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 2012  novembre 21 Mercoledì calendario

SALVATE QUELL’IMPRONTA DAI PIRATI DELLO SPAZIO

Il luogo di sbarco dell’Apollo 11 come la Grande Muraglia. Una testimonianza storica così importante da dover essere considerata Patrimonio dell’Umanità, assieme agli altri 962 siti, tutti terrestri, già presenti nel registro Unesco. E così la Nasa e diverse autorità scientifiche si stanno attivando. Con entusiasmo, ma anche con grandi difficoltà (e non solo legali).
Quello di proteggere le testimonianze dei primi voli spaziali, e soprattutto degli allunaggi, è un obiettivo rincorso da tempo e di cui si è discusso anche al 63° Congresso astronautico internazionale che si è tenuto a Napoli. Certo, è difficile pensare a orde di turisti che calpestano la prima impronta o si mettono in tasca un pezzo delle attrezzature lasciate sulla Luna. Ma il pericolo di rovinare quello che a tutti gli effetti è un sito archeologico appare più vicino di quanto si possa pensare. Molti rover automatizzati per l’esplorazione lunare sono in preparazione, ad esempio il «Chang’e 3» cinese. E a preoccupare è anche il «Google lunar prize», la gara che offre 30 milioni di dollari in premio al primo gruppo non governativo che farà arrivare sulla Luna un robot dotato di ruote e capace di trasmettere immagini e video. I luoghi di allunaggio delle missioni Apollo fanno gola, ovviamente. E molti dei team partecipanti hanno già annunciato che l’obiettivo è proprio quello di far scendere il rover lì vicino.

Luoghi fragili. Una ruota nel posto sbagliato, ma anche la polvere sollevata, sono più che sufficienti a coprire impronte che altrimenti resterebbero là per centinaia di migliaia di anni. «Dobbiamo anche tenere presente – dice Lotta Viikari, direttrice dell’Istituto di legge dell’aria e dello spazio nell’Università di Lapland, in Finlandia – che restaurare il patrimonio storico e culturale in un ambiente come quello spaziale può rivelarsi impossibile. Se le impronte degli astronauti fossero spazzate via, sarebbero perse per sempre».

E non basta. La Base della Tranquillità, come la definì Armstrong dopo l’allunaggio, si trova in una zona grigia, e non per via della polvere, ma delle leggi esistenti. «Secondo il trattato Onu per la protezione dello spazio esterno del 1967 – aggiunge Viikari – i corpi celesti non possono appartenere ad alcuno Stato: sono aree internazionali. D’altro canto la Convenzione sui patrimoni dell’umanità prevede che ogni Stato presenti la lista dei siti che intende includere nell’elenco, ma può farlo solo per quelli presenti sul proprio territorio». In altre parole, i punti di allunaggio degli Apollo non possono essere reclamati dagli Usa come territori propri. E per questo motivo gli stessi Usa non possono presentarli all’Unesco come «Patrimoni dell’Umanità». Un pasticcio legale che minaccia l’operazione.

Viikari non vede prospettive nel breve termine: «Nel prossimo futuro non penso che sia probabile che la comunità internazionale faccia passi significativi. Ci sono problemi molto più pressanti nel campo del diritto spaziale, come la questione dei detriti in orbita». E tuttavia negli Stati Uniti c’è chi non si arrende. California e New Mexico hanno inserito la zona dell’Apollo 11 nei loro registri di Stato, con l’obiettivo di farla diventare patrimonio storico degli Usa.

Un po’ meglio vanno le cose per gli oggetti sulla Luna: secondo il diritto internazionale, restano di proprietà americana e sarebbe illegale portarli via. Ingombranti come la parte inferiore del Lem o più piccoli come i vari strumenti e le bandiere, sono stati tutti censiti. Solo per l’Apollo 11 ne sono 106. La Nasa, intanto, ha stilato le raccomandazioni per chi voglia avvicinarsi ai siti sulla Luna. Il documento stabilisce come sorvolare la zona, a che distanza può scendere un veicolo (non oltre due km), quanto vicino può arrivare un rover (massimo 75 metri) e perfino la velocità massima.

Un po’ di ottimismo, comunque, c’è: è improbabile che qualcuno voglia passare alla storia come il distruttore del celeberrimo «primo passo».