Stefano Carina, Il Messaggero 7/5/2014, 7 maggio 2014
SICUREZZA, I CLUB IN RIVOLTA MA CAIRO APRE: PARLIAMONE
ROMA Le parole del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi («Tra giugno, luglio e agosto convocheremo le società e porteremo un principio fondamentale: le società dovranno anche prendersi cura del pagamento dell’ordine pubblico, non voglio che paghino i cittadini») agitano il mondo del calcio. Se molti club preferiscono non intervenire sulla questione - non volendo «prestarsi al gioco delle istituzioni che hanno bisogno di trovare soluzioni rapide ed efficienti per placare il mal di pancia dell’opinione pubblica» - altri, come il presidente del Bologna, Albano Guaraldi, respingono al mittente la proposta: «È lo Stato che deve garantire la sicurezza, noi paghiamo già milioni di tasse. Le società fanno già molto, mettendo gli stewards e garantendo, di fatto, la sicurezza dentro gli stadi». Parole condivise anche da Silvio Berlusconi: «Non credo sia utile e possibile per due motivi. In primis tutte le società presentano bilanci difficili, molti in deficit e non possono permettersi questa spesa. Inoltre non avrebbero mai la competenza per un’efficace sistema di sicurezza».
C’è poi la variabile-Lotito: «Se Renzi pensa che le squadre di calcio debbano pagare le spese per la sicurezza delle manifestazioni sportive, allora deve mettere i club in condizione di realizzare gli stadi di proprietà come avviene da tanti anni in tutti i paesi calcisticamente rilevanti. Soltanto in questa ipotesi le società potranno consentire l’accesso unicamente alle persone rispettose delle regole del vivere civile alle manifestazioni sportive e quindi garantirne a loro spese la sicurezza e la regolarità». Insieme al presidente della Lazio, uno dei pochi a non bocciare a priori la proposta del presidente del Consiglio è Urbano Cairo, proprietario del Torino.
Presidente, cosa pensa della proposta arrivata dal premier Renzi?
«Ci voglio ragionare, è una proposta che va analizzata nella sua interezza. Così, su due piedi, non saprei dare una risposta immediata e tra l’altro non sono il tipo che dice no a priori».
Ha timore che a quel punto i costi per i club possano diventare insostenibili?
«Vorrei ricordare che le società contribuiscono già con un numero rilevante di stewards. Di media, noi del Torino, in casa abbiamo 15-18mila spettatori a partita e gli steward variano dai 250 ai 270. Parliamo, dunque, di uno ogni 70 persone e questi per noi sono già costi importanti».
Nulla a che vedere però con le spese con le quali è alle prese lo Stato. Uno steward viene retribuito mediamente 40 euro mentre per ogni campionato, secondo calcoli fatti da fonti del ministero dell’Interno, lo Stato spende 20 milioni per garantire l’ordine pubblico negli stadi: 18 per le indennità degli agenti impegnati, due per i mezzi e il carburante.
«Ne sono consapevole. Partendo dal presupposto che il mondo del calcio già dà molto allo Stato dal punto di vista della contribuzione e della tassazione (quantificato recentemente dal presidente della Federazione gioco calcio, Abete, in un miliardo di euro, ndr) se sono proposte che vengono ragionate e condivise, dico perché no? Come c’è stato un incremento dei costi con l’introduzione degli steward possiamo anche ampliarli. Dunque aspettiamo di essere convocati da Renzi e vedremo».
Pensa che quella contro la violenza sia una battaglia che Stato e mondo del calcio possono vincere?
«Il problema è che se da un lato bisogna garantire la sicurezza negli stadi e fuori, dall’altro non si può pensare di farlo esclusivamente con la presenza di agenti. Va svolto un lavoro a monte, a livello ambientale. Vediamo ad esempio quello che accade in Inghilterra, Germania, Francia o in Spagna, e proviamo a vedere quali sono i modelli che già funzionano».
Ieri il sindacato di Polizia, ha chiesto «di spezzare il filo rosso di connivenze e complicità che esiste con i settori più caldi del tifo organizzato» (tra l’altro già vietato dall’articolo 8 della legge 41 del 2007). Lei ha mai subito pressioni di questo tipo?
«Non ho problematiche di questo genere con la tifoseria del Torino e le parla una persona che ha vissuto momenti difficili dovendo subire più di una contestazione. Quando entri nel calcio sei consapevole che è un’altalena ma tutto, o quasi, dipende dai risultati».