Corriere della Sera, 10 dicembre 2014
Sì allo sbarramento al 3% e premio di lista a chi supera il 40%. E in caso di voto anticipato c’è sempre il Mattarellum
Per poter utilizzare in qualsiasi momento la nuova legge elettorale, il governo vuole avere le mani libere. Prima si porta a casa l’Italicum (maggioritario valido solo per la Camera) e poi si ragiona sul periodo di transizione durante il quale potrebbe essere necessario utilizzare il Consultellum (proporzionale) ma anche il vecchio Mattarellum (maggioritario) per eleggere il Senato, che del resto non sarà più elettivo solo a riforma costituzionale approvata.
Il ministro Maria Elena Boschi (Riforme) insiste che «si tonerà a votare nel 2018 e che questi ragionamenti non hanno molta utilità». Ma poi, il governo ha fatto di tutto per bloccare il tentativo del senatore Roberto Calderoli di «incatenare» a un unico destino Italicum, Consultellum e riforma costituzionale. Troppo rischioso per il premier Matteo Renzi che ha chiesto un risultato netto entro marzo 2015 con l’approvazione della nuova legge elettorale.
Il massimo che il governo potrebbe concedere a chi teme le elezioni anticipate come la peste è una tregua di pochi mesi. «Può essere ragionevole inserire una data certa», aggiunge il ministro per le Riforme: lo spartiacque è fissato al 1° gennaio 2016, termine oltre il quale sarebbe possibile tornare alle urne con un sistema per la Camera (Italicum maggioritario con eventuale doppio turno) e un altro per il Senato (Consultellum) qualora la riforma del bicameralismo fosse al palo.
Questo è il percorso che emerge al termine di una giornata a tratti incomprensibile. La cosiddetta clausola di salvaguardia (quella che subordina l’entrata in vigore dell’Italicum alla riforma del bicameralismo) è stata infilata in un cassetto. E i renziani, forse per convincere Forza Italia a non mollare il patto del Nazareno, agitano il fantasma di un ritorno temporaneo al Mattarellum: la legge con i collegi uninominali e la quota proporzionale del 25%, quella che Berlusconi non ha mai digerito, è stata improvvisamente evocata dal ministro Boschi («Si voterà con il Consultellum? Non è detto, in commissione si è parlato anche del Mattarellum»), dal sottosegretario Luciano Pizzetti, dal presidente Anna Finocchiaro e da molti altri. Debora Serracchiani, vicesegretario del Pd, ha detto: «Sulla clausola di salvaguardia o si lasciano le cose come sono o si torna al Mattarellum». Vannino Chiti (minoranza Pd) stavolta potrebbe sposare la linea della segreteria: «Se non è una battuta, io sono d’accordo al ritorno alla legge Mattarella».
In mezzo a questo caos, tra subordinate e ultimatum, l’Italicum ha fatto un passo in avanti in commissione al Senato con la presentazione degli emendamenti della relatrice Anna Finocchiaro (Pd) che ha tradotto l’accordo di maggioranza sottoscritto meno di un mese fa.
Le novità dell’Italicum 2.0, quelle che non piacciono a Berlusconi, sono confermate. La soglia d’accesso si abbassa dall’8 al 3% (con magno gaudio del Ncd e degli altri piccoli). La soglia per conquistare il premio di maggioranza si alza dal 37 al 40% e, soprattutto, a esser premiato con 340 deputati è il primo partito e non la coalizione. I collegi plurinominali per la Camera saranno 100 e in ciascuno di essi il capolista sarà bloccato mentre gli altri verranno eletti con la preferenza (doppia e di genere). Per accontentare il Ncd il capolista potrà candidarsi in 10 collegi. Manca la clausola di salvaguardia che la presidente Finocchiaro tiene in sospeso : «Farò un passo quando il terreno sarà solido, quando troveremo le necessarie condivisioni».
Parallelamente, alla Camera avanza in commissione la riforma del bicameralismo. Confermato l’articolo 2 che fissa a 100 i componenti del Senato (74 consiglieri regionali e 21 sindaci) lasciando però in sospeso la sorte dei 5 senatori a vita di nomina presidenziale (Giuseppe Lauricella ed Enzo Lattuca del Pd propongono di abolirli). Accordo per portare a 3/5 il quorum per eleggere il capo dello Stato anche se il costituzionalista Stefano Ceccanti dice che così «si finirà per dover dare il presidente alle opposizioni». Bocciata la proposta del M5S sull’incandidabilità dei rinviati a giudizio. La minoranza del Pd ha (per ora) ritirato l’emendamento per cancellare la presenza dei sindaci nel Senato.
C’è maretta infine sul controllo preventivo di costituzionalità delle leggi elettorali. Il governo è disposto ad abbassare il quorum dei richiedenti ma non è disposto far valere la verifica per l’Italicum. Che, da calendario renziano, deve essere approvato prima della riforma costituzionale.