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 2014  dicembre 10 Mercoledì calendario

Kim Philby, il più brillante e il più noto dei cinque «moschettieri» convertiti al Comunismo vent’anni prima e assoldati dal Kgb alla vigilia della Seconda guerra mondiale

   Il suo accenno ai cinque studenti dell’università di Cambridge (Blunt, Burgess, Cairncross, MacLean e Philby) che divennero agenti dei servizi sovietici mi ha molto incuriosito. Circa Burgess, vorrei sapere se si trattava del famoso autore dell’Arancia meccanica, e quanto a Philby, credo sia stato anche un agente segreto britannico. Sbaglio?
Marina Gero
Como

Cara Signora,
No, l’autore di Arancia meccanica ( da cui fu tratto un famoso film del 1971 diretto da Stanley Kubrick) si chiamava Anthony e ha anche diritto a una pagina nella storia della letteratura italiana perché fu traduttore di alcuni sonetti di Gioacchino Belli in dialetto romanesco. Sì, Kim Philby fu anche agente dei servizi britannici ed era capo della sede di Beirut quando, finalmente scoperto, salì a bordo di un cargo sovietico e fuggì a Mosca nel gennaio 1963. Dei cinque «moschettieri» convertiti al Comunismo vent’anni prima e assoldati dal Kgb alla vigilia della Seconda guerra mondiale, Philby fu il più brillante e il più noto.
Sulla sua vita esistono, oltre all’autobiografia apparsa a Mosca nel 1968 ( My Silent War, la mia guerra silenziosa), parecchi libri fra cui un profilo recente di Domenico Vecchioni pubblicato un anno fa nelle edizioni di Greco&Greco. A Mosca fu accolto trionfalmente, le Poste sovietiche emisero un francobollo in suo onore e quasi tutti i suoi capricci vennero soddisfatti. La casa madre della Lubjanka, sede del Kgb, ha una eccellente memoria e non dimentica né gli sgarbi né i favori. È dura con i transfughi (come Aleksandr Litvinenko, morto per una dose di polonio a Londra nel novembre 2006), ma generosa con gli amici. Philby poteva vantare parecchi meriti. Da quando era stato arruolato, aveva trasmesso a Mosca documenti importanti. Aveva informato per tempo due agenti britannici, vecchi amici di Cambridge (Guy Burgess e Donald MacLean) che la tagliola preparata dai servizi britannici stava scattando. Si era brillantemente difeso dai sospetti che già cominciavano a circolare sulla sua persona e aveva addirittura riconquistato la fiducia dei suoi superiori. La domanda che ancora sorge spontanea, ogni qualvolta ci imbattiamo in questo singolare personaggio della Guerra fredda, è: come spiegare l’inefficienza e la negligenza di una Intelligence esperta e rispettata come quella del Regno Unito?
La risposta è in un libro apparso recentemente in Inghilterra e negli Stati Uniti, A Spy Among Friends, una spia fra gli amici. L’autore è Ben Macintyre, giornalista del Times, saggista, narratore di vicende spionistiche e poliziesche. Da una saggio di Xan Smiley apparso sulla New York Review of Books del 4 dicembre sembra comprendere che la maggiore carta nelle mani di Philby, durante una gran parte della sua vita, fosse l’appartenenza all’ Establishment, ovvero a quella casta dirigente che è unita da legami sociali, culturali, familiari. Sono persone che hanno fatto le stesse scuole, hanno frequentato gli stessi club, hanno fatto servizio militare (quando ancora esisteva) negli stessi reggimenti.
L’Inghilterra degli ultimi decenni è alquanto diversa, ma negli anni giovanili di Kim Philby i legami di casta favorivano la cooptazione, anche per funzioni molto delicate, di persone che appartenevano a una stessa fascia sociale, si erano lungamente frequentate e provavano sentimenti di reciproca fiducia. Erano insomma una grande famiglia, vale a dire il luogo dove si consumano spesso i peggiori tradimenti.