ItaliaOggi, 3 dicembre 2015
Perché Hollande sta sganciando bombe a caso
Il primo a scrivere «senza una strategia non puoi fare nulla» è stato Franco Debenedetti, da qualche giorno Renzi lo ripete, ora è un refrain. Nel linguaggio dell’organizzazione aziendale in realtà «strategia» viene dopo «obiettivo» («obiettivo-strategia-struttura-uomini-execution-premi/punizioni”, questa la catena, se non si vuole essere velleitari, mai allontanarsi da essa). In effetti, la «strategia» è la modalità con la quale si implementano gli «obiettivi». Definire l’obiettivo, di norma è l’aspetto più difficile. Dopo 9/11 George W. Bush disse «elimineremo Osama»: corretto, fattibile, poi «esporteremo la democrazia»: una fesseria, perché infattibile.
Prendiamo l’obiettivo dichiarato da François Hollande: «Distruggeremo l’Isis», una fesseria, perché non è alla portata della Francia. Infatti, lui si limita a «bombardare», anzi neppure questo, «sgancia» delle bombe, perché per bombardare, per esempio la capitale Isis, al Raqqa, si imporrebbe una presenza sul terreno di una struttura di intelligence che indichi gli obiettivi, cosa che Hollande non ha. La sua è stata una decisione improvvisa, sull’onda dell’emotività seguita al massacro, non certo pianificata. Per ora sgancia bombe a caso, per bombardare dovrà farsi aiutare da americani e russi.
Prendiamo invece Putin. Essendo un vero leader, il suo obiettivo è specifico, limitato: «mantenere la base militare e giocare un ruolo nel quadrante mediorientale». L’altro ieri io mi ero lanciato anche in un «vuole mantenere l’integrità territoriale della Siria», dalla California l’amico Angelo Codevilla (professore di International Relations alla Boston University) mi ha subito richiamato all’ordine, scrivendomi: «Impossibile caro Riccardo, oltretutto alla Russia non è necessario: per il suo vero obiettivo, cioè mantenere la base navale di Tartus, è preferibile una compatta zona Alewi. E non difenderà neppure Assad, la foto della stretta di mano al Cremlino Putin-Assad mi ha ricordato il Borgia di Machiavelli quando diede il famoso incarico a Remirro di Orco». Metafora perfetta, consiglio a chi vuole parlare o scrivere di Putin e del M.O., una rilettura del capitolo VII del Principe.
Fermiamoci un attimo. Dell’Isis parliamo tutti, e molto, ma, ammettiamolo, nulla sappiamo. Certo conosciamo i loro atti orrendi, ma nulla più, certo sono criminali comuni, se vogliamo dargli dignità che non ha, potremmo paragonare al Baghdadi al dottor Julius No del primo James Bond, eppure noi curiosamente li trattiamo da Stato. Alcuni (Papa Jorge Bergoglio) dicono che causa loro siamo nella Terza Guerra Mondiale (sic!), altri (Hollande) vogliono paragonare il Califfo a Adolf Hitler (sic!). Sognano una grande coalizione stile anni ’40, mi spiace, non sanno di cosa parlano: in politica, in guerra, mai confondere sogno con realtà.
Ripeto, dell’Isis non sappiamo nulla, e non vogliamo neppure approfondire. In questi giorni, è successo un fatto che ha messo in evidenza la flessibilità del Califfo: è passato sotto traccia. Putin, Hollande, Obama, gli coventrizzano la capitale al Raqqa? E lui applica uno dei principi più noti del «ceocapitalism», la flessibilità. I liberisti di ritorno erano così felici di aver imposto uno dei loro plinti nella nuova costruzione della nostra società economica, la flessibilità, e Al Baghdadi che ti fa? Li copia, in modo spudorato.
In Irak e Siria il meglio dell’Occidente si era organizzato, a costi folli, per avere in loco una struttura di intelligence, aveva messo a punto una strategia per foraggiare e armare, a costi folli, i peshmerga, affinché morissero al nostro posto. Pur di conquistare al Raqqa, città simbolo dell’Isis, studiavano addirittura di mandare corpi speciali di terra per occupare la capitale di quello che nella loro immaginazione era diventato il Quarto Reich, e quel birbante di Al Baghdadi che fa? In una notte, via mare, trasferisce la capitale, il tesoro, lo stato maggiore, a migliaia di chilometri di distanza, a Sirte, in Libia. Come se Hitler causa i bombardamenti alleato avesse trasferito Berlino a Windhoek.
Investimenti fatti in Irak-Siria: da buttare. Strategie militari e politiche a lungo studiate: da buttare. E domani potrebbe trasferire la capitale altrove, per esempio in Nigeria, o chissà dove.
Dell’Isis non sappiamo nulla ma, con competenza e sussiego, ne parliamo molto, e in dettaglio. Mi faccio una sola domanda: costoro avranno una strategia o vivranno alla giornata come noi?