la Repubblica, 10 dicembre 2014
Al circolo Pd di Buzzi, versante Prenestino. Parla un militante: «Io non sono triste, sono incazzato. Vedo i capi del partito romano che fingono di cadere dalla luna, ma quando siamo andati a denunciare che alle primarie arrivavano persone cui era stata pagata la busta della spesa, quando abbiamo sospeso il congresso e il presidente di municipio lo ha fatto fare comunque incassando 92 tessere sospette in un giorno, non ci hanno ascoltato. Anzi, volevano espellere noi»
«Mi sento umiliato, mi sento perso. Non pensavo d’anda’ a fini’ con la banda della Magliana». Valerio ha alle spalle 60 anni di militanza. È iscritto al circolo Pd versante Prenestino, a Castelverde, periferia romana che è oltre Tor Sapienza, oltre il raccordo anulare. Un sottoscala pieno di sedie di plastica bianche dove ieri 40 persone sono andate a sentir parlare di forma partito l’ex ministro Fabrizio Barca, con in testa solo i fatti di “Mafia Capitale”. A quel circolo è iscritto Salvatore Buzzi, il presidente della coop 29 giugno, considerato uno dei capi del sistema scoperchiato dalla procura di Roma. «Qui l’abbiamo visto solo all’iscrizione e quando si votava per le primarie – racconta Riccardo Pulcinelli – ma quando abbiamo sentito quel nome, io e Valeria (la coordinatrice) abbiamo detto: è nostro! Poi abbiamo chiamato il partito per chiedere di poterlo cancellare». «Io non sono triste, sono incazzato», dice Riccardo davanti agli altri militanti. «Vedo i capi del partito romano che fingono di cadere dalla luna, ma quando siamo andati a denunciare che alle primarie arrivavano persone cui era stata pagata la busta della spesa, quando abbiamo sospeso il congresso e il presidente di municipio lo ha fatto fare comunque incassando 92 tessere sospette in un giorno, non ci hanno ascoltato. Anzi, volevano espellere noi». Gli interventi sono un processo al partito: “Qui non si parla più, non si discute di niente, di che ci sorprendiamo?”. Valerio ricorda quando in sezione venivano a parlare Luchino Visconti, Alberto Moravia, Giancarlo Pajetta: «Ci spiegavano le cose, ci dicevano di leggere, ora invece ci hanno instupiditi».