Claudio Plazzotta, ItaliaOggi 7/5/2014, 7 maggio 2014
SKY RILEVA GLI ASCOLTI IN PROPRIO
Audiradio gli editori ne han talmente parlato male che alla fine la società di rilevazione degli ascolti radiofonici è stata messa in liquidazione. Ma il tiro al piccione è proseguito su Audipress (misura i lettori della carta stampata), che secondo certi gruppi non sarebbe affidabile, su Audiweb (da cui alcuni escono, non ultimo Lettera43 o un polo non banale come .Fox che preferisce ComScore), per non dire di Auditel, dove l’esercizio quotidiano dei broadcaster televisivi è di sminuirne la veridicità (creando per esempio ricerche interne alla Smart Panel di Sky).
In un mercato degli investimenti pubblicitari che già di per sé vive una congiuntura negativa, tutte queste critiche al sistema delle Audi da parte degli editori si traduce in una certezza: le aziende investitrici, quando si siedono al tavolo delle trattative, pagano meno per la pubblicità, usando come motivazione principale proprio che quei dati di audience, su cui si forma il prezzo, sono ritenuti poco credibili dagli editori stessi.
Quotidiani, periodici, siti web, radio o televisioni, perciò, continuano a non capire che sarebbe il caso di far fronte comune e trovare un’intesa su una rilevazione condivisa, da proporre al mercato degli investitori senza se e senza ma. E non comprendono che il mercato stesso, a parte le dichiarazioni di facciata, non ha nessuna voglia di essere sommerso da una infinità di dati.
Soprattutto quello italiano, dove le pianificazioni si fanno, purtroppo, ancora «un tanto al chilo». Proprio l’altro giorno, conversando con Giuliano Cipriani, vice presidente e direttore generale di Discovery Media (concessionaria delle tv di Discovery, 5,8% di share in aprile, che dovrebbe chiudere il 2014 a quota 150 milioni di euro), il manager mi raccontava: «Noi abbiamo 470 clienti attivi (ovvero, 470 aziende che investono in pubblicità sui canali Discovery, ndr), molti mancano, perché ancora non ci conoscono, non hanno ben presenti i nostri canali. Poi, quando ci sediamo a parlare con loro, mi dicono: ah, sì, Real Time lo vede mia moglie. Oppure: ah, Dmax, certo, ma questo canale lo guarda mio figlio». Insomma, gli investimenti vengono decisi su spinte spesso emozionali, non corroborati da grande scientificità. «Guardi, su questo fronte mi consenta di tacere», aggiungeva Cipriani, «perché se ne vedono di tutti i colori».
In uno scenario del genere arriva il nuovo esperimento di Sky: si chiama Smart Panel, coinvolgerà, a regime, 10 mila famiglie italiane abbonate a Sky, e servirà, in sostanza, come una sorta di controllo della veridicità dei dati Auditel, il cui universo è, però, di 1.039 famiglie abbonate a Sky. Smart Panel è in grado di intercettare anche chi guarda un contenuto Sky in mobilità o dal web (audience non ancora monitorate o solo parzialmente monitorate da Auditel) e di misurare le interazioni con i social e le app.
Come ha spiegato Eric Gerritsen, vicepresidente esecutivo di Sky Italia per la comunicazione e gli affari istituzionali, «Auditel è una macchina d’epoca, nata nell’era analogica, che faticosamente viene adattata alle nuove stagioni della comunicazione. Il nostro sistema di rilevazione, invece, è strutturato da subito per la stagione nuova del digitale. Auditel ha tante rughe e capelli bianchi. Capita. Noi abbiamo uno strumento contemporaneo, coerente con l’epoca dei big data».
Ecco un’altra mazzata ai dati Auditel. Dati che poi Sky userà, ma con quale autorevolezza, per andare a vendere i suoi spot ai clienti e consolidarsi come terza concessionaria italiana con 350 milioni di euro raccolti nel 2013.
«Innanzitutto credo che il mercato degli investitori pubblicitari, da sempre, si fidi di più delle persone con i capelli grigi o bianchi che dei ragazzotti coi brufoli», risponde un po’ provocatoriamente Walter Pancini, direttore generale di Auditel, «ma voglio anche precisare che la novità di Sky ha fini puramente interni a Sky. Me lo ha confermato Andrea Mezzasalma, consigliere di Sky nel comitato tecnico di Auditel: Smart Panel non significa un divorzio di Sky da Auditel, ma serve solo per fini editoriali, e consente, magari un po’ più rapidamente, di verificare il successo o meno di un prodotto e di sistemare i palinsesti. D’altronde», prosegue Pancini, «è anche logico che sia così. Il panel di Smart Panel è composto esclusivamente da abbonati Sky, che sono il 20% della platea televisiva italiana, con comportamenti di consumo molto specifici. Non è, quindi, un panel rappresentativo dell’universo italiano. Quanto alle critiche mosse ad Auditel, ricordo sommessamente che ricerche forti danno più potere contrattuale agli editori. E comunque in tutta Europa ci si interroga su come misurare gli ascolti televisivi in mobilità o sul web. Anche sul tema degli ascolti differiti», aggiunge Pancini, «Auditel misura quelli dei sette giorni successivi alla messa in onda per una pura convenzione. Potrebbe anche andare oltre, ma al mercato degli investitori pubblicitari non interessa. Anzi, per Upa (Utenti di pubblicità associati, ovvero i principali investitori in pubblicità, ndr) ne sono sufficienti quattro».
E peraltro, va detto, è anche abbastanza inutile insistere sugli ascolti differiti per finalità di raccolta pubblicitaria: quando uno guarda su MySky un prodotto in modalità on demand, la pubblicità, semplicemente, la salta.
Claudio Plazzotta, ItaliaOggi 7/5/2014