Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Non ci si rassegna all’idea di essere precipitati in un nuovo caso Franzoni. La Veronica di Ragusa, interrogata fino al culmine della notte, poi fermata e chiusa in cella in questura, quindi trascinata di nuovo davanti ai suoi accusatori alle 10.30 di ieri mattina, nega tutto dopo essere stata a lungo senza neanche rispondere alle domande. Alla fine, dopo altre cinque ore di martellamento, l’hanno portata nel carcere di Piazza Lanza a Catania. Tecnicamente è in stato di fermo, accusata di omicidio e occultamento di cadavere. Il suo destino deve passare adesso per l’esame del gip. Il suo avvocato, Francesco Villardita – che le è stato vicino durante gli interrogatori – ha detto: «La mia assistita è stata indagata mediaticamente quando non era indagata, adesso spero non venga condannata mediaticamente prima ancora del processo». È chiaramente innocente fino a che una condanna in terzo grado non la sanzioni per sempre, e dunque anche noi scriveremo per parecchi anni ancora “presunta assassina”. Ma intanto la storia, così come la disegnano gli inquirenti, è tra le più agghiaccianti.
• Gli italiani in genere hanno l’aria di credere che sia colpevole. Forse a Santa Croce in Camerina o nella cerchia ristretta dei suoi familiari…
I familiari per ora la difendono, la definiscono una madre splendida, sono sicuri della sua innocenza. Ma il marito Davide Stival, il padre di Loris, ha anche detto: «Se fosse stata lei mi cadrebbe il mondo addosso. Se fosse stata lei potrebbe anche morire. Non ne vorrei più sentir parlare». Invece la rete è certa della sua colpevolezza. Il web l’ha coperta di insulti. «Devi morire», «Ci vuole la pena di morte», «Come si fa a uccidere il sangue del proprio sangue», eccetera.
• Ci saranno problemi anche a scuola, immagino. Come si fa a spiegare ai bambini che l’assassino è addirittura la mamma? I bambini sono abituati a penare alla famiglia come un luogo di sicurezza assoluta.
Giovanna Campo, dirigente scolastica della “Falcone e Borsellino” ha spiegato ai cronisti di aver chiesto aiuto a quattro psicologi dell’azienda sanitaria provinciale. I medici incontreranno i docenti e i ragazzi per studiare il modo di affrontare il discorso. Una madre ha reso chiari i termini del problema: «Spiego sempre a mio figlio che non deve parlare con gli sconosciuti, come faccio adesso a dirgli che cose terribili possono accadere anche in casa propria?».
• Che cosa immaginano che sia accaduto, quel sabato maledetto, magistrati, polizia e carabinieri?
Ci sono allo stato due ipotesi, tutt’e due centrate sull’idea che l’assassina sia lei. Nella prima ipotesi, Veronica Panarello coniugata Stival ha stretto intorno al collo del bambino Loris, otto anni, una fascetta da elettricista, fino a togliergli il respiro e la vita. Stava in casa, erano circa le dieci di mattina. Delitto premeditato perché, rientrando dall’aver accompagnato l’altro figlio – Diego – in ludoteca, aveva parcheggiato la macchina in garage, cosa del tutto contraria alle sue abitudini. Ma in questo modo, uscendo col corpo del bambino sistemato in qualche modo nel portabagagli, la telecameta posta di fronte al suo portone di via Garibaldi non l’avrebbe inquadrata. Non l’ha inquadrata, infatti, ma c’è un’altra telecamera, posta all’imbocco della strada che porta al Mulino Vecchio, che l’ha vista e registrata. Non ci sono poi telecamere lungo questa strada secondaria che va al Mulino Vecchio, e quindi la Panarello può gridare che è passata di lì solo per buttare la spazzatura, «io stessa ho accompagnato gli agenti in quel punto, per due sopralluoghi».
• La seconda ipotesi?
Non molto diversa dalla prima. Veronica è uscita col bambino ancora vivo, è arrivata al Mulino Vecchio, qui l’ha strangolato e gettato nel canale. Premeditazione anche in questo caso, se la ricostruzione è vera: avrebbe abbassato i pantaloncini del piccolo, gli avrebbe sfilato le mutande, poi glieli avrebbe rimessi addosso mezzo abbassati e il lunedì mattina avrebbe fatto trovare quel paio di slip o un paio di slip identici buttato tra le macchine parcheggiate davanti alla scuola. Tentativo evidente di far credere all’azione di un pedofilo. In questa seconda ipotesi, c’è anche il sospetto che qualcuno l’abbia aiutata, specialmente se risulterà provato oltre ogni ragionevole dubbio che Loris aveva le mani legate. Restano sempre in piedi i dubbi sul cacciatore Orazio Fidone, che è andato a ritrovare il cadavere a colpo troppo sicuro.
• Che differenza c’è col caso della Franzoni?
La differenza più rilevante è che in quel caso la famiglia è rimasta compatta intorno ad Annamaria fino all’ultimo giorno, e ancora adesso. Qui, la dichiarazione del padre mostra che, nel caso, i suoi non le staranno vicino. Nel delitto di Cogne, la madre ha certamente agito in preda a un raptus, basti pensare al numero di colpi inferti sulla testa del povero Samuele. Questa volta, se gli scenari immaginati dagli inquirenti sono giusti, vi sarebbe un forte dose di premeditazione.
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