Alessandra Ricciardi, ItaliaOggi 10/12/2014, 10 dicembre 2014
LE COOP SONO SOMMERSE DAL GUANO
[Intervista a Edoardo Patriarca] –
Troppi 1400 dipendenti per una cooperativa, il sistema così è permeabile. Ne è convinto Edoardo Patriarca, deputato Pd, rappresentate del terzo settore cattolico, già presidente del Centro nazionale del volontariato. L’inchiesta sulla mafia romana ha messo in luce il ruolo delle coop nel giro di affari e corruzione che ha alimentato per anni il «mondo di mezzo» della Capitale. «Quello che emerge è un vero e proprio tradimento della causa e della missione della cooperazione sociale», dice Patriarca.
D. Le coop, stando all’inchiesta, sono state utilizzate come cavallo di troia per fare affari sporchi.
R. È un danno enorme, si getta così un’ombra anche su tutte le altre sette mila coop sociali che fanno il loro dovere. Senza guadagnarci tanto, anzi facendo fatica ad arrivare alla fine del mese visto che gli enti pagano spesso in ritardo.
D. Possibile che non ci sia stato nessun campanello d’allarme nei confronti della Cooperativa 29 giugno guidata da Buzzi e dei tanti appalti che si aggiudicava?
R. Probabilmente il problema sta nel sovradimensionamento: con 1400 dipendenti, i sistemi di controllo da parte dei soci, che pur dovrebbero funzionare, in una cooperativa sono attenuati.
D. È normale che un presidente di coop guadagni 6 volte quello che guadagna un socio?
R. Non dovrebbe esserlo, ma non c’è una regola, salvo i codici etici che gli stessi cooperatori si danno.
D. E la trasparenza?
R. Con la riforma del terzo settore in discussione alla camera, prevediamo che siano pubblici tutti i compensi degli amministratori, dei cda e degli organi di controllo. Un atto dovuto, visto che le coop agiscono come soggetto pubblico.
D. Anche questa volta si arriva tardi, la politica dopo la magistratura_
R. Questa riforma è attesa da anni, Renzi le ha dato finalmente un’accelerazione. Ma quanto accaduto non dipende solo dal fatto che la normativa non è aggiornata. Quando un’impresa sociale dipende totalmente dal finanziamento pubblico, è chiaro che questo porta ad avere delle contaminazioni eccessive se non collusioni con il mondo della politica, con il sistema di potere che ti dà da mangiare.
D. Lei proviene dal mondo del volontariato, che lavora spesso al fianco delle coop nei campi nomadi. Possibile che nessuno si sia reso conto di quanto accadeva a Roma?
R. Io non credo affatto possibile, purtroppo, che nessuno sapesse. Stando a quanto emerge dalle indagini, è probabile che in tanti sapessero, che in tanti abbiano preferito tacere. Coprendo quanti rubavano allo stato e lucravano sui poveri. E ancora una volta è toccato alla magistratura scoperchiare la pentola. Una vergogna.
D. Nel Pd gli indagati si sono autosospesi, il partito romano è stato commissariato. Basta come reazione interna?
R. Io avrei preferito che gli esponenti democratici indagati fossero sospesi. L’autosospensione è un atto quasi di cortesia personale. Doveva essere il partito invece a decidere in modo forte, subito. La presunzione di innocenza? Nessuno vieta di ridare la tessera quando i fatti sono accertati. Ma deve esserci un meccanismo di autotutela e il coraggio di mettere qualcuno alla porta. Stesso discorso deve valere per i tesseramenti, meglio pochi ma buoni.
Alessandra Ricciardi, ItaliaOggi 10/12/2014