Corriere della Sera 7/5/2014, 7 maggio 2014
«LE MONDE», SCOPPIA LA RIVOLTA CONTRO LA DIRETTRICE
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI - «Mi è stato cambiato il titolo», si lamentava in assemblea il 20 marzo scorso il critico cinematografico Jacques Mandelbaum, che aveva scritto un articolo su un documentario (di Frederick Wiseman) dedicato all’università americana di Berkeley. «Berkeley, un’utopia erosa dal neoliberalismo» è diventato «Berkeley, un’utopia minacciata», dopo l’intervento della direttrice Natalie Nougayrède. Cambiare un titolo è ordinaria amministrazione in molte redazioni ma, a Le Monde , anche quella modifica è stata vista come il sopruso di una donna autoritaria, poco comunicativa, sbrigativa, troppo filo-americana. Troppo ostile a Putin e troppo favorevole a un intervento armato in Siria, troppo attenta all’economia e alle ragioni delle aziende francesi e poco alle periferie, all’ambiente, al sociale, pagine che non a caso ha abolito. Insomma una direttrice lontana, secondo molti dei 400 giornalisti, dalla tradizionale linea di sinistra moderata del più autorevole giornale francese.
Ci sono anche questi malumori (riportati dal giornale online Mediapart ), ma non solo, nel clima di sfiducia verso la direzione che ieri è sfociato in una clamorosa dimissione di massa dei caporedattori del giornale: 7 su 11, i capi Cécile Prieur (edizione cartacea), Françoise Tovo e Nabil Wakim (digitale) e i loro vice François Bougon, Vincent Fagot, Julien Laroche Joubert e Damien Leloup, hanno lasciato l’incarico, disposti a sbrigare gli affari correnti in attesa che vengano nominati i sostituti. Sempre che a venire sostituita non sia prima la direttrice.
Nominata il 1° marzo dell’anno passato con un gradimento straordinario (80 per cento dei voti), la 47enne Natalie Nougayrède era riuscita a imporsi, a sorpresa, evitando al giornale una guerra interna dopo la morte improvvisa del predecessore Érik Izraelewicz, stroncato da un infarto in redazione. Corrispondente da Mosca, poi vincitrice del prestigioso premio Albert Londres per i reportages da inviata in Cecenia, del tutto estranea alle gerarchie della redazione e ai suoi riti, Natalie Nougayrède si era candidata inaspettatamente per la direzione e gli editori Xavier Niel, Mathieu Pigasse e Pierre Bergé avevano scelto lei, prima donna direttrice nella storia del giornale fondato nel 1944 da Hubert Beuve-Méry.
«Da molti mesi abbiamo inviato numerosi messaggi di allarme per segnalare gravi disfunzioni, come pure un’assenza di fiducia e di comunicazione con la direzione che ci impediva di assolvere ai nostri compiti di redattori capo - scrivono i dimissionari a Nougayrède e a Louis Dreyfus, manager di Le Monde -. Abbiamo tentato di offrire delle soluzioni, senza successo».
Al di là delle incompatibilità caratteriali, i problemi sembrano più profondi. La redazione di Le Monde litiga sul progetto di nuovo giornale, che avrebbe dovuto partire questa primavera ma è stato rinviato a dopo l’estate; si accapiglia sull’edizione iPad , bocciata dal co-editore Xavier Niel; soprattutto, protesta per il piano di mobilità interna che dovrebbe portare 57 giornalisti a lasciare le pagine di carta per lavorare all’edizione online. «Una riduzione dell’organico mascherata», dicono i nemici della direzione.
E qui si tocca il tema forse centrale della questione: a Nougayrède si imputa opacità di visione, poca chiarezza sul futuro del giornale, tempi troppo rapidi nella transizione al digitale. Come se le trasformazioni convulse che si vivono a Le Monde e in tutti i giornali del mondo non dipendessero dalla rivoluzione epocale che sta trasformando la professione di giornalista in tutto il Pianeta, ma dai capricci della direttrice. Lei reagisce con pacatezza, definisce le dimissioni una «decisione grave della quale verranno tratte tutte le conseguenze con rapidità», promette una direzione rinnovata e più collegiale.
Le Monde è il secondo giornale francese per diffusione (dietro Le Figaro ), a febbraio 2014 ha venduto in media 275 mila copie al giorno (stabili rispetto al 2013) e ha circa 60 mila abbonati all’edizione solo digitale. Dopo due esercizi in positivo, nel 2013 il giornale è tornato a perdere soldi (2,5 milioni di euro). Oggi i giornalisti si riuniranno, forse per votare una mozione di sfiducia contro la direttrice.