Paola Jacobbi, Vanity Fair 10/12/2014, 10 dicembre 2014
PASOLINI IL CASO È (RI)APERTO
Come in una puntata del telefilm Cold Case, il faldone è stato riaperto.
Il fatto è che questo specifico caso, la violentissima morte di Pier Paolo Pasolini, ammazzato a bastonate e schiacciato più volte sotto la sua automobile in una notte di 39 anni fa, non è freddo per niente.
È un groviglio mai davvero risolto, che ancora divide e fa discutere, uno dei tanti misteri degli anni Settanta italiani.
Un esame del Dna ha rimesso in discussione quella che finora era stata accettata come verità ufficiale, e nei giorni scorsi è riapparso in cronaca un nome che solo i più anziani ricordano: Pino Pelosi, il ragazzo allora minorenne che si accompagnava allo scrittore in quella maledetta notte tra l’1 e il 2 novembre 1975 e che venne poi condannato nel ’76 a 9 anni di carcere per «omicidio volontario in concorso con ignoti».
Ma la vicenda non si è chiusa con quella sentenza. Negli anni, Pelosi ha dichiarato più volte di essere innocente e affermato che Pasolini è stato vittima di un agguato, argomentazioni ripetute anche pochi giorni fa al pm Francesco Minisci che lo ha convocato come «persona informata sui fatti».
Il regista David Grieco ha appena finito di girare un film dal titolo programmatico – La macchinazione – che ricostruisce gli ultimi mesi della vita di Pasolini. Crede all’innocenza di Pelosi, ma soprattutto non ha mai creduto alla tesi sbrigativa del delitto maturato nel mondo della prostituzione maschile.
A un certo punto (David aveva 16 anni) sembrò sensato e naturale che provasse a fare l’attore. Debuttò proprio con Pasolini, in Teorema, «ma capii subito che stare da quella parte della cinepresa non faceva per me, e chiesi a Pasolini di prendermi come assistente». E così fu.
Grieco poi diventa giornalista all’Unità, ma l’amicizia con Pasolini resta. Fa parte del ristretto gruppo di amici storici (Ninetto Davoli, Sergio e Franco Citti, Ettore Garofolo) con cui si va a mangiare la pizza e a discutere di tutto: «Mi considerava un borghese e ricordo che sulla lettera agli studenti in difesa dei poliziotti dopo gli scontri di Valle Giulia ci fu una lite furibonda, al ristorante Torre di Pisa a Milano. Io avevo torto e lui ragione, ma lo capii solo qualche mese dopo».
Dieci giorni prima della morte di Pasolini, David incontra lo scrittore per strada a Roma, in via della Croce. «Parlammo del fatto che stava pensando di comprare una macchina nuova. Lo presi in giro, come sempre, per quei suoi gusti da teddy boy: i vestiti alla moda, le auto veloci. Fu l’ultima volta che lo vidi».
Negli anni a seguire, David si occupa del Fondo Pasolini con Laura Betti e in parallelo prosegue la sua vita tra giornalismo e cinema. Nel 2004 firma Evilenko, tratto dal suo libro sul mostro di Rostov, interpretato da Malcolm McDowell.
Due anni fa viene coinvolto a più riprese nel progetto del film su Pasolini di Abel Ferrara. I produttori vorrebbero che David scrivesse la sceneggiatura per il regista americano, ma la faccenda non ingrana. «A Ferrara interessavano solo il sesso e la violenza. Non si è minimamente sforzato di capire che, dietro questa vicenda, ci sono dei mandanti e degli intrecci tra poteri forti e delinquenza di strada ancora tutti da decifrare. Mi disse: “Non me ne frega niente di fare una spy story o un thriller”. Non potevamo andare d’accordo e io ho mollato il colpo».
(Come si sa, Ferrara ha poi concluso il suo Pasolini con protagonista Willem Dafoe, uscito in sala nei mesi scorsi).
Però tutto questo riparlare di Pasolini ha messo addosso a Grieco una gran rabbia, e soprattutto una nuova voglia di raccontare le cose che sa e che ancora non sono state chiarite.
E c’è l’episodio di Ponte Mammolo. «Non molto tempo prima, una sera, Pier Paolo caricò due ragazzi e questi lo aggredirono mettendolo a testa in giù a Ponte Mammolo, costringendolo a firmare un intero libretto di assegni in bianco. La mattina dopo, Pasolini bloccò tutto in banca e la considerò una bravata. Però, era evidente anche a lui che il mondo dei ragazzi di vita stava cambiando. La banda della Magliana era ormai una specie di franchising attorno a cui lavoravano 50 mila persone e, per le strade, era arrivata la cocaina a stravolgere tutto».
Come prima cosa, Grieco ha contattato Massimo Ranieri perché «una volta Pier Paolo ci disse che se mai, in futuro, qualcuno avesse girato un film sulla sua vita avrebbe voluto essere interpretato da lui».
Al sì di Ranieri (intervistato da Vanity Fair, nel numero 43) è seguito il resto.
Grieco ha prodotto La macchinazione con la compagna, Marina Marzotto. A fine febbraio sarà pronto per intraprendere la via dei festival. Sogni di gloria? «Lei non mi crederà, ma io questo film l’ho girato solo perché voglio che sia fatta giustizia».