Corriere della Sera, 10 dicembre 2014
Christine Lagarde, la numero uno del Fondo monetario, si dice ottimista sul Jobs Act, preoccupata per il tasso di esclusione delle donne dal mercato del lavoro e convinta che la crescita debba essere sostenibile. E poi sa che c’è una disciplina nella grammatica
Il direttore Fmi: incontrerò Renzi, bene il Jobs Act ma donne decisive per lo sviluppo Christine Lagarde, direttore del Fmi, ieri al «Corriere della Sera»
Christine Lagarde, la quarta donna più potente del pianeta, ha modelli che non ti aspetti, un «pantheon» dove oggi compaiono la madre, le amiche dei suoi figli e una donna peruviana divenuta simbolo del successo dei programmi di finanziamento della micro imprenditoria femminile.
La numero uno del Fondo monetario internazionale cita gli insegnamenti ricevuti da figure entrate nella sua vita in tempi e modi assai diversi parlando di «donne, economia e crescita» in una conversazione pubblica con Emma Bonino e Beppe Severgnini al «Corriere della Sera». Il tema è di grande urgenza per l’ex ministro francese dell’Economia. Ministro e non ministra? «Sono fedele all’insegnamento di mia madre, rimasta vedova a 38 anni con quattro figli – racconta Lagarde dal palco della sala Buzzati —. È stata un’esperta di greco, latino, grammatica. Quando mi hanno nominato ministro mi ha detto: “Non farti chiamare mai chiamare ministra, c’è una disciplina nella grammatica!”. Ma poi non sono i titoli che risolvono il problema...». Una delle questioni da affrontare nella grande crisi è invece il tasso di esclusione delle donne dal mercato del lavoro. Lagarde ne parlerà oggi in un incontro con Matteo Renzi. Del quale, comunque, apprezza la direzione presa con il Jobs act. «Mi pare contenga alcune disposizioni che potrebbero aiutare» ad aumentare il tasso di occupazione femminile. All’inaugurazione dell’Anno accademico della Bocconi in mattinata, Lagarde aveva caldeggiato la riduzione del cuneo fiscale per contrastare la disoc-cupazione giovanile, ritrovare la via della crescita e liberare «il genio italiano». La battaglia di Roma deve poter contare sui rinforzi europei. «L’eurozona deve dar fuoco a tutte le sue cartucce» dice Lagarde che definisce «sicuramente positivo» l’eventuale acquisto dei titoli di Stato da parte della Bce e condivide l’adozione di «una certa flessibilità» peraltro prevista dal Patto di stabilità a «sostegno degli investimenti pubblici».
L’avvocato parigino, 58 anni, non crede alla «decrescita felice» teorizzata dal suo connazionale Serge Latouche. Ma all’incontro organizzato dalla Fondazione Corriere della Sera con il blog «La 27esima Ora» riconosce che la crescita «non è a qualsiasi prezzo. Deve essere sostenibile». Il binomio inclusione finanziaria e crescita è ben rappresentato da quella donna peruviana che, incontrata a Lima la scorsa settimana, ha estratto dal reggiseno e sventolato in segno di vittoria la sua carta di credito. «La carta viene assegnata alle donne che utilizzano i finanziamenti per far studiare i figli o avviare una propria attività. Viene ritirata a chi non rispetta il programma. “This is my freedom”, ecco la mia libertà, diceva quella donna». Nel mondo benestante c’è da imparare dalle giovani amiche dei suoi due figli maschi. «“Christine, noi non vogliamo apparire come lamentose femministe”, mi hanno detto una sera. Io mi sono chiesta se abbiamo sbagliato a comunicare e forse il nostro linguaggio non era adeguato a farci comprendere». E chissà se sapranno mai rispondere con l’eleganza di Lagarde a una domanda sull’immagine della donna in pubblicità. «Se i pubblicitari guardassero i dati – spiega Lagarde – scoprirebbero che si deve alle donne il 70% delle scelte di consumo. Descriverle come oggetto anziché come soggetto potrebbe non essere una buona idea».
Una donna così, chiude Severgnini, sarà chiamata all’Eliseo da presidente. Ci pensa mai? «Sto bene come sto».