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 2014  maggio 07 Mercoledì calendario

HOLLANDE ABBANDONATO DAI FRANCESI


PARIGI.
Nonostante il cambio di Governo (e soprattutto di premier), l’annuncio delle prime (certo timide) riduzioni fiscali, le apparizioni radio-televisive meno formali (come quella, inusuale, di ieri mattina) e la moltiplicazione delle visite in provincia (spesso, a dire il vero, accolto da fischi e proteste), François Hollande non ce la fa. Il presidente francese più impopolare di sempre non riesce a invertire la curva dei sondaggi (alla pari di quella della disoccupazione), come se qualcosa si fosse definitivamente rotto nel rapporto con l’opinione pubblica.
E anzi perde ancora colpi, in una caduta senza fine. In concomitanza con il secondo anniversario dell’ingresso all’Eliseo, le rilevazioni dicono che ormai solo il 18-20% dei francesi hanno fiducia nel loro presidente. Un dato sceso al di sotto del 50% anche tra chi l’ha votato al primo (48% di soddisfatti) e al secondo turno (38%). Solo un francese su cinque crede insomma che Hollande sia «in grado di affrontare efficacemente i principali problemi» del Paese. Mentre la grande maggioranza ritiene che non sia «all’altezza degli eventi», che «non sa dove va» e ovviamente, che «non mantiene le promesse» fatte in campagna elettorale.
I francesi, spiegano all’unanimità gli esperti dei grandi istituti di sondaggio, «non sopportano la successione di solenni dichiarazioni sul miglioramento della situazione senza che loro se ne accorgano». Ed esprimono «una diffidenza che si sta trasformando in rifiuto».
Tanto più che i paragoni sono davvero umilianti: due anni dopo la vittoria, Mitterrand era al 49%, Chirac al 38% e Sarkozy al 32 per cento. E fino a oggi i livelli più bassi erano quelli di Chirac nel maggio 2006 (26%) e Sarkozy nel marzo 2011 (30%). D’altronde persino Hollande sembra in qualche modo riconoscere la propria inadeguatezza quando dice: «Nel 2012 non ho vinto perché avevo un programma particolarmente brillante, ma senza dubbio perché il mio predecessore aveva fallito».
Il presidente socialista ha iniziato quasi subito a perdere punti. Per non aver rispettato l’impegno a rinegoziare il trattato europeo e a modificare il ruolo della banca centrale europea. Perché Mittal ha chiuso gli altoforni di Florange quando Hollande aveva promesso agli operai che questo non sarebbe mai accaduto. Perché nell’estate di due anni fa, mentre la crisi mordeva forte, i settimanali people facevano le copertine sulla coppia presidenziale in vacanza al forte di Brégançon.
Hollande non sembra rendersi conto del clima del Paese (certo non più di rabbia, è vero, quanto di rassegnazione) e vara uno degli aumenti fiscali più imponenti di sempre. Motivato con la necessità di rispettare gli impegni presi con Bruxelles in tema di riduzione del deficit. Peccato che le tasse siano effettivamente aumentate (nell’ordine dei 40 miliardi in due anni) ma il target del deficit non sia stato raggiunto. E continui a sembrare un obiettivo difficile.
Da allora al disastro del recente voto amministrativo ci sono stati lo scandalo dell’ex ministro del Bilancio Cahuzac (quello che non aveva conti all’estero e che invece c’erano), la promessa sempre rinviata di una grande riforma fiscale, fino alla gestione dilettantesca degli amoretti del presidente. E la lista potrebbe continuare a lungo.
Ci sono state anche cose buone (come le recenti misure in tema di riduzione del costo del lavoro), ma l’impressione è che Hollande sia sempre arrivato in ritardo, al traino degli avvenimenti. Ma soprattutto c’è la questione, cruciale, dell’occupazione. Un po’ superficialmente, Hollande aveva garantito una svolta entro la fine dell’anno scorso, puntando sulle centinaia di migliaia di posti creati grazie agli aiuti pubblici, che non c’è stata. E che, stando almeno a tutte le previsioni, non ci sarà per un altro anno.

Marco Moussanet, Il Sole 24 Ore 7/5/2014