La Stampa, 3 dicembre 2015
Su dieci persone ammalate di Aids, sette non sanno di aver contratto il virus
Per quanto possa essere deprecabile che una persona affetta da Hiv decida deliberatamente di contagiare altre persone a loro insaputa, come nel caso del 30enne romano finito in manette qualche giorno fa, non sono i singoli «untori seriali» i responsabili della diffusione dell’Hiv in Italia e nel mondo. Anzi, in molti casi questi fantomatici untori si sono poi rivelati solo protagonisti di vecchie leggende metropolitane. La principale causa della diffusione dell’Hiv e dell’aumento dei malati di Aids è invece la scarsa prevenzione. Secondo i dati del Centro operativo Aids dell’Istituto superiore di sanità, diffusi in occasione della Giornata mondiale per la lotta all’Aids, che si è celebrata l’1 dicembre, la trasmissione del virus avviene nell’84% dei casi a causa di rapporti sessuali non protetti, sia tra gli eterosessuali che tra gli omosessuali. Tuttavia, l’incidenza dei contagi è rimasta invariata, almeno nel nostro paese. In Italia, infatti, 3.695 persone hanno scoperto di essere sieropositive nel 2014 con un’incidenza pari a 6,1 casi ogni 100 mila residenti.
Un trend in linea con i precedenti anni, che colloca il nostro paese al 12° posto nell’Unione Europea. Invece, il dato allarmante è la percentuale di persone che alla fine si ammala di Aids ignorando di essere sieropositive. Nel 2015 ben il 71,5% delle diagnosi di Aids ha riguardato persone inconsapevoli di essere Hiv positivi, una percentuale nettamente superiore al 20,5% registrata nel 2006.
Nel 2014, in Italia sono stati diagnosticati 858 nuovi casi di Aids, pari a un’incidenza di 1,4 nuovi casi per 100 mila residenti. Ma poco meno di un quarto dei malati conclamati ha eseguito una terapia antiretrovirale prima della diagnosi di Aids, a dimostrazione che sono ancora troppo poche le persone che si sottopongono al test. Dallo studio «Questionaids», condotto dalla Lega italiana per la lotta contro l’Aids e dal Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna, è emerso che il 36% della popolazione generale non ha mai fatto il test. Colpa forse di un calo d’attenzione, molti ignorano che il virus dell’Hiv rappresenta ancora una minaccia, specialmente per i giovani adulti.
Il virus colpisce prevalentemente gli uomini (79,6% dei casi), mentre continua a diminuire l’incidenza delle nuove diagnosi nelle donne. L’età media per i primi è di 39 anni, per le donne di 36 anni. La fascia di età più colpita è quella tra i 25 e i 29 anni (15,6 nuovi casi ogni 100.000 residenti). Ma l’Hiv non è una minaccia solo nel nostro paese. Lo scorso anno, sono stati registrati 142 mila nuove infezioni nei 53 Paesi della regione europea dell’Oms, di cui circa 30 mila nella sola Ue, il numero più alto mai visto da quando è iniziato il conteggio.
In Africa, invece, l’Aids è diventata la prima causa di morte tra gli adolescenti. Sono in aumento, segnala un rapporto Oms-Ecdc, le nuove infezioni dovute a rapporti omosessuali, che erano il 30% nel 2005, mentre ora sono il 42%. Le infezioni dovute a rapporti eterosessuali sono invece il 32%.
Sul fronte delle terapie, quest’anno c’è stata una grossa novità. La Commissione Europea ha infatti approvato, in questi giorni, l’autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco per il regime in singola compressa da assumere una volta al giorno per il trattamento dell’infezione da Hiv. Una vera svolta che contribuirà a migliorare l’aderenza alle terapie.