Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Da oggi si può andare su internet e controllare se si è a rischio verifica del fisco: la stessa Agenzia delle Entrate ha messo infatti a disposizione dei cittadini un “redditest” nel quale si inputano le spese sostenute e i redditi dichiarati e si controlla se c’è coerenza tra i due dati. Se non c’è coerenza, siamo in situazione pericolo.
• Bravo lui: io riempio il questionario e in pratica mi autodenuncio.
L’Agezia delle entrate garantisce di no. La procedura è questa: si digita redditest.agenziaentrate.it e appare una scheda informativa nella quale sta scritto: «Per utilizzare il programma è necessario scaricare il software e inserire i dati richiesti. Le informazioni, quindi, restano sul proprio computer, senza lasciare alcuna traccia sul web». Poco più sotto c’è un pulsante “Scarica il redditometro”. Cliccandolo esce fuori un pdf con un formulario da riempire. A dirle la verità è piuttosto complicato, si tratta in pratica di fare una specie di denuncia dei redditi. Forse, procedendo magari così alla grossa, sarebbe stato meglio chiedere semplicemente al cittadino – sempre in questa forma riservata – quanto guadagna, quante macchine ha, quanto vale – anche a spanne – la casa in cui abita oppure quanto paga d’affitto, quanto ha speso per le vacanze, se la moglie lavora, se i figli frequentano la scuola pubblica o quella privata, eccetera. Sulla base di questo questionario, arricchibile all’infinito, il software avrebbe poi fornito un irpef presunto. In ogni caso, con una buona dose di pazienza, ci si riesce anche così. Volendo si possono anche seguire le istruzioni che su YouTube impartisce, con bella cadenza romanesca, una simpatica ragazza con gli occhiali.
• Che se ne fa il fisco di questi numeri calcolati nel chiuso di casa nostra?
Il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, ieri ha dichiarato che «da una simulazione sull’intera platea delle famiglie, oltre 4,3 milioni (circa il 20%) delle dichiarazioni dei redditi risultano non coerenti. Tra le diverse categorie di reddito il tasso di irregolarità è maggiore nel reddito di impresa e nel reddito di lavoro autonomo» e questo lo sapevamo. Però anche le famiglie, quanto a evasione, non scherzano: «quasi un milione dichiarano redditi pressoché nulli o molto vicini allo zero». Tenga conto che l’evasione ammonta, adesso, a diciassette punti di pil. Cioè, considerando 16 miliardi un punto di pil, 272 miliardi di euro. Ogni anno.
• Mamma mia. E con questa specie di redditest se ne viene a capo?
L’idea è quella che se ti spaventi, vedendo che hai esagerato nel nascondere le tue ricchezze, forse ti ravvedi da te. Nella conferenza stampa di ieri mattina, Befera ha annunciato i criteri del nuovo accertamento sintetico, che entreranno in vigore da gennaio. In pratica è una nuova forma di redditometro: «Lo adopereremo con la massima cautela. Finora abbiamo scoperto molte localizoni omesse, molto nero. La non coerenza, tuttavia, non è automaticamente rappresentativa di un’evasione. Il contraddittorio infatti potrebbe portare la non coerenza a coerenza oppure ridimensionare l’incoerenza. Il nuovo accertamento sintetico rende obbligatorio il dialogo con il contribuente mediante il contraddittorio».
• Non l’ho interrotta solo perché ipnotizzato dalla dialettica tra coerenza e non coerenza… Che diamine è l’accertamento sintetico?
È una valutazione del reddito che si basa, invece che sul possesso di una certa automobile o di una certa villa al mare, sulle spese effettivamente sostenute da una famiglia (questo anche se la Costituzione impone di far pagare le tasse ai singoli e non alle famiglie). Poiché ormai l’Agenzia delle Entrate ha accesso praticamente a tutti i nostri conti concorrenti, può procedere a giganteschi incroci e scoprire che, per esempio, dopo aver denunciato un reddito zero, abbiamo passato l’estate a Miami e affittato un veliero. In questo caso non può ancora scattare né un accertamento né una sanzione: è obbligatorio che il contribuente venga convocato dalla locale agenzia delle entrate e che lì si proceda prima di tutto ad acquisire, direttamente dal contribuente, nuovi dati. E poi, rimanendo la situazione poco chiara, che si passi al confronto, o al litigio, insomma alla trattativa. Se il contribuente non sente ragione, si procede all’accertamento. Uno scostamento inferiore al 20 per cento, fra quanto crede di sapere il fisco e quanto sostiene il cittadino, viene considerato troppo basso per procedere.
• Quindi il redditometro alla vecchia maniera è sparito?
No, il fisco continuerà a far ricorso anche al redditometro d’antan, e sia pure in via secondaria. Il decreto relativo, comprendente cento voci di spesa e patrimonio, sarà emanato al più presto dal ministero delle Finanze. Ah, un avvertimento: bisognerà conservare scontrini e ricevute per quattro anni.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 21 novembre 2012]
(leggi)