La Stampa, 3 dicembre 2015
I tre giorni che salvano Padoan
Si dice spesso che il diavolo si nasconde nel dettaglio. Quello che hanno scovato al Tesoro piace moltissimo sia a Renzi che a Padoan. Antefatto: nelle ultime settimane a Palazzo Chigi è aumentata la preoccupazione su un peggioramento della crescita del 2015. Almeno tre le ragioni: i venti di guerra, l’economia mondiale che rallenta, la Germania che paga dazio al caso Volkswagen, con effetti a cascata sull’interscambio. Se fin qui si era sperato in un risultato del Pil migliore delle previsioni – più un per cento tondo contro una stima dello 0,9 – ora gli economisti di via XX Settembre temono l’esito l’opposto, ovvero che lo 0,9 a consuntivo si tramuti in un più striminzito +0,7: il livello ipotizzato a primavera prima che venisse ritoccato all’insù dalla nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza. Si dirà: in fondo si tratta di decimali. Ma di questi tempi un decimale può rappresentare un enorme successo politico, soprattutto se a cercarlo è Matteo Renzi e si parla di un’economia in recessione da anni.
Ecco allora spuntare il diavoletto buono: nel 2015 ci sono stati tre giorni lavorativi in più del 2014. Nelle stime trimestre su trimestre l’Istat tiene conto di queste variazioni, armonizzando i valori. Nelle stime anno su anno invece no. Nei calcoli degli economisti di Via XX Settembre quei tre giorni di lavoro valgono almeno un decimale di Pil. Di qui l’ottimismo del ministro del Tesoro, convinto che il risultato finale sarà +0,8 per cento. Il diavoletto cattivo apparirà nel 2016, perché i tre giorni in più quest’anno saranno due di meno: uno se lo porterà via il febbraio bisestile.