Paolo Siepi, ItaliaOggi 10/12/2014, 10 dicembre 2014
PERISCOPIO
Carminati sedò una rissa tra i membri del Pdl in cui volarono persino minacce di morte. Gli bastò sventolare un paio di 100 euro. Spinoza. Il Fatto.
L’ultima inchiesta-spettacolo della magistratura romana? Colpirne cento (pesci piccoli del Pd) per educarne uno (Renzi). Manuele Bani. Il Fatto.
Dopo tre matrimoni e sei figli, l’ex olimpionico Bruce Jenner cambia sesso a 65 anni. Quando si dice coltivare il dubbio. MF.
(mfimage) Un aspetto inquietante del comunismo italiano, poi ereditato dalla classe dirigente Pci-Pds-Pd è l’attitudine alla menzogna sistematica. L’ultimo caso è il Monte dei Paschi di Siena. Ci vogliono far credere che si è trattato di un episodio periferico. Ma tutti sanno che nessuna decisione sull’Mps poteva essere presa all’insaputa della segreteria nazionale del Pd. Claudio Martelli. Sette.
Su Syriza e Alexis Tsipras bisogna anche dire che un partito che dice a tutti quello che vorrebbero sentire non è un partito di sinistra. Un partito che ha una parola buona per tutti sembra più un assistente sociale che un partito. Petros Márkaris, scrittore greco. La Stampa.
Chi mi dice che il Patto del Nazareno, scricchiola, mi fa urlare perché il cosiddetto Patto del Nazareno è la legittimazione della legislatura, e non per ragioni puramente aritmetiche. Vogliamo rinfrescarci la memoria? Dopo le elezioni del 2013, Berlusconi disse: voglio un governo di larghe intese e voglio che Napolitano resti presidente. Ricordano tutti che Bersani non lo ascoltò e provò a fare il governo del cambiamento con Grillo, andando subito a sbattere. Così spuntò fuori Letta, che pensò di farsi un governo in accordo con Alfano. Ma durò un battito d’ali. A quel punto chi arriva? Renzi. E che fa? Riceve subito Berlusconi al Nazareno, nella sede del Pd, e lì gli spiega che accetterà entrambe le sue richieste, su governo e Quirinale. Tutto qui. Semplice semplice. Per questo il Patto tiene. E vi sarei grato se voi del Corriere riusciste a spiegarlo anche a quei due premi Nobel di Fitto e di Brunetta. Giuliano Ferrara. Corsera.
Grillo incitava ad accelerare la catastrofe economica. Per l’esplosione del consumismo: «Potremmo comprare cose inesistenti: elettroseghe per il burro, spazzolini da due chili monouso che dopo esserti lavato una volta li butti in mare per ammazzare i pesci». Gian Antonio La Stella. Corsera.
La sinistra, soprattutto comunista, aveva subito due grosse crisi: la sconfitta del 1948 e il trauma del 1956. Ma tra noi di Quaderni piacentini e i Quaderni rossi fondati da Raniero Panzieri, la distanza era notevole. Loro avevano messo al centro la fabbrica. Noi, la società, gli individui, la vita, le idee. Ho fatto in tempo a incontrare Panzieri prima che morisse nel 1964. Un uomo di qualità politiche del tutto singolari. Niente a che fare con i partiti. Aveva lavorato in Einaudi. Ne uscì nel 1963 in maniera traumatica. Di fatto venne buttato fuori perché Panzieri aveva commissionato a Goffredo Fofi un libro inchiesta su cosa era l’immigrazione meridionale a Torino. Il libro fu letto e cassato da gran parte dei responsabili e consulenti della casa editrice. Fu uno scontro aspro. Panzieri ci rimise il posto. Renato Solmi, per solidarietà, si dimise a sua volta. Piergiorgio Bellocchio, fondatore di Quaderni piacentini. la Repubblica.
Giancarlo Aneri, patron del premio «È giornalismo», da me ribattezzato Premio Stalin per il settarismo dei giurati, mi ha raccontato di quando stava per essere messa ai voti la mia candidatura. Allora, nel sinedrio di questa specie di Pulitzer de noantri, sedevano Indro Montanelli, Enzo Biagi e Giorgio Bocca. Il primo dissimulò neutralità, il secondo rimase gelido, il terzo eruppe: «Sì, bisognerebbe darlo a Feltri, ma non si può perché è un fascista di merda». Non è che mi fidi al 100 per cento di quello che dice Aneri, ma l’uscita mi pare verosimile. E comunque nessuno dei quattro poteva sapere che il loro premio del menga l’avrei rifiutato. Lo dico in tutta sincerità: Bocca l’ho sempre ammirato. Mi manca per la sua incoerenza, nella quale trovava conforto la mia. Poiché non ho molti amici, l’assenza di un nemico della sua levatura mi addolora e mi fa sentire più solo. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio.
I BUOI - Ditelo ai miei buoi che l’è finita / che il loro lavoro non ci serve più / che oggi si fa prima col trattore.// E poi commuoviamoci pure a pensare / alla fatica che hanno fatto per mille anni // mentre eccoli lì che se ne vanno a testa bassa / dietro la corda lunga del macello. Tonino Guerra in: Rita Giannini, Tonino Guerra. Veronelli editore.
Non amo i calabresi. Di solito sono antipatici e hanno un fondo di rancore, odium humani generis e fastidio all’idea che altrui faccia, onde, nulla facendo, dedicano le loro energie ad impedirlo. Ma quando il calabrese è signore, lo è in modo straordinario; quando è amico lo è in modo straordinario. Paolo Isotta, La virtù dell’elefante. Marsilio.
Mozart fu soltanto un visitatore su questa terra. L’uomo Mozart in nessun luogo fu veramente a casa: né a Salisburgo, dove nacque, né a Vienna, dove morì. Saul Bellow, I conti tornano. Mondadori.1995.
Gli italiani nei campi di concentramento nazisti erano stati dimenticati dal mondo intero. La Croce rossa internazionale non poteva interessarsi a loro perché la qualifica di «Internati militari» era nuova e non contemplata. Nei due anni di lager, i volontari della Resistenza bianca (i militari italiani che erano stati deportati in Germania perché non volevano combattere con la Repubblica di Salò, ndr) ascoltarono e ascoltarono dagli apparecchi radio clandestini, costruiti da loro solo con l’aiuto di Dio e sentirono milioni di parole in ogni lingua, ma mai una parola per loro in lingua italiana. Non solo erano ignorati, ma dovevano essere ignorati, che non si sapesse, in Italia e all’estero, che c’era una forza immensa, una forza di pace che senza imbracciare moschetti e mitra impegnava i nemici. Furono peggio che abbandonati. Beppe Gualizzini, Guareschi Editoriale Nuova.
Per me il libro ideale sarebbe una storia di Dumas scritta da Tolstoj. Pierre Lemaitre, Ai revoir là-haut. Albin Michel.
Elephas indus culices non timet, l’elefante indiano non teme le zanzare. Domenico Malatesta.
Il genio aiuta i cretini a rendersi conto che sono tali. Roberto Gervaso. il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 10/12/2014