Sara Faillaci, Vanity Fair 7/5/2014, 7 maggio 2014
“IL MIO COLPO PERFETTO. INTERVISTA A DJOKOVIC”
«Ielena è incinta. Diventeremo presto genitori! #blessed».
Ha scelto Twitter Novak Djokovic, numero due nella classifica mondiale Atp del tennis, per annunciare che aspetta il suo primo figlio dalla fidanzata storica Jelena Ristic.
Sceglie Vanity Fair, invece, per dare un annuncio altrettanto importante: «A settembre ci siamo fidanzati, ci sposeremo quest’estate», dice Novak detto Nole, al settimo cielo. Nato a Belgrado nella ex Jugoslavia, è già entrato nella storia del tennis: ha vinto sei titoli del Grande Slam, è stato numero uno al mondo dal luglio 2011 a ottobre 2013 (con una pausa di pochi mesi nel 2012 a favore dello svizzero Roger Federer), quando è stato spodestato dall’altro rivale di sempre, lo spagnolo Rafa Nadal. Dal 12 maggio lo vedremo a Roma, per gli Internazionali d’Italia al Foro Italico, uno dei suoi tornei preferiti.
Lo incontriamo a Montecarlo, dove vive e si allena. È un po’ preoccupato per un problema al flessore del braccio destro che si porta dietro dall’ultimo torneo, ma si illumina quando ci raggiunge lei, la donna della sua vita. Jelena, 28 anni, serba, è di una bellezza minuta ed elegante: capelli biondi lisci, ovale perfetto, un cardigan leggero a coprire il ventre ancora piatto nonostante sia al quarto mese di gravidanza. Si sono messi insieme nove anni fa grazie a un amico comune, il tennista serbo Viktor Troicki, che li ha presentati, e da allora non si sono più lasciati. Per tre anni è stata una relazione a distanza: lui impegnato a girare il mondo per scalare la classifica del ranking, lei a studiare a Milano, Economia in Bocconi; non è un caso che parlino tutti e due piuttosto bene l’italiano.
Ora per Nole, dopo gli eccezionali risultati raggiunti negli ultimi tre anni, grazie anche a un nuovo regime alimentare che il campione ha raccontato di recente nel libro autobiografico Il punto vincente – La mia strategia per l’eccellenza fisica e mentale, è arrivato il momento di pensare un po’ a sé.
Nole, perché ha scelto di diventare padre proprio adesso?
«Io e Jelena stiamo insieme da quasi nove anni. A settembre ci siamo fidanzati e adesso questo bambino arriva come un segno della vita, di Dio».
Lo cercavate?
«Ne avevamo parlato ma non ci siamo mai stressati con il pensiero “ora facciamo un figlio”. La prima volta che ci abbiamo provato davvero è successo: ho avuto grande precisione, non ho sbagliato».
Sapete già il sesso?
«Tra due settimane: sono curioso. Vengo da una famiglia di tutti maschi (ha due fratelli Marko e Djordje, entrambi tennisti, ndr), quindi mia madre vorrebbe una bambina, come del resto Jelena. Ma è solo il primo: voglio tantissimi figli».
Che cosa significa per lei diventare padre?
«La più bella cosa al mondo è poter trasferire la nostra esperienza di vita a un piccolino. Tutto cambia ora per noi: continuerò a giocare a tennis, ma la mia priorità ora sono la salute di Jelena e del bambino».
Fa effetto sentirlo dire da un uomo che ha fatto tanti sacrifici per arrivare in vetta.
«Non vivo per il tennis. Sto già pensando a che cosa farò dopo, ho progetti legati alla mia passione per un’alimentazione e uno stile di vita corretti. Come scrivo nel libro, nel 2010 avevo problemi respiratori. Un medico serbo mi ha visto alla televisione durante un incontro in cui non ero stato bene, mi ha contattato e mi ha trovato delle intolleranze alimentari, la più importante era al glutine. Tolto quello, sono rinato. All’inizio ho perso 5 chili, il mio staff era molto preoccupato, ma appena mi sono adattato ho avuto i tre anni più pazzeschi della mia carriera».
Anche per lei, come descrive bene Andre Agassi nel libro autobiografico Open, giocare ad alti livelli significa sofferenza?
«Per me il tennis è stato amore a prima vista, mi rende felice. I sacrifici si fanno, ovvio, ma se non li avessi fatti non sarei qui con lei oggi a mangiare risotto di mare sulla terrazza di un hotel 5 stelle a Montecarlo. La differenza tra me e Agassi è che forse lui aveva l’unica fonte di soddisfazione nel tennis, per me non è così. Mi ha deluso quando ha ammesso, nel libro, di aver preso sostanze illecite durante la carriera. Anche se non sono servite a migliorare le sue performance, contrastano con l’idea che io ho del tennis: sacrificio, disciplina, rigore, onestà».
Agassi ha avuto un padre che lo costringeva a colpire 2.500 palline ogni giorno. Il suo come è stato?
«Molto forte, ha sempre creduto in me anche quando io non ci credevo, mi ha spinto ma in modo positivo, incoraggiandomi. Ci sono stati anche periodi di conflitto: verso i 18 anni, quando ho iniziato a viaggiare, ad avere amici, la fidanzata, lui ha dovuto accettare che la famiglia non fosse l’unica fonte di crescita e di amore. Non è stato facile, la nostra cultura è molto simile alla vostra italiana. Per fortuna non ha potuto mai interferire sul piano tecnico perché non ha mai giocato a tennis».
Ha dichiarato che da bambino il suo mito era Sampras, il grande rivale di Agassi.
«Sì, ma il mio gioco è più simile a quello di Agassi. Andre, oltre a essere un campione, ha rivoluzionato il mondo del tennis con le pettinature, i vestiti, i comportamenti anticonvenzionali ed è entrato nel cuore della gente».
Anche lei ha avuto in campo comportamenti anticonvenzionali quando ha fatto le imitazioni dei suoi colleghi. Come le è saltato in mente?
«Fin da piccolo amavo guardare i campioni per prendere da loro delle cose. La prima volta che ho imitato Sharapova e Nadal in campo, è stato sull’onda dell’adrenalina. Quando poi mi sono rivisto a freddo a casa, ho pensato: avrò dei problemi perché qualcuno si arrabbierà».
È successo?
«All’inizio erano tutti divertiti ma un bel gioco dura poco. Ho smesso di farle in campo ma non fuori. Il miglior imitatore dei tennisti comunque non sono io, ma un certo Andrés Carrasco, un ragazzo spagnolo, che mette i suoi video su YouTube: dovrei andare a lezione da lui».
Tra Nadal e Federer con chi andrebbe a cena?
«Nadal, ed è anche successo. Non possiamo essere amici, siamo rivali, ma proprio perché abbiamo giocato insieme quaranta partite e condiviso i momenti più belli e più drammatici della carriera, è una persona importante della mia vita».
È vero che è amico di Fognini?
«Sì, e in Serbia tutti lo adorano. L’ho visto molto migliorato, è maturato. Certo, deve ancora imparare a controllare la sua personalità esuberante ma non deve cambiare: sono pochi i giocatori con carisma che arrivano così in alto».
Merito dell’amore con la Pennetta?
«Flavia, che è un’amica, l’ha aiutato sicuramente. Sono felice per loro, che si siano innamorati, noi l’abbiamo saputo ben prima che la stampa italiana lo scoprisse».
Da bambino ha vissuto la guerra. Si sente serbo?
«Ho festeggiato i miei 12 anni a Belgrado proprio nei due mesi dei bombardamenti Nato, il rumore degli aerei militari copriva la voce dei miei amici che cantavano Happy Birthday: sono cose che non dimentichi. Hanno distrutto gran parte del mio Paese, ma la gente si è unita ancora di più, anche se la Serbia oggi è ancora molto povera. Ho creato la mia fondazione (novakdjokovicfoundation.org) proprio per dare la possibilità ai bambini di avere un’istruzione: l’opportunità di cambiare la propria vita è la cosa più importante».
Lei, a causa del tennis, a scuola c’è andato poco.
«Mi sono mancate le vacanze con gli amici, l’università; ma viaggiare, lo sport mi hanno permesso di frequentare l’ambiente giusto».
Le sono mancate anche le ragazze?
«Piacevo ma non ho avuto relazioni serie: non avevo tempo. Poi ho conosciuto Jelena. Ero un disastro, però mi sono innamorato, e volevo che funzionasse».
La guarda, fiero. La prima volta che Jelena è apparsa in tribuna a vederlo e gli chiesero chi fosse, lui rispose: «Miss Universo». In realtà era l’universo per lui. Jelena non ha mai fatto la modella, non ama i riflettori. Oggi lo segue durante i tornei per dargli amore ed equilibrio («Sono la parte ludica che compensa i sacrifici», scherza) e dirige la fondazione occupandosi anche della raccolta fondi.
Jelena, come si vive per 9 anni da fidanzata di un campione?
«Non era quello che immaginavo per me da bambina, ma nemmeno Nole pensava di arrivare a questo livello. Ci conoscevamo di vista da qualche anno perché anch’io giocavo a tennis. Nole mi ha detto subito che non poteva avere una relazione perché dopo un po’ le ragazze si lamentavano che lui non c’era mai. Era chiaro che fosse concentrato sul tennis, e che quello fosse il suo obiettivo».
E lei?
«Gli ho risposto che allora eravamo perfetti perché anch’io stavo per andare a studiare a Milano e dovevo concentrarmi sull’università. Avrei dovuto trovare un ragazzo italiano per fare pratica con la lingua, ma alla fine lui mi ha convinta».
Interviene Nole: «Ho deciso di giocarmi il punto vincente, sono sceso a rete, ho fatto lo smash ed è andata».
Come avete gestito la distanza, Jelena?
«Ci vedevamo ogni due settimane, ma parlavamo tanto al telefono. Stare lontani ci ha permesso di prenderci del tempo, eravamo ragazzini e dovevamo capire che cosa volevamo. Ci siamo sempre sostenuti nei momenti di difficoltà, non siamo mai stati gelosi perché anche delle tentazioni possibili abbiamo sempre parlato, con grande onestà. Lui ha un sacco di donne intorno. Ma ormai è fuori dal mercato».
Nole, la pazzia più grande che le fan hanno fatto per lei?
«Le cinesi sono le più scatenate. La cosa più interessante che mi è capitata è stata quando una ragazza mi ha chiesto di farle l’autografo sulle tette».
Interviene Jelena: «Intendi il décolleté».
«No, Jelena, erano proprio le tette».