Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
A Rimini è in corso il XVII congresso della Cgil, congresso a cui il presidente del consiglio Renzi non è vistosamente andato. La Camusso, che ha pronunciato ieri il suo lungo, complesso discorso gli ha risposto per le rime: non lo ha mai nominato e ha accusato il governo di «torsione democratica».
• Un’espressione nuova. La democrazia viene «torta» perché Renzi era presente allo stadio di Roma, ma non al Palacongressi di Rimini?No, la democrazia viene torta perché Renzi dice di accettare idee da tutti sui provvedimenti che prende, specialmente per quanto riguarda il Jobs Act, ma non vuole aprire un tavolo con i sindacati dei lavoratori e dei padroni. La «torsione», cioè la «distorsione» (ma questa parola, più esatta, sarebbe probabilmente suonata troppo forte), è questa. La democrazia - è l’assunto - vacilla se le parti sociali non sono coinvolte. Eccetera eccetera. Leggiamo qui la ben nota nostalgia della concertazione, e il punto è evidentemente capitale. Senonché la concertazione tra due contraenti ha senso quando tutti e due hanno qualcosa da dare e, per esempio nel 1993 quando la pratica della concertazione divenne pressoché istituzionale (governo Ciampi), il sindacato poteva offrire moderazione salariale e, soprattutto, un seguito, un consenso tra i lavoratori. La questione oggi è esattamente questa, e sul punto non abbiamo sentito dalla Camusso neanche una parola: la Cgil ha un seguito che non sia fatto di pensionati? La sua presenza sui luoghi di lavoro è ancora significativa? Può, la Cgil, volendo, portare centinaia di migliaia di persone in piazza a protestare contro un qualche provvedimento che ritenga ingiusto? Camusso ha bellamente ignorato queste questioni centrali, al cui fondo c’è la domanda su che cosa sia diventato oggi il sindacato, e quanta verità vi sia nel sospetto che si tratti ormai di organizzazione autoreferenziale, preoccupata soprattutto della propria sopravvivenza. Se un premier affamato di consenso e popolarità crede di poterla eliminare senza danno dal novero dei suoi interlocutori una ragione ci sarà. È mancata, nel lungo discorso di ieri, una riflessione laica su questo, e senza questa riflessione - lo ha detto ancora Napolitano pochi giorni fa e la Camusso s’è guardata bene dal rispondergli ieri - è difficile che la Cgil, la Cisl e la Uil recuperino uno spazio coerente con le questioni di oggi.
• Che cosa ha detto alla fine?
Sul punto del rapporto con la politica, cioè con Renzi, l’intero passaggio è questo: «Contrastiamo e contrasteremo l’idea di un’autosufficienza del Governo, che taglia non solo l’interlocuzione con le forme di rappresentanza, ma ne nega il ruolo di partecipazione e di sostanziamento della democrazia. Una logica di autosufficienza della politica che sta determinando una torsione democratica verso la governabilità a scapito della partecipazione». Il sindacato, secondo Camusso, non è «orfano, ma protagonista». Eccetera. Il segretario ha detto molte altre cose che risulta impossibile riassumere qui. Ma varrà la pena di mettere in evidenza un paio di punti molto concreti e simbolici di tutto un modo di ragioanre. Il primo, che tocca davvero tutti noi, riguarda la cassa in deroga. Il secondo quello della formazione.
• Che cos’è la cassa in deroga?
La cassa integrazione è finanziata dalle trattenute sulle buste paga. La cassa in deroga è quella a cui si ricorre quando i soldi versati allo scopo da lavoratori e datori di lavoro sono finiti: significa che, da quel momento in poi, si attinge alla fiscalità generale, cioè alle tasse che paghiamo. Ha scritto Enrico Marro sul Corriere della Sera di ieri: «Gli strumenti in deroga si sono trasformati in un sussidio permanente». Poco meno di sei miliardi tra il gennaio 2009 e il luglio 2013. Di questi, 2,5 miliardi sono stati erogati nel 2013. Chiariamo subito che sono soldi buttati dalla finestra: le aziende che ricorrono alla cassa in deroga sono nella stragrande maggioranza dei casi morte o moriture. Siamo dunque in presenza di uno spreco. E uno spreco è anche la cosiddetta formazione (benevolmente la Corte dei Conti ha giudicato la gran parte degli interventi di formazione «generalistici»). Beh, Camusso chiede l’unificazione di tutte le casse e «una nuova indennità di disoccupazione»: il problema delle coperture non si pone. Quanto alla formazione, si auspica «un sistema formativo vero che integri gli ammortizzatori ed efficaci strumenti di incrocio tra domanda e offerta». Qualunque cosa significhi quest’ultimo passaggio, anche la Cgil, si direbbe, si allontana dalla concertazione: non ha in realtà niente da offrire all’eventuale controparte che la facesse sedere al tavolo. Nel discorso c’è stata persino la difesa del carrozzone Covip, intoccabile perché guidato da un ex boss cislino.
• Sul decreto lavoro?
Negativo. «Va nel verso dell’ulteriore precarizzazione». Cgil si illude, o ci illude, che possano tornare i tempi del posto fisso a vita, con tutte le garanzie. Un modo sicuro per non affrontare il tema scottante del governo della flessibilità, ineludibile purtroppo ai nostri tempi.
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