Pietro Veronese, la Repubblica 7/5/2014, 7 maggio 2014
SUDAFRICA AL VOTO CON IL “FATTORE R”
Oggi si vota e i manifesti elettorali, appesi ad ogni lampione, ogni semaforo, ogni incrocio, già sbiadiscono al sole. I seggi sono pronti da un pezzo, debitamente segnalati da apposite frecce. La macchina delle elezioni gira a pieno regime, anche se la presidente della Commissione nazionale che deve sorvegliarne il corretto svolgimento è stata trascinata in tribunale da diversi partiti. Sarà pure bloccata, con lo stesso partito che si appresta a governare per altri cinque anni, totalizzando un quarto di secolo filato; ma la democrazia sudafricana è viva. Sarà pure disincantato, scettico sulle possibilità di miglioramento, annoiato da una lotta politica che sembra assumere modi sempre più rituali; ma il Sudafrica celebra questo appuntamento con una straordinaria aria di normalità. Il trauma della scomparsa di Nelson Mandela, cinque mesi fa, sembra dimenticato: i monumenti al grande liberatore spuntano come funghi ma il suo nome, nella campagna elettorale, è stato evocato solo marginalmente.
Qui si vota con il proporzionale puro, senza preferenze. La scheda riporta solo i nomi dei partiti, i simboli, e le facce dei leader. Analogamente i manifesti elettorali per le strade. Ecco Jacob Zuma, presidente uscente dalla popolarità ai minimi storici, ma sicuro di essere riconfermato. Ecco Julius Malema, il nuovo demagogo dei ghetti neri, detto “il Chávez sudafricano”. Ecco Mamphela Ramphele, l’antica compagna di Steve Biko, di nuovo in campo contro le malversazioni e per il buongoverno; ecco l’immarcescibile leader zulu Mangosuthu Buthelezi, 86 anni, che si ostina a ripresentare il suo partito etnico da tempo sul viale del tramonto. Ed ecco, giovane, dinamico, seduttivo, onnipresente, il 34enne Mmusi Maimane, che per la Democratic Alliance sfida il predominio dell’African National Congress nella regione di Johannesburg. Di facce bianche, sui manifesti, praticamente non se ne vedono.
Ecco, la Grande Questione della società sudafricana, il “Fattore R” come razza, la polarizzazione tra bianchi e neri che fu la maledizione della sua storia, sembra evaporata in questa campagna elettorale. La denuncia lanciata appena la settimana scorsa da colui che fu l’ultimo presidente bianco del Sudafrica, il Nobel de Klerk — «oggi sono i bianchi ad essere discriminati» — ha fatto scalpore all’estero ma qui è passata quasi inosservata. È come se un ventennio di correttezza politica sulla “nazione arcobaleno” avesse lentamente portato a accantonare il “Fattore R”, traghettando il Sudafrica verso una compiuta democrazia multirazziale. Naturalmente la storia non è affatto finita, come ci ha confermato in prima persona Helen Zille, leader della Democratic Alliance: «La razza conta ancora moltissimo in questo Paese», ha detto. Proprio per questo la Zille ha sapientemente lasciato il proscenio della campagna elettorale a Maimane (che ha una moglie bianca, Natalie) e alla sua coetanea Lindiwe Mazibuko. L’operazione ha funzionato, oggi la Democratic Alliance non è più vista come «il partito dei bianchi» e cresce costantemente nei sondaggi. Ai suoi comizi sembra davvero di vedere riunita la «nazione arcobaleno».
Non tutti la pensano così. A prendersela direttamente con i bianchi, accusati di aver ceduto il potere politico ma di tenere stretta nelle proprie mani la ricchezza del Sudafrica, c’è Julius Malema con i suoi Economic Freedom Fighters, che potremmo tradurre «guerriglieri dell’economia». Quelli col basco rosso. Trentatré anni, diventato da povero a ricchissimo attraverso i soliti intrecci tra politica e affarismo, è lui la variabile fuori controllo di questa campagna elettorale. I suoi comizi tra i giovanissimi dei ghetti più poveri o tra i minatori in sciopero sono sempre trionfali, ma dalle urne non dovrebbe ottenere più del 5 per cento, dicono i sondaggi. Malema non si fa scrupolo di aizzare le tensioni razziali; ma è l’unico, ed è minoritario. Il tema numero uno della campagna elettorale, almeno di quella dell’opposizione, è stato la corruzione del potere. Il suo bersaglio il presidente Zuma e il suo partito, l’Anc, che vent’anni fa liberò il Sudafrica ma ne controlla da troppo tempo tutte le leve di comando. C’è in Sudafrica una nuova razza padrona, dicono insomma i partiti dell’opposizione. Ma non ha necessariamente la pelle bianca.
Pietro Veronese, la Repubblica 7/5/2014