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 2012  novembre 21 Mercoledì calendario

QUEI VENTI «PRECARI» DELLA REGIONE SICILIA

Chi viene assunto senza concorso per amicizia, per tessera o per fedeltà politica ha davvero diritto all’assunzione a vita? Lo scontro tra il nuovo governatore siciliano Rosario Crocetta e gli addetti del sovrabbondante ufficio stampa della presidenza della Regione Siciliana, difesi a spada tratta dal sindacato e dall’Ordine dei giornalisti, è un’occasione per fare chiarezza. Sono anni, infatti, che periodicamente si ripropone la stessa storia.
Lo abbiamo già scritto e lo ripetiamo: la legge dice che nei posti pubblici (ci mancherebbe altro!) si accede per bandi pubblici. È un principio per tutelare nell’ordine gli interessi dell’ufficio pubblico (che deve essere messo nelle condizioni di massima efficienza), degli assunti (che non possono essere ricattati) e di tutti i cittadini che hanno il diritto a concorrere per questo o quel posto senza essere scavalcati da Tizio solo perché è guelfo o Caio solo perché ghibellino.
Unica eccezione, giusta, quella di alcuni specifici ruoli. Come quella dei portavoce. Dov’è indispensabile un rapporto di fiducia: un deputato pidiellino non accetterebbe mai di vedersi assegnare un collaboratore vendoliano, uno bersaniano mai di vedersi assegnare un casiniano. Totò Cuffaro voleva degli addetti stampa di sua piena fiducia? Non ci sogniamo di contestarlo.
Proprio perché si tratta di assunzioni dettate dal rapporto di fiducia, però, devono essere provvisorie. Ovvio. E invece già un sacco di volte, dalla Calabria al Friuli, dalla Sardegna al Veneto, cosa è accaduto? Che persone assunte senza concorso («tanto si tratta solo di un contratto a scadenza, legato al mandato di chi è stato eletto») sono state poi stabilizzate. In ruoli più «istituzionali». Tagliando fuori tutti coloro che avrebbero potuto aspirare a quei posti, magari avendo curriculum migliori che per motivi po-li-ti-ci non erano riusciti però a fare valere. Tornando al caso della Regione Siciliana, c’è da sperare che le parti riescano a individuare una soluzione. Buttare in strada una ventina di persone (e le relative famiglie) coi tempi che corrono, è una responsabilità da non dormirci di notte. Che sul principio abbia ragione Crocetta, però, è dannatamente difficile da contestare.
Erano quattro, sei anni fa, gli addetti stampa della presidenza. E quando Cuffaro decise di prenderne in un colpo solo altri venti senza concorso, sulla base del puro rapporto fiduciario, riconoscendo loro contratti da caporedattori e stipendi che i colleghi di altre regioni non si sognano neppure, scoppiarono polemiche aspre. Seguite da due inchieste. Una della Corte dei conti, l’altra della Procura. Inchieste finite con l’assoluzione di Cuffaro e del successore Lombardo sulla base di un principio riassunto dalla sentenza del febbraio scorso dove la Corte dei conti scriveva che si trattava non di una assunzione stabile ma di «un rapporto di collaborazione caratterizzato da assoluta precarietà: in qualsiasi momento esso può essere oggetto di risoluzione da parte dell’amministrazione». Una tesi che oggi diventa fastidiosissima...
Gian Antonio Stella