Piero Negri, La Stampa 21/11/2012, 21 novembre 2012
IL FILM SU GIGI MERONI
Il lavoro di truccatori e parrucchieri è stato eccezionale, e l’attore ci ha messo del suo. A volte, durante le riprese, realizzate in gran parte a Torino e un po’ a Genova, sui luoghi in cui Gigi Meroni visse davvero, c’è chi si è sorpreso ed emozionato nel ritrovarsi improvvisamente di fronte l’idolo della propria giovinezza. «È stato un piacere girare questo film a Torino dice Alessandro Roja - un po’ perché la città accoglie sempre bene la gente del cinema, un po’ perché qui la memoria di Meroni è ancora vivissima, piena di affetto. Mi è successo di vedere lacrime negli occhi di chi assisteva alle scene».
Le riprese si sono concluse ieri, da oggi la compagnia si scioglie, il film per la televisione La farfalla granata , tratto dall’omonimo libro in cui Nando Dalla Chiesa racconta la breve e tumultuosa vita di Gigi Meroni, uscirà su Rai 1 nei prossimi mesi, non è chiaro quando. E ora Alessandro Roja, che Meroni ha interpretato e prima ancora pensato, spiega che «non si tratta tanto di un film sulla sua vita, quanto sul segno che ha lasciato, sulle tracce che ci portano a lui».
Di Meroni Roja aveva una conoscenza non particolarmente approfondita («Sapevo quelle cose che tutti gli appassionati di calcio sanno, avevo visto in tv la puntata di Sfide a lui dedicata»), ha letto il libro di Dalla Chiesa, naturalmente, poi tutto il materiale che è riuscito a trovare, ha studiato con particolare attenzione le interviste e le immagini disponibili: «E dopo un po’, ho capito. Non dovevo cercare di imitarlo alla perfezione, quanto capire cosa quella persona mi stava dicendo, che cosa comunicava a me, qui e ora. Ho provato ad ascoltarlo».
E così Meroni gli ha parlato, con dolcezza: «Mi sono trovato di fronte a un anticonformista, un esibizionista, almeno sul campo di gioco, un egocentrico che sapeva molto bene che non sarebbe mai passato inosservato. Un uomo che disegnava i suoi stessi vestiti, che era dieci anni avanti rispetto al resto del Paese, che giocava a pallone come nessuno allora, che aveva il coraggio di innamorarsi di una donna separata, grande scandalo nell’Italia che ancora ricordava il caso di Coppi, e che però era privo della minima traccia di violenza, di aggressività. Questo è il mio Meroni».
Quando un attore porta sullo schermo, piccolo o grande che sia, un personaggio quasi contemporaneo (Meroni morì nel 1967, a 24 anni, travolto da un’auto in corso Re Umberto, a Torino), del quale per di più siano disponibili testimonianze audio e video, ci si chiede fino a dove sia giusto spingere l’imitazione. Roja, classe 1978, ha scelto di farsi ispirare da un grande del nostro cinema: «Ho pensato a Gian Maria Volontè, un attore che ha cambiato la storia della mia professione, e alle sue interpretazioni, mai mimetiche al 100 per cento, sempre vicine al modello ma sempre al servizio della storia. Per il film di Carlo Virzì I più grandi di tutti avevo studiato minuziosamente l’accento del mio personaggio, che veniva da un paese nei pressi di Livorno. Ero riuscito a imitarlo perfettamente, e quell’esperienza mi ha aperto gli occhi: pochissimi hanno capito e apprezzato lo sforzo, per tutti ero, giustamente e semplicemente, un livornese. L’immedesimazione nel ruolo deve essere più sottile, passare attraverso la mediazione dell’attore».
Da Torino a Napoli, Roja si ritroverà tra pochi giorni su un nuovo set, quello dei fratelli Manetti, per un film di cui per il momento non può e non vuole parlare. Nei prossimi mesi, inoltre, tornerà a teatro per le ultime repliche di Misterman , in cui è solo in scena: «Ho studiato al Centro sperimentale di cinematografia - dice - e per questo tutti mi considerano prima di tutto un attore di cinema. In realtà, non voglio fare distinzioni: è chiaro che il lavoro per la tv e il teatro è molto diverso, ma ho deciso di non ammetterlo neanche a me stesso, ho deciso di non pensarci mai».
Alla televisione, e a quel forse irripetibile miracolo di tv di qualità che fu il Romanzo criminale di Stefano Sollima e di Sky, lui del resto deve molto: «Un’esperienza fantastica, indimenticabile, che ha creato amicizie vere. Con i colleghi di quella serie mi sento sempre, ci teniamo in contatto quasi ogni giorno, anche solo con un semplice Sms. E il segreto di quel successo fu la meritocrazia: nessuno arrivò là per altre ragioni che non fossero gli infiniti provini, tutti, con percorsi diversi, ci arrivammo al momento giusto. E nessuno mai diede meno del 110 per cento in ogni singola scena. Poco prima, avevo fatto un provino con Marco Tullio Giordana, che mi disse una frase che non dimenticherò mai: “Sei come un campo ben irrigato”. Non mi prese per il suo film, ma mi diede la forza di fare tutto ciò che ho fatto».