La Stampa, 10 dicembre 2014
Daniele Antognoni, l’uomo che ha ammazzato moglie e figlio con la pistola e poi si è sparato. Lei, 28enne romena, lo aveva lasciato, lui se ne era andato di casa ma non riusciva a rassegnarsi alla fine del rapporto, i tentativi inutili di riallacciare la relazione, fino alla decisione finale, quella di sterminare la propria famiglia. Il classico copione della cronaca nera dei nostri giorni
L’immagine del profilo Facebook, caricata neanche 20 giorni fa, è ancora lì: si vedono Daniele Antognoni con il figlio di cinque anni, Christian, sorridenti in primo piano, e un commento amaro: «l’unica cosa che mi è rimasta».
Ieri l’uomo è andato nella casa dove aveva vissuto con la famiglia fino all’estate scorsa, fino alla separazione, e ha ammazzato la moglie e il bambino con la sua pistola, forse la stessa con cui si era fatto fotografare sul social network, prima di suicidarsi con l’ultimo colpo. Paula Corduneanu, romena, di 28 anni, aspettava la visita del marito, perché lui l’aveva avvertita al telefono che sarebbe passato, per parlarle. Doveva aver sentito qualcosa di strano nella voce del suo ex compagno, forse un tono di minaccia, tanto che aveva avvertito i carabinieri, che le avevano raccomandato di chiudersi in casa in attesa del loro arrivo. La donna però non ha seguito il consiglio e gli ha aperto la porta. Quando i militari hanno raggiunto la villetta in via Urbino, a Marcelli, frazione di Numana, era già tutto finito: i tre corpi giacevano l’uno accanto all’altro vicino all’ingresso dell’abitazione.
Daniele Antognoni, 38 anni, operaio, ha sparato prima alla donna, poi al piccolo e infine ha puntato l’arma contro di sè, alla testa. Sette od otto colpi esplosi da distanza ravvicinata con la sua Beretta calibro 9 per 21, regolarmente detenuta come le altre armi che si portava dietro al tiro a segno di Osimo dov’era iscritto, e con cui amava farsi ritrarre in posa.
Quanto ai motivi che hanno scatenato la furia del 38enne, c’è sicuramente la separazione non accettata: la moglie, con cui ha vissuto per nove anni, pochi mesi fa aveva deciso di lasciarlo, sembra anche a causa della gelosia ossessiva dell’uomo. Quel che segue è il copione classico di altre vicende terribili: lui che se ne va di casa, da parenti, ma che non riesce a rassegnarsi alla fine del rapporto, i tentativi inutili di riallacciare la relazione, fino alla decisione di sterminare la propria famiglia.
Le immagini e i commenti postati su Facebook descrivono una persona con una vera passione per le armi da fuoco – oltre alla foto col revolver ce n’è un’altra con un mitra, e poi un’altra pistola di grosso calibro accompagnata dal commento “non so quando, ma sarai mia” -, per la vita militare e per simboli cari all’estrema destra, come un busto di Mussolini e il disegno di una mano tesa nel saluto romano.
Una volta ha scritto: «Non per vantarmi, ma anche oggi non ho ucciso nessuno». Eppure nei confronti della compagna era capace di grande tenerezza: «Io il regalo più bello ce l’ho da otto anni e mezzo – postava il 1° gennaio scorso -, anche perché mi ha regalato mio figlio, la cosa più importante della mia vita». Negli ultimi tempi, a separazione avvenuta, definiva i figli così: «Sono l’unica cosa che conta. Il resto è solo un qualcosa che non sai se rimarrà o no. Loro invece rimarranno per sempre».