Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  dicembre 10 Mercoledì calendario

E se al Quirinale finisse Marta Cartabia? La giurista diventata a sorpresa numero due della Corte Costituzionale sarebbe molto gradita a Giorgio Napolitano

Alla Corte costituzionale invece di ridurre i giudici (15 contro i 9 degli Usa), si raddoppiano i vicepresidenti alla faccia della spending review. Per la prima volta nella storia della Consulta sono in due, scelti da Alessandro Criscuolo tra i suoi elettori, senza rispettare il criterio di anzianità ma semmai le «quote rosa». Sono la cinquantenne costituzionalista lombarda Marta Cartabia, nominata da Giorgio Napolitano appena a settembre 2011 e Giorgio Lattanzi, classe ’39, indicato dalla Cassazione nel dicembre 2010. Se lui ha superato d’un balzo tre colleghi più «vecchi» (Napolitano, Frigo, Grossi) l’altra ne ha fatti fuori addirittura quattro (anche Carosi).
La prima proposta del neopresidente è stata per il suo antagonista Paolo Maria Napolitano, già vicepresidente con Tesauro, che ha perso la corsa con 6 voti contro 8. Mossa quasi obbligata, ma fatta in tandem con la Cartabia. Quando poi Napolitano, sentendosi sfiduciato dai colleghi ha rinunciato, Criscuolo ha indicato Lattanzi. Così ha forzato le regole che limitano la discrezionalità del numero uno per rispetto della collegialità dell’Alta Corte, per impedire incarichi «fiduciari» (prevale in quelli interni il sistema del sorteggio) e il sospetto di trattative. Criscuolo ha ignorato l’articolo 6 della legge 87 del 1953, che parla di un solo vicepresidente. E l’articolo 23 del regolamento, che prevede in caso di assenza del numero uno e del numero due che presieda «il giudice più anziano», cui può andare il titolo di vice.
A questo punto, la domanda sul perché è d’obbligo. Che la preoccupazione principale sia stata quella di appuntare una medaglia d’argento sul petto della Cartabia? È stato per farla diventare vice, non potendo evitare l’offerta a Napolitano, che si è creato un secondo posto sul gradino, violando prassi e normativa?
Nel palazzo della Consulta si mormora che potrebbe essere un modo per lanciarla nella corsa al Quirinale e che l’operazione sarebbe benedetta da Giorgio Napolitano e manovrata dal suo amico Sabino Cassese, che ha appena lasciato l’Alta Corte ma conserva grande ascendente su una fetta di colleghi. Sarebbe proprio lui il grande sponsor di Criscuolo e quando era giudice costituzionale sembra votasse sempre con Sergio Mattarella, Giuliano Amato e appunto la Cartabia.
La giovane giurista, allieva di Valerio Onida, dell’ala di sinistra del mondo cattolico, è sconosciuta ai più, inesperta negli affari interni e senza un curriculum particolare. Però, potrebbe corrispondere al target Renzi, che da tempo spinge per una donna al Quirinale. Ora che il ministro della Difesa Roberta Pinotti sembra bruciata per la storia del volo di Stato (anche con un’archiviazione rimarrebbe una scia di imbarazzo), la Cartabia potrebbe entrare in gara. E attirare i voti del M5S, come nell’elezione del parlamento alla Consulta di Silvana Sciarra, candidata Pd sostenuta dai grillini, dopo un accordo che ha portato come laico al Csm Alessio Zaccaria, indicato dal movimento di Beppe.
Certo, per migliorare il pedigree, ci voleva almeno un incarico illustre, una bella vicepresidenza alla Corte, con più chance di correre, magari dopo le prime votazioni a vuoto, il Gran premio presidenza della Repubblica.
Questi i rumors che agitano il Palazzo sul Colle, di fronte all’altro, quello di Re Giorgio. Che ci siano pesanti malumori si è visto anche alla cena per festeggiare Criscuolo e i vice. Al ristorante Rinaldi al Quirinale mancava il giudice Frigo, primo per anzianità dei «silurati» dopo Napolitano, che avrebbe anche minacciato le dimissioni.