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 2014  dicembre 10 Mercoledì calendario

Orfini riparte dall’altro Pd, il Pd pulito, «che è maggioritario» e si ricomincia dagli iscritti, dai circoli, dalla rabbia e dall’orgoglio del popolo di sinistra e non dai capi-bastone

Alcuni dei signori delle preferenze ci saranno. Altri no, perchè sono quelli azzoppati dalle inchieste o quelli non finiti – o non ancora – nel mirino del giudice Pignatone ma è meglio non farsi vedere troppo in giro. Anche perchè il commissario del Pd romano voluto da Renzi – ossia Matteo Orfini, organizzatore di questa assemblea della ripartenza dell’altro Pd, il Pd pulito, «che è maggioritario» – insiste sul fatto che si ricomincia dagli iscritti, dai circoli, dalla rabbia e dall’orgoglio del popolo di sinistra e non dai capi-bastone. 
FORMAT POP, NIENTE BIG
Il luogo prescelto infatti è super-pop: Laurentino 38, centro culturale Elsa Morante, l’opposto del grigiore paludoso del «mondo di mezzo». E se l’assemblea che era stata organizzata e sconvocata causa bufera giudiziaria la settimana scorsa nella sala dei Frentani da Lionello Cosentino – segretario cittadino dimessosi nella buriana – doveva essere una sorta di processo al sindaco Marino, l’evento di oggi pomeriggio sarà l’apoteosi di Ignazio. 
Il quale – lui ci sarà, mentre il governatore Zingaretti no – arriverà in scena per lanciare il suo contropiede così: «Noi siamo i guardiani della legalità». Renzi non gli farà ombra con la propria presenza, perchè il premier non vuole mettere la faccia in prima persona su vicende di vecchie gestioni, e poi appunto il format pop è quello che deve risultare di più. «Il popolo è sempre la parte migliore del Pd – spiega la renziana Lorenza Bonaccorsi – e i signori delle tessere si sono auto-esclusi con i loro comportamenti». Un pezzo forte della sinistra di sempre, Goffredo Bettini, non ci sarà: causa impegni da europarlamentare. I politici nazionali, ma romani, per lo più saranno altrove. Ma il deputato Umberto Marroni farà un salto. Così come il senatore Raffaele Ranucci, il quale osserva: «Ci vado con la speranza che il partito si possa ritrovare, che possa mostrare che non ci sono tra noi troppi ipocriti e che riesca a far vedere la parte sana della politica romana, che c’è». 
Coratti? Fuori! Patanè? Anche. Ozzimo? Idem. I coinvolti nell’inchiesta non metteranno il naso in sala. Alcuni dei dem vicini alla cooperativa di Buzzi, e carichi di preferenze, neppure o forse sì, al grido (così riassunto a suo tempo dall’ex direttore dell’Unità, Peppino Caldarola): «Gli apparati? Sono sempre quelli degli altri!». E niente Cosentino, l’ex segretario romano, mentre uno dei suoi competitor al congresso in cui il tesseramento falso ebbe un’escalation, il giovane renziano Tobia Zevi, sarà una delle facce del Pd che vuole cambiare faccia. Ma come ci si rifà un’identità? Più o meno sotto-traccia, c’è un contrasto politico su quale delle due vie per la ripartenza andrà imboccata. Il deputato Roberto Morassut, che personalmente non ci sarà perchè è a Washington, lancia una sorta di sfida a Orfini: «Il commissario del partito vuole fare un repulisti a macchia di leopardo. Io invece sono per il repulisti totale. Azzerare il tesseramento e tutto il vertice romano. Il vertice, non solo a Roma, viene scelto”a corpo”. Ossia i capi si chiudono in una stanza e decidono: quanti posti ai Giovani Turchi? Quanti alle altre correnti e tribù? Non si può tenere in piedi il vertice attuale che risponde agli equilibri tra i potentati di prima». Ci saranno quelli che faranno gli scandalizzati con buona ragione e, come li chiama Ranucci, «gli ipocriti». Quelli che vogliono riposizionarsi. Quelli che devono rivendicare la propria verginità. Quelli che meglio esserci perchè se non ci sono mi auto-denuncio come corrotto. Quelli che potrebbero alzarsi e dire a Orfini: «E tu dov’eri quando succedevano le cose brutte nel Pd?». Lui ai cannibalismi tra tribù mai ha partecipato e adesso ha buon gioco nel passare all’attacco: «I gruppi che pensavano più alle guerriglie di potere piuttosto che a occuparsi della città hanno sfibrato e reso permeabile il nostro partito». 
LA RETE 
Quanto al segretario-premier, Renzi intende tramite il caso Roma passare all’incasso sul fronte più generale: il malaffare Capitale rafforza l’ipotesi renziana contraria a ritorni proporzionalisti nonché al ripristino delle preferenze stile Prima Repubblica. E mentre tutto è in movimento nel Pd, si muove nei territori una figura molto rappresentativa dell’identità di sinistra, qual è l’ex ministro Fabrizio Barca. Ieri sera era in un circolo di periferia, il Versante Prenestino. E davanti ai militanti, alcuni dei quali oggi saranno all’assemblea al Centro Elsa Morante, ha parlato così in piena linea Pd pop: «Con le regole ci fai la minestra. Ciò che conta sono i controlli e la mobilitazione popolare». Fatta anche di proposte da rimettere in rete al posto della caccia alla tessere. Vaste programme, direbbe De Gaulle. Ma l’alternativa, per il Pd, è sprofondare sempre di più.