Marco Bellinazzo e Alessandro Galimberti, Il Sole 24 Ore 7/5/2014, 7 maggio 2014
SEGRETO BANCARIO VERSO L’ADDIO
Svizzera e Singapore hanno ufficialmente deciso di uscire dalla black list dei paradisi fiscali difensori del segreto bancario allinenadosi ai criteri di trasparenza fiscale imposti dagli Usa.
Con l’intesa, raggiunta ieri in sede Ocse a Parigi, sulla adesione al protocollo per lo scambio automatico di informazioni bancarie - che andrà a regime nel 2017 – la quarta e la quinta piazza finanziaria del globo si sono impegnate a svelare la situazione patrimoniale dei propri correntisti ai Paesi (soprattutto alle autorità fiscali) d’origine. Ciò significa, tra l’altro, che le banche delle due capitali finanziarie non accetteranno più denaro senza la preventiva dichiarazione di "tassazione assolta", fatta sotto la responsabilità, anche penale, dal cliente.
Il protocollo sullo scambio automatico si applicherà a 44 paesi già firmatari (i cosiddetti "early adopters"), ma potrebbe estendersi anche ad altri paesi Ocse e del G-20 (tra cui Russia, Cina, Brasile, Indonesia) che potrebbero partecipare al prossimo incontro di fine maggio a Parigi.
All’intesa di ieri di Berna e Singapore, che ha un significato simbolico enorme - vista la loro posizione nel ranking finanziario mondiale e per le cifre di "nero" in ballo – dovrà comunque seguire un periodo di messa a regime piuttosto lungo, sotto il cappello di accordi politici tra gli Stati. Percorso che dovrebbe avere una tappa cruciale a fine ottobre a Berlino, in occasione del Forum mondiale sulla trasparenza fiscale.
Il modello di riferimento per il nuovo sistema Ocse è il Fatca di matrice Usa (Foreign Account Tax Compliance Act), ma è ancora più gravoso rispetto al modello statunitense. Si tratta dello standard globale basato sullo scambio automatico delle informazioni fiscali, il cosiddetto Crs, Common Reporting Standard, approvato dall’Ocse a fine gennaio. Lo scorso marzo erano appunto 44 i Paesi che si erano formalmente impegnati a implementarlo secondo un calendario che, nel dettaglio, prevede per gli intermediari finanziari l’obbligo di raccogliere le informazioni sia sui conti intrattenuti al 31 dicembre 2015 sia su quelli aperti successivamente da cittadini stranieri, mentre il primo invio di informazioni tra le autorità fiscali avrà luogo nel 2017.
Il Common reporting standard (Crs) Ocse impone a tutti i clienti di banche e degli altri intermediari finanziari coinvolti (compagnie assicurative vita, Sim e Sgr) di autocertificare la propria residenza fiscale, mentre il sistema Usa lascia l’opzione a questi ultimi di ricavare i dati dalla documentazione già fornita per aprire il conto. Più in generale le differenze tra Crs Ocse e Fatca Usa sono determinate dalla natura multilaterale dello scambio del primo e dunque dalla necessità di dover contemperare le esigenze di diversi Paesi. Lo standard Ocse prevede infatti che le giurisdizioni aderenti ottengano informazioni sensibili dalle istituzioni finanziarie su tutta la propria clientela con residenza fiscale estera e non solo su quella statunitense.
Vi sono poi numerose differenze che potrebbero tradursi per gli intermediari in un ulteriore costo oltre a quello già sostenuto per l’adeguamento a Fatca. Tra queste, le principali sono rappresentate, come detto, da regole più stringenti per l’identificazione della clientela, da un diverso concetto di residenza fiscale che nel caso degli Stati Uniti si fonda sulla cittadinanza e dall’eliminazione in alcuni casi delle soglie (opzionali) di esenzione dagli obblighi di adeguata verifica. Mentre il Fatca Usa per le persone fisiche prevede delle soglie sotto le quali non è obbligatoria censire i clienti (come l’apertura di un conto per meno di 50mila dollari), nella disciplina Ocse queste soglie non esistono, per cui la due diligence va sempre effettuata. È plausibile che il diverso ambito soggettivo cambierà anche l’ordine di grandezza dei soggetti da gestire in termini di identificazione e segnalazione (si potrebbe passare da circa 0,5% di soggetti Usa a oltre il 3-5% di soggetti esteri da "lavorare"), aumentando lo sforzo operativo per far fronte al nuovo volume di adempimenti.
Lo standard per lo scambio automatico dei dati Ocse comprende inoltre un modello di Competent Authority Agreement, vale a dire uno schema di accordo contrattuale tra le autorità fiscali competenti che definisce le modalità di scambio automatico, nonché la tipologia di informazioni anagrafiche e finanziarie che ne costituiscono l’oggetto, insieme alle regole applicabili in caso di non-compliance. Il documento Ocse declina, inoltre, le procedure di adeguata verifica ("due diligence") che si dovranno adottare al fine di identificare e classificare la clientela, ma lascia molte questioni irrisolte, a partire dallo strumento giuridico che sarà utilizzato per dare attuazione a tale standard. L’Ocse sta lavorando a un commentario da pubblicare a giugno.
Marco Bellinazzo e Alessandro Galimberti, Il Sole 24 Ore 7/5/2014