Libero, 10 dicembre 2014
Marino non scioglie il Comune ma Roma verrà commissariata a metà. Il sindaco ha messo a disposizione degli ispettori tutti gli atti per 90 giorni, rinnovabili. Poi deciderà il prefetto
Un commissariamento a metà. Ignazio Marino si salva. Per ora. Perché lo scioglimento anticipato del Comune di Roma, al momento, è scongiurato. Angelino Alfano, ministro dell’Interno, dopo il vertice con il prefetto della Capitale, Giuseppe Pecoraro, ha deciso di imboccare la via intermedia: l’accesso agli atti del Campidoglio. Né fine anticipata della consiliatura, dunque, né colpo di spugna su quanto emerso con l’inchiesta su Mafia Capitale. Un commissario (forse un prefetto) e due vice commissari (funzionari della Pubblica amministrazione, uno dei quali del Mef) avranno tre mesi di tempo (prorogabili una sola volta per altri novanta giorni) per passare al setaccio tutte le carte (delibere, verbali, resoconti di assegnazioni di appalti etc) del Comune di Roma. Alfano, infatti, ha delegato Pecoraro a «esercitare i poteri di accesso e di accertamento nei confronti del Comune di Roma». Al termine del lavoro, la palla tornerà al prefetto, che avrà ulteriori 45 giorni di tempo per avanzare proposte allo stesso titolare del Viminale. Ed è quel punto, presumibilmente dopo l’estate dando per scontata la proroga, che potrebbe tornare d’attualità, sulla scorta del lavoro dei tre commissari, l’ipotesi dello scioglimento dell’amministrazione comunale. La decisione, a quel punto, spetterebbe al consiglio dei ministri su proposta del ministro dell’Interno. A Reggio Calabria, del resto, andò proprio così: commissione di accesso agli atti costituita nel gennaio 2012; sei mesi di lavoro sulle carte; ulteriore riflessione del prefetto; infine lo scioglimento dell’amministrazione da parte del governo (il 9 ottobre 2012) per «contiguità, non infiltrazione, mafiosa». I tre commissari saranno supportati da un nucleo di esperti appartenenti alle Forze di polizia. Il gruppo dovrà verificare, spiegano dal ministero dell’Interno, «eventuali possibili forme di infiltrazione o di condizionamento, di tipo mafioso o similare, tali da compromettere il regolare svolgimento dei servizi nonché il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione comunale». Il vaglio riguarderà anche gli atti dei municipi. Un esame durante il quale la commissione potrebbe imbattersi in fatti che abbiano rilievo penale e quandi tali da peggiorare il quadro accusatorio degli attuali indagati, oppure in grado di far emergere nuove responsabilità. Novità che sarebbero immediatamente trasmesse ai magistrati di piazzale Clodio. Ecco perché l’ipotesi dello scioglimento dell’assemblea consiliare, con possibile nomina di un commissario incaricato di portare il Comune di Roma al voto, è destinata a restare giocoforza sul tavolo. Ieri sera Pecoraro ha incontrato il sindaco di Roma per mettere a punto il piano di lavoro dei commissari. Marino ha fatto buon viso a cattivo gioco: «Auspico fortemente che l’azione del prefetto sia la più incisiva possibile, in modo che se ci sono altre persone che devono andare in prigione ci vadano al più presto». Al prefetto Pecoraro, il sindaco ha suggerito di affidare il lavoro agli «stessi ispettori del ministero dell’Economia che avevano già lavorato per quattro mesi in Campidoglio» al momento del suo insediamento. Nessun timore per il futuro scioglimento della consiliatura, in ogni caso: «Non c’è in questo momento nessuna evidenza della pervasività o dell’attualità della presenza mafiosa in Campidoglio». Anche perché, ha spiegato Marino, «se si scioglie il Comune per mafia significa che sono tutti mafiosi». Invece «l’inchiesta si basa soprattutto sugli anni del governo Alemanno». In serata, il sindaco si siede nel salotto di Ballarò e, sventolando una copia di Libero di ieri, annuncia la querela contro il nostro quotidiano.