Libero, 10 dicembre 2014
Papa Francesco dice sì alla messa in sardo e la Cei istituisce due commissioni ad hoc per testi, canti, preghiere e per la traduzione di testi biblici. E il Padre Nostro diventa Babbu nostru
«Babbu nostru chi ses in is Celus: Santificau siat su nomini tuu. Bengat a nosu su regnu tuu». Sono le prime frasi del Padre Nostro in dialetto sardo, o meglio, in lingua sarda. Le preghiere si recitano già in sardo, in molte occasioni, ma la chiesa locale pensa sempre più spesso alla possibilità di celebrare nell’idioma locale l’intera messa. Un’idea che non appartiene solo alla gente di Sardegna, ma che nel tempo si è diffusa e ha messo radici in buona parte delle regioni italiane, dal Friuli e l’Alto Adige, alla Puglia, alla Sicilia... Adesso è l’isola a coltivarne una speranza più concreta, anche se la strada è tutta in salita. I giornali isolani, infatti, hanno dato molto spazio a questa ipotesi per via di alcuni fatti che si sono verificati negli ultimi giorni. Prima di tutto, dell’argomento si sarebbe occupata la Conferenza episcopale sarda. Oggi il Pontefice riceverà i delegati della Fasi, la Federazione delle associazioni sarde in Italia e anche questo tema potrebbe essere affrontato direttamente con il Pontefice. Soprattutto c’è stato il convegno organizzato il 15-16 novembre a Oristano dal circolo culturale Su Nuraghe sul tema: «Pregare in sardo dentro e fuori dall’isola». In quest’occasione il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha scritto una lettera al vescovo metropolita di Oristano, monsignor Ignazio Sanna, nella quale si legge che «Papa Francesco rivolge il suo cordiale e beneaugurante saluto, esprimendo vivo apprezzamento per la lodevole iniziativa volta a riflettere sui valori tradizionali della cultura sarda». Da parte del Santo Padre, si sono detti convinti gli organizzatori, non ci sarebbero quindi preclusioni ad acconsentire che possa essere celebrata la liturgia in sardo. Ma anche ammesso che esista questa reale disposizione da parte del Santo Padre, il problema concreto è realizzare un messale in sardo. Fino a questo momento il Consiglio permanente della Cei ha dato il via libera allo studio di un unico messale non in italiano, e cioè in friulano, che viene considerata una vera lingua. La prudenza e la cautela sono d’obbligo, secondo i vescovi italiani, perché si teme un effetto domino, con ogni comunità pronta a «rivendicare» un messale ad hoc. L’iter è molto lungo e complesso, coinvolge la Consulta liturgica nazionale (riunita a Roma proprio in questi giorni), e la Congregazione per il Culto divino. Comunque, la strada tracciata per il friulano potrebbe essere seguita per il sardo. Intanto, la Conferenza episcopale sarda ha istituito due commissioni ad hoc per i testi, i canti e le preghiere, e per la traduzione di testi biblici. E, come spiega il quotidiano La nuova Sardegna, il circolo Su Nuraghe sta inviando alle 622 parrocchie sarde e a tutti i Comuni il testo della «Sa Santa Missa» di Antonio Manca del 1895, quando la messa in quasi tutta l’isola veniva celebrata nelle parlate locali. Sono al centro dell’attenzione anche le 46 domande contenute nei Lineamenti approvati da papa Francesco e ora inviati a tutte le Conferenze Episcopali, in vista dell’Assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi, già convocata dal 4 al 25 ottobre del prossimo anno sul tema «La vocazione e la missione della famiglia», che contiene anche la «Relatio Synodi» redatta al termine del Sinodo straordinario sulla famiglia, concluso lo scorso 18 ottobre. Le domande non lasciano inesplorata alcuna questione, compreso quelle più «spinose», come la comunione ai divorziati risposati e il ruolo dei gay. Ma la lettura autentica la fornisce lo stesso Francesco, nell’intervista uscita sul quotidiano argentino La Nación del 7 dicembre, spiegando che il vero senso dei lavori del Sinodo è stato «una ricerca fraterna di come affrontare i problemi pastorali della famiglia». Altre interpretazioni sono «forzate».