr) sul mercato, lo avrà fatto poi riacquistare tramite Apsa”, aveva detto. In altre parole, secondo la tesi di Scarano, Nattino avrebbe comprato al ribasso e poi venduto guadagnandoci, i titoli della sua stessa banca, approfittando dello schermo dell’Apsa. Secondo Scarano non si trattava di un caso isolato.
Ora è il Vaticano ad accusare Nattino di aggiotaggio e riciclaggio. Il promotore di giustizia della Santa Sede, sulla base delle indagini svolte, è convinto che Nattino, attraverso attività finanziarie “detenute” nel Vaticano, per la precisione conti dell’Apsa, ha movimentato ingenti somme di denaro, negoziando in Italia sia titoli sia altri strumenti finanziari che erano oggetto di offerte pubbliche. Il punto è, però, che titoli e strumenti finanziari erano “relativi a emittenti facenti capo” proprio alla famiglia Nattino. Secondo il Vaticano non soltanto il banchiere avrebbe potuto agire in modo fraudolento, influendo sul prezzo dei titoli che erano negoziati in Borsa, ma le risorse investite potrebbero anche essere il frutto di proventi illeciti. La Santa Sede ipotizza pure l’aggravante della ricettazione.
A marzo 2015, il Vaticano sequestra così tutta la documentazione del conto intestato a Nattino. Ma è necessario un passaggio in più. Invia una rogatoria chiedendo all’Italia di acquisire ulteriori documenti. Il Vaticano specifica di quali società quotate in Borsa è necessario avere la documentazione: la Tecnologia Avanzata dei Sistemi (Tas), la Terme demaniali di Acqui (Tda), la Ctz ‘04, l’Apulia Prontoprestito e, ovviamente, la banca Finnat Euroamerica. Si vuol comprendere come mai, nell’arco di tre giorni, il conto vaticano di Nattino acquista e poi vende 2.500 azioni guadagnando in 72 ore ben 75 mila euro. Nell’arco di 9 anni – dal 2003 al 2011 – movimentando azioni della banca Finnat, il controvalore ammonta invece a 1,2 milioni.
La Finnat nel 2005 assume l’incarico di quotare in Borsa la Apulia Prontoprestito spa. L’offerta pubblica delle azioni è prevista dalla Consob tra il 28 novembre 2005 e il 2 dicembre. Dal 5 al 14 dicembre il conto vaticano riconducibile a Nattino acquista e vende 200 mila azioni con un guadagno di 63 mila euro. Singolare quel che accade con Terme demaniali di Acqui dove, almeno in apparenza, c’è una perdita di circa mezzo milione di euro. Il punto è però che la Finnat di Nattino è socia della Terme demaniali di Acqui e in tre anni movimenta il mercato con la compravendita di circa 1,5 milioni di azioni.
È solo una coincidenza, ma balza agli occhi dai documenti della Tda sottoscritti proprio dalla Finnat, disponibili on line, che “il 14 giugno del 2000” la Terme demaniali di Acqui raggiunge “un accordo per la cessione del 100% del capitale di Sangemini Holding”. Il 14 – secondo il documento – siamo ancora in fase di contratto preliminare ma gli analisti di Finnat ipotizzano che l’operazione porterà a “una plusvalenza di 43,5 miliardi di lire”. Non solo. “In base all’analisi svolta, l’attuale prezzo di mercato sembra non valutare appieno il valore generato dall’operazione di vendita di Sangemini… La comunicazione agli investitori delle nuove strategie di sviluppo potrebbe avere effetti positivi sul prezzo del titolo”. Il giorno dopo il conto vaticano riconducibile a Nattino acquista 30 mila azioni della sua stessa società, la Terme demaniali di Acqui, per un controvalore di 284 mila euro.