Fabio Monti, Corriere della Sera 7/5/2014, 7 maggio 2014
ZANETTI NON VA PIU’ DI CORSA
«Questa è l’ora di smettere ma avrò mille cose da fare» Lo stop dopo 1.112 partite, 856 con l’Inter MILANO — Il capitano ha detto stop. La notizia era più che attesa, ma le parole di Javier Zanetti, 41 anni il 10 agosto, danno il senso di una stagione che si chiude davvero. Dopo il cambio da Moratti a Thohir, l’annuncio del giocatore che ha attraversato la storia nerazzurra per 19 anni. L’ufficialità è arrivata in un’intervista a La Nacion : «Sento che è il momento giusto per farlo. Perché il calcio mi ha dato tantissimo e io mi sono goduto ogni attimo. Perché dopo l’infortunio al tendine d’Achille del 28 aprile 2013, volevo dimostrare di poter tornare comunque ad essere competitivo e ci sono riuscito. Mi sento completo e realizzato: ritirarsi a 41 anni è una sensazione impagabile. Per me è una cosa che ha un valore immenso ed è l’ora per farlo. Niente sarà più come prima, molte cose mi mancheranno, a cominciare dallo spogliatoio, però sono già pronto perché continuerò a lavorare nel calcio e questo mi manterrà vivo. Spero che non sia necessario mettersi giacca e cravatta. Sognavo di finire la mia parabola all’Inter, a casa mia, e ci sono riuscito. È stata una scelta di vita quella di chiudere la carriera in Italia, e da adesso, nelle funzioni di manager sportivo, cercherò di essere utile alla squadra anche fuori dal campo. Si aprirà un nuovo mondo e ciò mi entusiasma. Ci saranno mille cose da fare».
Zanetti ha annunciato l’addio in un giorno speciale: il 6 maggio 1998 aveva vinto la Coppa Uefa, a Parigi, nella finale con la Lazio (3-0) ed era stato lui a segnare il secondo gol, dopo Zamorano e prima di Ronaldo, uno dei tre giocatori più forti con i quali ha giocato: «Gli altri sono Baggio e Messi». Primo trofeo per lui, primo per Moratti, che così ha raccontato la scelta di acquistarlo nell’estate 1995 dal Banfield: «Prima di prendere l’Inter, mi era arrivata una cassetta dell’Argentina Under 21 per farmi vedere Ortega. Vedo un pezzettino di partita e Ortega non mi aveva nemmeno entusiasmato, ma noto questo terzino che faceva cose mai viste: sette avversari dribblati in un colpo solo, forza fisica, volontà, classe. Di solito, quando si prende una squadra si notano centrocampisti o attaccanti e aver puntato su un terzino è già un fatto anomalo. Arrivato all’Inter, segnalo che quello è il primo giocatore da prendere. C’erano alcune persone in Argentina, che mi avevano chiamato per sapere se l’operazione andava conclusa. Io e mio figlio riguardammo la cassetta: perfetto, procediamo».
Zanetti lascerà il 18 maggio; fin qui ha giocato 1.112 partite ufficiali (856 nell’Inter, 613 più tre spareggi in campionato). Davanti a lui, soltanto tre portieri: l’inglese Peter Shilton (1.390), il brasiliano Rogerio Ceni (1.120) e un altro inglese, Ray Clemence (1.118). Ma due sono le partite che vorrebbe rigiocare: «La finale di Champions contro il Bayern nel 2010, per rivivere la notte di Madrid. E la gara contro la Svezia, quell’1-1 che ci era costato l’eliminazione dal Mondiale 2002 nel girone». Sabato con la Lazio l’ultima volta a San Siro («anche se la curva Nord resterà chiusa, qualcosa ci sarà»), poi Verona: «Quando finirà la partita contro il Chievo, sono sicuro che mi passerà davanti tutta la carriera. Mia madre, mio padre, mia moglie, i miei tre figli, tutta la gente che mi ha sostenuto. Chissà come mi lascerò andare...»
All’Inter, Zanetti ha giocato quasi in tutti i ruoli, ma è stato Roberto Mancini a dare una nuova spinta alla sua carriera, trasformandolo da difensore in centrocampista e la sua forza in mezzo al campo ha cambiato il corso degli eventi. Avrebbe potuto segnare di più, ma i suoi gol sono sempre stati sempre pesanti, in particolare quello del 27 febbraio 2008, 1-1 alla Roma al 43’ della ripresa, fondamentale per lo scudetto n. 16. Professionista esemplare, Zanetti sarebbe diventato presidente, se Moratti non avesse ceduto il club; con Thohir avrà un ruolo, ancora da definire, ma questa Inter ha comunque bisogno di una figura come lui. E nel momento in cui Zanetti annuncia l’addio, ai tifosi nerazzurri verrà in mente la frase dei discepoli di Emmaus: «Mane nobiscum domine, quoniam advesperascit». La sera dell’Inter, la fine di una storia.