varie 10/12/2014, 10 dicembre 2014
ARTICOLI SULLA CRISI DELLA GRECIA DAI GIORNALI DEL 10/12/2014
ETTORE LIVINI, LA REPUBBLICA
Alfa e Omega. L’inizio e la fine. Qui, sotto il Partenone, è nata. Assieme al pensiero occidentale e al concetto stesso di democrazia. E qui l’Europa rischia adesso di celebrare il suo funerale. Il copione, dicono le Cassandre e la Borsa ellenica (crollata ieri del 12,7%, trascinando al ribasso tutti i listini Piazza Affari compresa con un meno 2,8%), è già scritto e il primo atto è andato in scena in queste ore: la Grecia ha anticipato al 17 dicembre le procedure per eleggere il presidente della Repubblica e il governo ha candidato alla poltrona l’ex Commissario Ue Stavros Dimas. Se Dimas — come pare molto probabile — non otterrà il quorum, il paese andrà al voto anticipato attorno a fine gennaio con la sinistra radicale di Syriza (che vuol stracciare gli accordi con la Troika) nel ruolo di grande favorita.
Il barometro dei mercati — ieri è stato solo l’antipasto — fiuta la tempesta perfetta: spread in fibrillazione, listini a picco, politica nel caos. Lo spettro del braccio di ferro tra il partito di Alexis Tsipras e i falchi del rigore fa tremare l’euro. «È un paradosso. Pensi che tra queste pietre 2.500 anni fa, un bel po’ prima di Merkel e Juncker, è germogliata l’utopia dell’Europa Unita e della solidarietà tra tante polis differenti», dice Heleni Simitis, studentessa del Politecnico, di fonte alle rovine dell’Agorà. La storia è cambiata, i protagonisti no: il destino della moneta unica (e dell’Italia, di conseguenza) si giocherà nelle prossime settimane come in una partita a poker nell’aula del Parlamento di Atene chiamato a scrivere un’altra pagina forse decisiva nella storia della Ue. «Sperando — scherzano i capannelli di pensionati che chiacchierano in Syntagma — che non sia l’ultima».
Il corto circuito ellenico non è un fulmine a ciel sereno. La polveriera Grecia è in ebollizione da mesi. La cura lacrime e sangue imposta da Bce, Ue e Fmi in cambio di 240 miliardi di prestiti ha dato risultati in chiaroscuro. Il paese, guardando la realtà con l’occhio dei ragionieri, è uscito dal tunnel: il Pil salirà l’anno prossimo del 2,9%. I conti dello Stato sono in attivo di 3,5 miliardi a fine ottobre. La crisi però ha lasciato un’eredità sociale pesantissima: un quarto del Pil è andato in fumo, la disoccupazione è al 26% e il reddito delle famiglie, polverizzato da tagli a stipendi e welfare, è crollato del 40%.
«Siamo stati la cavia di un esperimento finanziario — dice Mikis Asteris, ingegnere che ha visto la sua busta paga crollare da 1.800 a 1.250 euro — e il risultato è che la culla della democrazia e dell’Europa rischia ora, per questioni di spread e di indicatori economici, di diventare la sua tomba». Il governo di unità nazionale di Antonis Samaras ha deciso di tirare dritto, preferendo guardare al bicchiere mezzo pieno. E malgrado il rischio di elezioni anticipate e di effetto-domino sull’euro ha rotto gli indugi, convinto — è l’azzardo del premier — che nel segreto dell’urna gli elettori non metteranno la croce su Syriza per non portare l’orologio del paese indietro di cinque anni. «Non possiamo permetterci due mesi di incertezza », ha detto il portavoce Sofia Voultepsi, mettendo sul piatto il nome di Dimas, uomo che per la sua appartenenza politica — è da sempre organico al centrodestra — ben difficilmente raccoglierà il consenso bipartisan per l’elezione (in aula sono necessari 180 voti su 300, il governo ne ha solo 154).
Tsipras, il nemico pubblico numero uno dei falchi dell’euro, ha tutt’altre convinzioni: i greci, è sicuro, non ne possono più dell’austerity. «Abbiamo il Pil di una tigre asiatica, il surplus della Norvegia e il costo del lavoro di un Paese in via di sviluppo. Cosa vogliono ancora da noi?», dicono gli insegnanti in sciopero davanti al ministero dell’Economia. Le ultime richieste della Troika, altri 2,5 miliardi di tagli nel 2015, sono state la goccia che ha fatto traboccare il vaso. E la notte di scontri (domenica scorsa) tra forze dell’ordine e manifestanti in piazza per ricordare Alexandros Grigoropoulos e in solidarietà dell’anarchico Nikos Romanos — in sciopero della fame in carcere per reclamare il diritto di assistere alle lezioni universitarie — è un’altra spia del malessere collettivo. Il leader di Syriza non ha dubbi: «Siamo pronti a governare», ha ribadito ieri, certo che Samaras non riuscirà a eleggere il presidente e che il Paese consegnerà al suo partito (al 30% nei sondaggi, 3-6 punti più del centrodestra) il mandato per congelare gli accordi con Bce, Ue e Fmi e convocare una conferenza europea sul debito che riduca l’esposizione dei paesi in crisi. Grecia, ma anche Spagna, Portogallo e, potenzialmente, Italia.
Cosa succederà ai mercati e all’euro a quel punto? «L’Europa unita doveva essere un circolo virtuoso, come quello che si sognava venticinque secoli fa ai piedi dell’Acropoli», continua Simitis. Invece è il contrario, Il martedì nero di ieri — con lo spread ellenico balzato di 100 punti in pochi minuti — ha dato una prima indicazione precisa. Bruxelles ha capito da tempo che la partita a scacchi di Atene rischia di spazzare via la moneta unica travolgendo come uno tsunami Roma, Madrid e (forse) Parigi. E che l’impasse nella capitale greca potrebbe trasformarsi nel capolinea dell’Unioche ne. «Noi non usciremo dall’euro», ha provato a gettare acqua sul fuoco Tsipras, ricordando che nel 1952 fu la Germania a ottenere uno sconto sui debiti per sanare le ferite della guerra e del nazismo. La sua agenda delle ultime settimane è però il termometro dell’allarme rosso nel Vecchio Continente: il leader di Syriza è stato ricevuto da Mario Draghi, dal Papa e dal ministro alle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble. I falchi di Bruxelles, che sentono odore di sangue, hanno iniziato ad alzare la voce. Se la Grecia chiederà sconti sul debito, è il loro mantra, si riesumerà il disegno di un euro a due velocità: il nord virtuoso da una parte e le cicale del sud dall’altra. Una moneta forte e una di serie B. La pietra tombale sull’unione valutaria e un siluro ai paesi indebitati come l’Italia che si troverebbero con un’esposizione estera ingestibile e a rischio crack.
Gli ottimisti, non moltissimi a dire il vero, provano a vedere un altro film: Tsipras — dicono — si rivelerà un politico pragmatico anche perché non avrà i numeri per governare da solo. «Se fate caso ha già iniziato a moderare i toni», fa notare l’ex premier socialista George Papandreou. L’elettroshock di Syriza, anzi, potrebbe essere un toccasana per l’Europa. Convincendo Bruxelles a puntare sulla crescita e garantendo alla Grecia e agli altri paesi alle corde un po’ di respiro sul fronte del debito (leggi Eurobond oppure ok al quantitative easing di Draghi). Il voto anticipato, è il bello della democrazia, dirà chi ha ragione. Atene ha inventato l’Europa. E Atene, nelle prossime settimane, avrò in mano di nuovo il suo destino.
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VITTORIA PULEDDA, LA REPUBBLICA -
L’incubo-elezioni in Grecia si è abbattuto con la forza di uno tsunami sui mercati finanziari - a partire da Atene - facendo bruciare alle Borse europee 220 miliardi di capitalizzazione.
Il terremoto è stato innescato dalla decisione del primo ministro Antonis Samaras di anticipare al 17 dicembre le votazioni per il nuovo presidente della Repubblica. La possibilità di elezioni anticipate, con la vittoria della sinistra radicale di Syriza, ha fatto perdere in un solo giorno il 12,78% alla Borsa di Atene, la peggiore disfatta del listino da 27 anni a questa parte (e con i titoli finanziari a picco: meno 26% Attica bank, meno 20 National bank e meno 23% Marfin Invest).
Un tentativo di rasserenare i mercati è stato compiuto dal commissario agli Affari economici Pierre Moscovici: «Samaras sa dove sta andando, credo che i mercati dovrebbero sentirsi più sicuri di quello che si sono sentiti». Anche se poi ha aggiunto: «Seguiamo con attenzione la situazione». Tuttavia le sue parole non hanno impedito di veder volare alle stelle il rendimento dei titoli di Stato decennali greci, al 7,9% (più 91 punti base) mentre il differenziale con la Germania si è allargato a 726 punti (anche in questo caso, di 94 punti base inpiù della vigilia).
Ma Atene non è stata la sola a cedere bruscamente terreno, anche perché in questa giornata tremenda per la finanza si è sommata almeno un’altra ragione di tensione, stavolta proveniente dal Far East: in Cina si sono intensificati i segnali di frenata (si parla di una possibile revisione al ribasso degli obiettivi di crescita del Pil, al 7% per il 2015, dal precedente 7,5%) e intanto ieri è stata decisa un giro di vite sul credito. Immediata la reazione della Borsa di Shanghai, che ha perso il 5,43%.
Con questo risveglio, i mercati europei non hanno potuto far altro che adeguarsi, facendo segnare a fine giornata cali molto forti e generalizzati: una perdita pari al 3,18% per Madrid, seguita al meno 2,81% di Piazza Affari, in compagnia anche del meno 2,55% di Parigi, del meno 2,21% di Francoforte e del meno 2,14% di Londra. Il rischio di tensioni geopolitiche si è fatto sentire anche sul differenziale dei titoli di Stato italiani con il Bund tedesco, tornato ad aprirsi a 134 punti (più 12 rispetto alla vigilia) mentre il rendimento dei decennali si è assestato a quota 2,03%; peggio, insomma, di quanto avesse fatto a botta calda dopo il declassamento del rating di S&P.
Continua invece ad essere molto depresso il prezzo del petrolio, anche se a New York ha leggermente migliorato il minimo da cinque anni a questa parte segnato il giorno prima (63,82 dollari a barile contro 63,05). Complessivamente, i mercati Usa hanno dimostrato nervi più freddi: il Dow Jones ha limitato le perdite (-0,29%) mentre il Nasdaq ha chiuso con il segno più.
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STEFANIA TAMBURELLO, CORRIERE DELLA SERA -
Giornata di forti tensioni sui mercati, in allarme per la situazione politica in Grecia e per i timori di una stretta creditizia in Cina, dove l’economia mostra segni di rallentamento. Sulle Borse europee, ieri tutte in rosso, è piombato il crollo del listino di Atene, caduto del 12,58% sulla scia delle notizie su possibili elezioni anticipate. Un’ipotesi questa che metterebbe a rischio — ed il premier greco ha già formulato una richiesta di rinvio all’Eurogruppo — la conclusione entro la fine dell’anno dell’accordo tra governo greco e Troika (Commissione Ue, Bce, Fmi) sulle misure da attuare per il versamento dell’ultima tranche di prestito di 1,8 miliardi di euro.
Non solo: in caso di elezioni anticipate, che scatterebbero nell’eventualità molto concreta di una fumata nera all’elezione del presidente della Repubblica per sostituire Karolos Papolulias, il partito dato come favorito è quello della sinistra radicale Syriza di Alexis Tzipras, pronto ad opporsi e a cancellare la politica di austerità imposta dalla troika. Da qui la reazione delle Borse ai timori di una nuova ricaduta della crisi greca: Piazza Affari in particolare è sprofondata del 2,81% a 19.390 punti, mentre Parigi è scesa del 2,55%, Francoforte del 2,2%, Londra del 2,1% e Madrid, la peggiore, del 3,18%. Il bilancio a fine giornata sui listini del Vecchio Continente è di quasi 220 miliardi di euro bruciati.
Anche Wall Street ha aperto negativa, influenzata oltre che dalla crisi greca anche dalla discesa delle borse asiatiche con Shangai in calo del 5,43% e Hong Kong del 2,34%, che hanno reagito ai segnali di rallentamento dell’economia e della decisione delle autorità di porre alcuni limiti alle attività finanziarie delle banche (esclusione dei bond a basso rating dalle garanzie accettate dalla Banca centrale cinese).
Effetto contagio anche sul secondario dove si sono ampliati gli spread di Roma e Madrid. In particolare il differenziale di rendimento tra Btp decennali, tornato al 2,03%, e Bund tedeschi di uguale durata ha chiuso, in netto ampliamento, a quota 134 punti anche per il ribasso dei tassi dei titoli tedeschi, molto richiesti come accade sempre nei momenti di tensioni e instabilità, che ieri hanno toccato il minimo storico dello 0,69%. In rialzo anche i rendimenti dei titoli spagnoli e portoghesi con il bond greco salito al 7,80%. In questo contesto non hanno rassicurato le parole del commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, secondo cui «Samaras sa dove sta andando, credo che i mercati dovrebbero sentirsi più sicuri di quello che si sono sentiti stamattina».
Stefania Tamburello
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VITTORIO DA ROLD, IL SOLE 24 ORE -
La Grecia torna sotto i riflettori degli investitori internazionali che stanno vendendo azioni e bond ellenici a piene mani dopo un lungo periodo di grazia.
Il premier greco, Antonis Samaras, ha deciso di giocare di anticipo la delicata e intricata partita delle elezioni del nuovo capo dello Stato designando l’ex commissario europeo all’Ambiente, Stavros Dimas, un tecnico di centrodestra poco carismatico e poco conosciuto al grande pubblico, come candidato a presidente della Grecia. È definitivamente sfumata l’idea di proporre una candidatura di compromesso come Mikis Teodorakis, 89 anni, il compositore greco famoso nel mondo anche per la lotta alla dittatura dei colonnelli, un nome che avrebbe potuto catalizzare l’interesse di Syriza, la sinistra radicale, oggi all’opposizione.
L’indicazione di Samaras è arrivata all’indomani della scommessa del capo dell’esecutivo ellenico di anticipare di due mesi, al 17 dicembre, l’avvio della votazione parlamentare per eleggere il nuovo presidente. La seconda votazione si terrà il 22 e la terza, quella decisiva, il 29 dicembre .
È una scelta molto rischiosa che sta facendo tremare i mercati globali per il rischio che porti alla caduta dell’esecutivo di unità nazionale (Nea Dimokratia e Pasok) e ad elezioni anticipate in cui la sinistra radicale di Syriza sarebbe nettamente favorita nei sondaggi. La Borsa di Atene è arrivata a perdere più del 12,7% , la peggior seduta da 27 anni, mentre i rendimenti dei bond decennali sono schizzati al 7,9%, dopo aver toccato il minimo del dopo crisi con il 5,57% a settembre e il massimo al 30,83% il 31 maggio 2012.
Il voto per sostituire Karolos Papoulias, un ex partigiano della guerra al nazi-fascismo, è molto delicato per Atene e per l’intera area euro, poiché la maggioranza che sostiene Samaras è di 155 voti e per eleggere il presidente ne servono almeno 180, i due terzi del Parlamento monocamerale. Se non si raggiungerà la maggioranza qualificata nelle prime tre votazioni, la legge impone elezioni anticipate che si svolgerebbero probabilmente a inizio febbraio.
La sinistra radicale di Syriza, dopo aver vinto le elezioni europee di maggio, è in testa in tutti i sondaggi (con il 32% circa dei voti e un 3-6% di vantaggio sul centrodestra di Nea Dimokratia). Il suo giovane e carismatico leader, Alexis Tsipras, ha già fatto sapere che in caso di vittoria dichiarerà nulli gli accordi presi con la troika (Ue-Fmi-Bce) e chiederà la convocazione di una conferenza europea per tagliare il debito dei Paesi in crisi. Decisione che rischia di far tornare indietro di cinque anni la situazione di Atene che dopo aver riportato i conti in surplus primario (senza contare il costo del debito) prevede una crescita dello 0,6% quest’anno e del 2,9% l’anno prossimo, dopo sette anni di recessione.
Tsipras non vuole uscire dall’euro, ma convincere alcuni dei creditori internazionali della Grecia - i partner della zona euro e la Bce - che dovrebbero accettare una svalutazione dei loro crediti per ridurre il debito sovrano greco ad un livello sostenibile.
Debito che oggi viaggia al 174% del Pil, il maggiore dell’Eurozona. Ma questa richiesta va contro il Trattato europeo che vieta il salvataggio dei Paesi membri.
Il debito di investitori privati «non entrerà nei negoziati al fine di ridurre il carico del debito della Grecia», ha dichiarato John Milios, responsabile della politica economica di Syriza. Il problema è che oggi il debito è quasi tutto in mano all’Esm, il fondo salva stati, alla Bce e agli Stati membri. Una ristrutturazione del debito greco sarebbe un precedente ed equivarrebbe a un’unione fiscale.
Tsipras, però, potrebbe minacciare di non pagare gli interessi sul debito, pari a 7 miliardi all’anno, o chiedere una moratoria sul pagamento di questi ultimi. Tutti escamotage che potrebbero ridurre il peso dell’austerity.
Tutte ipotesi che comunque hanno allarmato i mercati nonostante la Commissione europea abbia cercato di gettare acqua sul fuoco. «Samaras sa dove sta andando, credo che i mercati dovrebbero sentirsi più sicuri di quello che si sono sentiti stamattina», ha detto ieri il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici commentando la situazione greca. Ma i mercati sembrano essere di parere diverso.
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ANDREA FRANCESCHI, IL SOLE 24 ORE -
La Grecia torna a far paura ai mercati, con la sua incertezza politica: la Borsa di Atene crolla (-12,78%) e trascina i listini europei (Milano -2,81%); bruciati quasi 220 miliardi di euro. La giornata era già iniziata male per i timori sulla crescita dell’economia cinese. Lo spread BTp-Bund balza a 135, il decennale risale sopra il 2%.
Servizi e analisi pagine 2-3
Le perdite di ieri sui principali listini europei e la variazione da inizio anno
L’avversione al rischio torna a pesare sui mercati finanziari europei, che in una sola seduta bruciano 220 miliardi di capitalizzazione. Per le Borse quella di ieri è stata una giornata di forti vendite: Piazza Affari ha chiuso in calo del 2,81%, Madrid del 3,18% mentre Parigi e Francoforte hanno chiuso in ribasso del 2,55 e del 2,2% rispettivamente. L’indice Stoxx 600 europeo ha perso il 2,33 per cento. Sul mercato dei titoli di Stato è tornata ai massimi la volatilità sui bond governativi dei Paesi periferici dell’area euro. Due i fattori alla base dell’inversione di tendenza: la pesante battuta d’arresto della Borsa di Shanghai (-5,43%) e il ritorno di un vecchio fantasma: la Grecia.
Tracollo di Shanghai
Ieri la Borsa cinese ha registrato la sua peggior seduta dal 2009 a questa parte, il mercato obbligazionario è crollato mentre lo yuan ha registrato pesanti flessioni. Lo scivolone dei mercati cinesi è stato innescato dalle nuove e più stringenti regole imposte dalle autorità della Repubblica Popolare sui cosiddetti “collaterali”, cioè i titoli che possono essere portati in garanzia per ottenere prestiti dalla Banca centrale. La stretta dell’authority China Securities Depository and Clearing riguarda in particolare i titoli di nuova emissione. Potranno essere presentati come “collaterale” per ottenere prestiti sono se dotati di un rating a tripla A (il massimo) o se emessi da un soggetto con merito di credito superiore ad AA.
L’entità del ribasso registrato dalla Borsa di Shanghai si spiega in parte con le prese di profitto degli operatori al termine di una corsa che ha fatto guadagnare all’indice della Borsa cinese il 23% in appena 13 sedute. Ma è comunque un campanello d’allarme sulla tenuta finanziaria della seconda economia del mondo le cui opacità, da questo punto di vista, non sono poche. Sullo sfondo poi restano i timori di una revisione al ribasso delle stime di crescita per il 2015 dal 7,5 al 7% in occasione del «Central Economic Work Conference», il summit a porte chiuse in cui i vertici del Partito decidono la rotta dell’economia.
Grecia, rischio elezioni
L’altra notizia che ieri ha scosso i mercati europei, come accennato, è arrivata dalla Grecia. La decisione, annunciata l’altro ieri, del primo ministro Antonis Samaras di anticipare l’elezione del nuovo capo dello Stato di due mesi ha infatti alimentato i timori di un ritorno alle urne. Eventualità che si potrebbe presentare nel caso in cui il candidato alla presidenza di Samaras venisse sconfitto. La Costituzione greca infatti impone il ritorno alle urne nel caso in cui il Parlamento non riesca ad eleggere il candidato presidente espresso dalla maggioranza. Un rischio per i mercati che temono una vittoria di Syriza, formazione di estrema sinistra contraria all’austerity che, stando agli ultimi sondaggi, è il primo partito del Paese nelle intenzioni di voto.
Realizzi sui bond periferici
Le ripercussioni del rischio elettorale sui mercati sono statte pesanti per la Borsa di Atene che ha chiuso con un ribasso del 12,78% archiviando la sua peggior seduta da 27 anni a questa parte. Il tasso del titolo decennale greco è volato oltre l’8 per cento con il differenziale di rendimento sul Bund tedeschi schizzato a 737 punti con un rialzo di oltre 50 punti. Anche gli altri titoli di Stato periferici sono stati fortemente venduti. A partire dal BTp decennale il cui tasso ieri è tornato sopra la soglia psicologica del 2% con il differenziale di rendimento che ha chiuso la seduta a 135 punti. Un movimento che, seppur violento, pare più dettato dalla speculazione del momento. Il mercato insomma ha preso a pretesto le vicende della Grecia per vendere monetizzando la corsa che questi ultimi hanno messo a segno recentemente. Nell’ultimo mese il tasso del BTp a 10 anni è sceso di oltre il 17% aggiornando i nuovi minimi storici. E sul possibile acquisto di titoli di Stato da parte della Bce è intervenuto ieri Peter Praet, capo degli economisti della Bce e membro del consiglio esecutivo della Banca. «L’acquisto di obbligazioni pubbliche da parte della Bce - ha detto - potrebbe avere effetti positivi sulle attese dell’inflazione e del credito all’interno di Eurolandia».
Banche sotto pressione
Tornando alla Borsa ieri le vendite hanno penalizzato in particolare i titoli bancari (l’indice settoriale Stoxx Banks ha perso oltre il 3%). Una flessione che si lega con il ritorno del rischio sui debiti sovrani dell’area euro. La flessione dei titoli del credito, il comparto di maggior peso alla Borsa di Milano spiega peraltro il pesante ribasso registrato da Piazza Affari.
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VITTORIO DA ROLD, IL SOLE 24 ORE -
Come spesso accade è arrivato il rischio politico a sparigliare le carte dell’Eurozona ed ad aprire le porte alla tempesta perfetta nell’Egeo. La Grecia non fa eccezioni alla regola di un sistema istituzionale europeo ancora carente, con una moneta unica che lega i destini dei 18 Paesi euro, ma senza un’unione fiscale.
In questo quadro convulso Atene, che da settimane non riesce a trovare un accordo con la troika che chiede nuove misure di austerità su Iva e previdenza sociale per un presunto ammanco di 2,5 miliardi di euro nel 2015 dopo che i creditori internazionali negli anni hanno messo sul piatto ben 240 miliardi di aiuti, è stata colpita da una instabilità politica annunciata.
Una situazione paradossale dove Atene è di nuovo nell’occhio del ciclone, dopo aver fatto i compiti a casa per cinque anni, aver riguadagnato il surplus primario di bilancio, essersi guadagnata sul campo una previsione di crescita quest’anno e l’anno prossimo rispettivamente dello 0,6% e del 2,9 per cento. Una situazione positiva rimessa in discussione perché una rielezione presidenziale incerta, rimescola le carte della politica interna con il possibile ricorso anticipato alle urne e mandando in fibrillazione i mercati globali.
La Grecia, nelle prossime sei settimane, potrebbe essere più importante della crisi ucraina per i destini europei, perché se dovesse vincere Syriza, la sinistra radicale di Alexis Tsipras, alle elezioni anticipate di febbraio, l’eurozona potrebbe trovarsi a decidere tra un passo avanti nell’unione fiscale, attraverso la partecipazione a una ristrutturazione del debito pubblico, o vedere la prima uscita dalla moneta unica di uno dei 18 Paesi membri.
In entrambi i casi si tratta di affrontare con una fuga in avanti o un pericoloso precedente di salvataggio di un debito sovrano due opzioni dense di incognite. Problemi che nessuno vuole affrontare in questi termini e sotto l’urgenza di una nuova crisi, ma che nel frattempo nessuno ha voluto o saputo dirimere in anticipo. La Grecia ancora una volta non mette in discussione l’Eurozona per le cifre in campo: si parla di interessi sul debito di 7 miliardi di euro e di un “buco” di bilancio da 2,5 miliardi di euro, secondo le stime, spesso rivelatesi fallaci, dell’Fmi.
Atene fa qualcosa di molto più importante: mette l’Eurozona di fronte a se stessa. Che unione vuole essere? Un’unione di Paesi solidali o un’unione di economie costrette alla convergenza da Trattati e invii di troike a vigilare sul rispetto dei patti sottoscritti?
Alla fine si potrebbe raggiungere l’accordo con una nuova linea di credito precauzionale che eviterà di rispondere alla domanda di fondo, prendendo tempo. Una risposta però che non sarà eludibile all’infinito, pena il ritorno dell’instabilità finanziaria nell’eurozona.
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TONIA MASTROBUONI, LA STAMPA –
Nessuna novità, l’orizzonte si è solo accorciato. Così, i mercati hanno pensato bene di anticipare anche le reazioni. Quando il premier Antonis Samaras ha rivelato ieri l’intenzione di spostare le elezioni presidenziali da febbraio a dicembre, è ricominciata la pioggia di vendite: la Borsa di Atene è precipitata del 13%, trascinandosi dietro le principali piazze europee, che hanno bruciato 208 miliardi di euro. Milano ha archiviato la giornata a -2,81%. Motivo del crollo, il timore che la votazione del prossimo presidente della Repubblica greco possa sfociare in elezioni anticipate. E siccome il favorito nei sondaggi è Syriza, il partito di sinistra radicale di Alexis Tsipras, gli investitori hanno segnalato i loro timori, probabilmente esagerati, che Atene possa riprecipitare nel caos.
Raggiunto al telefono nel quartier generale del partito, il suo portavoce, Nikos Pappas, sostiene che se fallissero le tre votazioni presidenziali, le date più probabili per le urne sarebbero il 25 gennaio o il primo febbraio. E in ogni caso, assicura che se il suo partito vincesse le elezioni, «non prenderemmo decisioni unilaterali», che «manterremmo i conti a posto» e «spenderemmo soltanto quello che riusciamo a incassare». La linea di Syriza è sempre stata di opposizione durissima alla troika e al programma di austerità imposto in cambio degli aiuti, considerato «un fallimento», ma il portavoce di Tsipras garantisce che l’obiettivo è quello di un «negoziato con l’Europa». Tra l’altro, Syriza non ha mai chiesto di uscire dall’euro, contrariamente a quanto scritto erroneamente da molti. Un target dichiarato, tuttavia, è la rinegoziazione del debito. Non un taglio di quello detenuto dai privati, ma della quota in mano ai partner europei e della Bce. Peraltro, non una tesi da estremisti: il Fmi e autorevoli economisti sostengono da anni la necessità di una ristrutturazione del debito ellenico.
«Le elezioni presidenziali sono diventate un pretesto per evocare elezioni anticipate - ha spiegato ieri Samaras -. Ora che abbiamo stabilizzato finanziariamente il Paese e siamo in un periodo di recupero, le nubi dell’incertezza politica si stanno addensando nuovamente sulla Grecia». In realtà, il premier non è riuscito nel tentativo di far uscire la Grecia dal programma di aiuti e ha ottenuto un allungamento di due mesi per fare le riforme, prima di ottenere una nuova linea di credito da Ue e Fmi. Ma la prospettiva di elezioni anticipate rischia di far sfumare gli impegni sugli aggiustamenti e getta un’ombra sui futuri rapporti con la Ue.
Samaras, ieri, ha anche rivelato il candidato alle presidenziali: è Stavros Dimas, ex commissario europeo all’Ambiente, ex ministro degli Esteri greco. Il problema, tuttavia, è che alla coalizione di governo mancano decine di voti per farlo nominare. Nelle prime due votazioni, previste per il 17 e il 23 dicembre, Dimas deve passare con minimo 200 sì su 300: il governo può contare appena su 155 parlamentari. Ma la votazione chiave sarà quella del 29 dicembre: al terzo scrutinio basterebbero 180 voti: molti osservatori sostengono che Samaras potrebbe riuscire a mettere insieme altri 16 o 17 sì, ma gliene mancherebbero sempre 8 o 9. Troppi. A quel punto, il governo sarebbe costretto a indire nuove elezioni.
Anche le urne, però, rischiano di non riuscire a risollevare la Grecia dalla condizione ormai perenne di instabilità. In base a calcoli sugli attuali sondaggi, se Tsipras dovesse vincere le elezioni, rischierebbe di governare con una minoranza esigua, come l’attuale esecutivo. Nei sondaggi è dato al 34% circa, che con il premio di maggioranza di 50 deputati gli farebbe conquistare 144 seggi. Avrebbe bisogno di coalizzarsi: l’unica possibilità all’orizzonte, ad oggi, è il partito dei “Greci indipendenti”, che potrebbe contare su 9 seggi. Tsipras sarebbe costretto a governare con circa 153 seggi su 300. Ma Pappas confida in un «aumento dei consensi» per il suo partito, da qui a fine gennaio.
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DAVID CARRETTA, IL MESSAGGERO -
Ufficialmente la Commissione europea vuole rassicurante sulla Grecia, ma dietro le dichiarazioni pubbliche si nasconde un grande timore tra i partner europei dopo la reazione di panico di ieri dei mercati. La decisione del primo ministro greco, Antonis Samaras, di accelerare il voto del Parlamento sul nuovo presidente della Repubblica, con il pericolo di elezioni politiche anticipate e la possibile vittoria dell’estrema sinistra di Syriza, rischia di innescare una reazione a catena che, alla fine, potrebbe rimettere in discussione l’integrità della zona euro. «I mercati sono sempre sensibili all’incertezza politica», ha ammesso il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, al termine della riunione dell’Ecofin. Pochi a Bruxelles si aspettavano un crollo tanto pesante della Borsa di Atene. Tanto più che le mosse di Samaras sembrano essere state concordate con l’Ue. Lunedì l’Eurogruppo aveva concesso ad Atene un’estensione di due mesi del programma di assistenza finanziaria, malgrado il mancato accordo con la Troika sui prossimi passi in termini di risanamento dei conti e riforme. Se tutto andrà secondo i piani, in caso di elezioni anticipate, Samaras potrà rivendicare di fronte al leader di Syriza, Alexis Tsipras, di aver resistito alle imposizioni della Troika. Poi, in caso di vittoria, l’attuale primo ministro dovrebbe accettare le condizioni che il Fondo Monetario Internazionale e l’Eurogruppo chiedono per concedere una linea di credito alla Grecia.
LO SCENARIO
«I mercati dovrebbero forse sentirsi un po’ più fiduciosi» nei confronti di Atene, ha detto Moscovici. «Le autorità greche si sono assunte le loro responsabilità, non posso fare commenti perché è una decisione democratica». Moscovici è convinto che Samaras «sa quel che fa: ho avuto diverse occasioni di discutere con lui ed è fiducioso nella sua capacità di vincere le elezioni». Ma alcuni responsabili europei, fuori microfono, si mostrano più pessimisti. «L’arrivo al potere di Syriza rimetterebbe in discussione la fiducia faticosamente riconquistata in questi anni e il ritorno alla crescita della Grecia», spiega un alto funzionario. Il timore è che Tsipras mantenga la promessa di cacciare la Troika da Atene, provocando il panico dei mercati e riportando all’ordine del giorno l’ipotesi di un’uscita dall’euro. In quel caso - come mostrano gli andamenti degli spread ieri - l’effetto contagio rischierebbe di colpire chi ancora non si è totalmente rimesso dalla crisi, come Portogallo, Spagna e Italia. «Il timore che condivido con i colleghi è che forse tra poco avremo governi euroscettici, e le cose cambieranno totalmente» facendo prevalere uno «scontro di visione» e la «paralisi», ha avvertito il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan.
David Carretta
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NINO SUNSERI, LIBERO
L’imbarazzo consiste solo nella scelta dei luoghi comuni. È meglio «pianto greco», piuttosto pop o il più letterario «tragedia greca» che ci riporta agli anni del liceo? Ognuno è libero di scegliere tanto il risultato è lo stesso. A tre anni dalla grande crisi del debito è di nuovo Atene a dominare il palcoscenico: l’indice ha perso il 12,8%. Dall’ultima volta sono passati ventisette anni a dimostrazione che ogni record è sempre il penultimo. Milano ha fatto come al solito la sua parte cedendo il 2,8%, con l’eccezione di Mediaset che balza del 4% dopo i dati sulla raccolta pubblicitaria di novembre. Le altre si allineano: Londra termina a -2,14% con Tesco in caduta aver annunciato risultati in peggioramento, Parigi perde il 2,55%. Fa peggio ancora Madrid: -3,18%. Lo spread si allarga in area 130 punti base, con il rendimento dei Btp che supera il 2%. Insomma quello che non era riuscito a Standard & Poor’s è stato fatto dalla tragedia ateniese. Lunedì la nuova bocciatura dell’Italia da parte dell’agenzia aveva lasciato indifferenti i mercati a conferma che ormai il giudizio delle tre sorelle del rating lascia piuttosto freddini. Ieri, invece, il nuovo terremoto partito dalla Grecia ha dato uno scossone ai mercati. Qualcuno ha aggiunto anche le nuovole sul cielo di Shangai: il listino cinese ha perso il 5,43% perche le previsioni di crescita sono state ridimensionate. In passato le borse, e soprattutto Milano, usava metodi più artigianali per diffondere il panico: dall’allarme bomba alle indiscrezioni sul decesso di uomini di primo piano della finanza e dell’industria (i più gettonati l’Avvocato ed Enrico Cuccia). Nei mercati globali le spiegazioni sono un po’ meno grossolane ma altrettanti incredibili: che la Borsa di Shanghai possa calare anche in maniera vistosa il giorno dopo aver raggiunto il record storico è una storia che si è vista alcuni miliardi di volte. Quanto alla crescita siamo alla farsa: la Cina preoccupa perché anzichè crescere del 7,5% si fermerà al 7%. Se questo fosse il problema in Europa dovremmo assistere a ripetuti suicidi collettivi sia per gli errori nelle stime sia per la stagnazione dell’economia. Che cosa è cambiato sui mercati? Poco: l’Iraq che si è alleato con l’Arabia per buttare giù il prezzo del petrolio e mettere l’Iran in difficoltà. Dal canto suo la Grecia in effetti vede la luce in fondo al tunnel. Però è forte il dubbio, e non da ieri, che si tratti dei fari di un tir tedesco. Ora il problema sono le elezioni. È stata anticipata la consultazione per il Presidente della Repubblica e siccome non si troverà il quorum si andrà al voto anticipato. Uno scenario che il governo greco aveva anticipato un mese fa. Vincerà Tsipras? Possibile. Tuttavia non dovrebbe superare lo sbarramento del 33% e questo lo costringerà ad allearsi stemperando gli estremismi. In ogni caso la sinistra greca ha ammainato la bandiera anti-euro. Si rende conto che presentarsi con le dracme per comprare petrolio è una scena che, a pensarci, suscita una incontebile risata.