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 2014  dicembre 10 Mercoledì calendario

Il rapporto shock del Senato Usa sulle torture e gli orrori della Cia: «Abusi sessuali, finte esecuzioni e bugie. Brutalità inutili». Obama chiede scusa: «Non siamo stati all’altezza dei nostri valori. E la tortura non ha neanche contribuito a renderci più sicuri contro il terrorismo. Continuerò a usare la mia autorità presidenziale per garantire che non useremo mai più quei metodi»

«Non siamo stati all’altezza dei nostri valori. E la tortura non ha neanche contribuito a renderci più sicuri contro il terrorismo. Continuerò a usare la mia autorità presidenziale per garantire che non useremo mai più quei metodi». Barack Obama reagisce allo shock del rapporto che inchioda la Cia. Quell’indagine ufficiale, pubblicata dal Senato dopo cinque anni di controversie, è un viaggio nell’orrore. L’agenzia d’ intelligence usò sistematicamente la tortura, molto più di quanto si sospettasse: dalle violenze sessuali ai quasi annegamenti. Mentì alla Casa Bianca e al Congresso, nascondendo sia l’estensione che la brutalità di quelle azioni. E la conclusione dell’inchiesta smonta l’argomento più caro alla destra, cioè che quelle violazioni della legalità fossero necessarie per scongiurare nuovi attacchi terroristici dopo l’11 settembre 2001.
Macabro, feroce, sono gli aggettivi che ricorrono nei commenti a caldo, dopo la pubblicazione di quel rapporto. Molto censurato, in verità: delle 6.300 pagine redatte dalla commissione dei senatori, solo un sunto di 480 pagine viene reso pubblico. Sono secretati molti dettagli, incluso l’elenco di oltre 50 Paesi alleati dove gli Stati Uniti “delocalizzarono” la tortura. L’Italia non figura tra quelli anche se sul nostro territorio nazionale venne rapito illegalmente e deportato l’imam di viale Jenner Abu Omar, sospettato di terrorismo. Polonia e Romania sono tra i paesi Nato dove operavano centri di tortura della Cia. «Sì, a tutti gli effetti quei metodi d’interrogatorio erano delle torture», è tassativa la senatrice Dianne Feinstein, democratica della California, presidente della Commissione di vigilanza sui servizi segreti. Storica leader del suo partito, è sempre stata un “falco” in politica estera e tuttavia contro la tortura ha condotto una battaglia implacabile con l’appoggio di Obama, superando le resistenze frapposte dalla stessa Cia, dal Pentagono, talvolta anche dal Dipartimento di Stato. La Cia era arrivata a spiare i senatori della commissione d’indagine.
L’elenco delle violazioni di diritti umani, di leggi e convenzioni sia americane sia internazionali, è raccapricciante. Detenuti privati del sonno per intere settimane, fino a subire allucinazioni e crisi depressive. Finte o minacciate esecuzioni. Minacce di violenze sessuali con manici di scopa. Minacce di stupri contro le loro madri, di violenze contro i figli. «Alimentazione anale e idratazione anale», usate solo per «affermare un controllo totale sul prigioniero» umiliandolo e privandolo di ogni dignità. Immersioni nell’acqua ghiacciata. Infine il famigerato waterboarding, la tortura dell’acqua: ripetute immersioni della testa fino al limite dell’annegamento e della morte per soffocamento. Brandelli di verità erano usciti ne- gli anni precedenti: grazie a Wiki-Leaks o alle battaglie delle associazioni Usa per i diritti civili. Obama aveva pronunciato un’ammissione importante («Sì, abbiamo torturato») nel momento stesso in cui al suo ingresso alla Casa Bianca annunciava di «voltare pagina» per sempre. Hollywood si era impadronita dell’argomento e le torture erano diventate materia delle sceneggiature. Manca- va una conferma così dettagliata, precisa e autorevole. Il rapporto del Senato accusa la Cia di menzogne: per esempio sul numero di episodi di waterboarding, molto più elevato di quanto i servizi segreti avessero ammesso. È un funzionario della stessa Cia a descrivere il modo in cui vengono tenuti i prigionieri come «cani in un canile». C’è un malato mentale «sfruttato e manipolato» dai suoi aguzzini per estorcerne informazioni.
L’indagine del Senato smonta il “teorema Bush”. Ancora due giorni fa George W. Bush ha difeso i metodi della Cia. Da un lato definendo quegli interrogatori «umani e legali». Dall’altro insistendo sulla loro «utilità per sventare nuovi attacchi contro l’America». I suoi collaboratori, dall’ex vicepresidente Dick Cheney all’ex segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, si erano perfino arrogati il merito di avere consentito l’uccisione di Osama bin Laden (avvenuta sotto Obama), grazie alle informazioni ottenute negli interrogatori della Cia. Tutto falso. È ancora la Feinstein: «Abbiamo passato in rassegna i 20 presunti successi che la Cia ha attribuito alle sue tecniche d’interrogazione. Ciascuno risulta errato». Le “prove” acquisite erano irrilevanti, o addirittura false: informazioni che i prigionieri davano solo allo scopo di far cessare le sofferenze.
Ma il limite dell’operazione-verità sta nel suo carattere unilaterale. Il rapporto è firmato dai democratici, che con questo atto chiudono il periodo in cui hanno avuto la maggioranza al Senato. I repubblicani non ci stanno. Fino all’ultimo hanno chiesto che il rapporto non venisse neppure pubblicato. Cheney è il più virulento: «Gli uomini della Cia andrebbero decorati al valore, non accusati». Ne trae una conclusione amara e paradossale Anthony Romero, presidente dell’American Civil Liberties Union e uno dei più coerenti avversari delle torture: «Obama conceda l’amnistia a Bush, Cheney, Rumsfeld. Il perdono presidenziale almeno sancirebbe che furono commessi dei crimini».