VARIE 7/5/2014, 7 maggio 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - IL SERIAL KILLER DI FIRENZE
REPUBBLICA.IT
Una morte rapida, un’emorragia dovuta alle sevizie a cui la ragazza era stata sottoposta. E’ l’esito dell’autopsia sul corpo di Andreea Cristina Zamfir, 26 anni, la donna uccisa dal maniaco di Firenze che spoglia e violenta le prostitute legandole a un palo.
Lo cercano nelle immagini registrate dalle telecamere, quelle che puntano su alcuni viali di Firenze, dove sostano le prostitute lungo i marciapiedi. Tra Novoli e il parco delle Cascine. Lo cercano attraverso un identikit a cui lavorano gli investigatori della squadra mobile di Firenze e di Prato, il maniaco seriale. Quello che ha colpito l’altra notte a Ugnano, periferia di Firenze uccidendo Cristina Zamfir, madre di due bambini affidati ai nonni in Romania quando lei è venuta in Italia a cercare fortuna. Cristina non era una prostituta di quelle che frequentano assiduamente i viali, ma si "vendeva" saltuariamente quando aveva bisogno di denaro. Il maniaco è uno che pagava bene o almeno così prometteva nella trattativa: lo sanno bene le prostitute che lo temevano per le sue perversioni violente.
Gli investigatori cercano un uomo fra i 50 e i 60 anni, calvo, grasso, si presenta su auto diverse. Una testimone ricorda una vettura bianca alle Cascine. Altre parlano di auto scure. Sono elementi che possono rivelarsi decisivi. La fisionomia del maniaco è confermata da 5 dei 6 episodi che potrebbero essere collegati alla stessa persona.
Intanto questa mattina all’ospedale di Careggi si è svolta l’autopsia, disposta dal pm titolare delle indagini Paolo Canessa: è emerso che la morte è stata rapidissima, questione di pochi minuti per effetto delle sevizie brutali che hanno provocato un’emorragia interna.
Andreea Cristina Zamfir è stata trovata morta, con le mani legate a una sbarra di quelle che chiudono le strade di campagna, con il nastro adesivo, sotto un cavalcavia alla periferia di Firenze, zona Ugnano.
La processione silenziosa sul luogo del delitto
Questa mattina la scientifica della polizia ha fatto nuovi rilievi sotto lo stesso cavalcavia, il luogo del delitto. Il grosso lavoro adesso è quello di raccogliere e mettere in relazione gli indizi fra gli episodi precedenti, dal 2006 a oggi: sono almeno sei i casi riconducibili alla stessa persona.
Ci sono tracce del Dna della stessa persona in reperti prelevati in tre diversi episodi. Uno è del 2013 e un altro riguarda uno degli espisodi di violenza avvenuti a Prato, anzi in un luogo preciso, alle Bartoline di Calenzano cioè in un campo dove molti anni fa colpì il mostro di Firenze.
Il maniaco seriale ha colpito almeno 6 volte dal 2006 a oggi legando e seviziando le sue vittime. In queste ore i carabinieri hanno ascoltato anche diverse prostitute a caccia di elementi e testimonianze che possano aiutare a risolvere il giallo.
La prostituta, che è stata sentita dagli inquirenti, ha raccontato di essere stata legata a un palo dal suo cliente e poi seviziata con le braccia incrociate sul viso con il nastro adesivo. Il nastro in tre occasioni è un nastro bianco.
REPUBBLICA.IT
"QUELLA persona ha certamente lasciato molte tracce, se gli investigatori mettono insieme più casi, troveranno la soluzione ". Massimo Picozzi è crimonologo, psichiatra e saggista e insegna all’università Carlo Cattaneo-Liuc di Castellanza in provincia di Varese.
Professore, stanno venendo fuori molti casi simili a quello di Ugnano. Cosa ne pensa?
"Nessun assassino comincia uccidendo. Ci sono sempre dei precedenti, magari con dinamica anche un po’ diversa. Nello specifico direi che devono comunque avere un qualche tipo di immobilizzazione".
Che idea si è fatto leggendo la storia sui giornali?
"Siamo nella categoria dei cosiddetti "power and control", dove il piacere non è tanto nell’aggressione sessuale quanto nel dominio totale, nell’umiliazione. Per questo è fondamentale bloccare la vittima".
Come si fa a individuare il maniaco?
"Anche se nel mondo della prostituzione è sempre complicato fare indagini, bisogna dire che in casi come questi l’autore lascia tracce. Ad esempio è difficile che abbia usato lo scotch indossando dei guanti. Appena le forze dell’ordine incrociano un po’ di testimonianze su episodi di immobilizzazione e sadismo dovrebbero poter risalire all’autore. E poi anche il più crudele dei criminali inizia vicino a casa, dove si trova a suo agio. Poi magari cambia zona. Comunque abbandona sempre la vittima ancora legata, perché l’ha disumanizzata, per lui è un oggetto e basta".
Quali possono essere i tempi in cui vengono messe in pratica le violenze?
"Di solito c’è un’accelerazione. Qualunque criminale seriale, che sia uno stupratore o un assassino, se vede che le cose sono facili accelera i tempi e aumenta anche la percentuale di sadismo. Così tra un episodio e l’altro passa sempre meno tempo. C’è sempre un ciclo che parte dalla fantasia e passa dall’individuazione delle potenziali prede. Dopo aver compiuto un atto c’è un periodo di scarico emozionale. Questo intensificarsi delle azioni da un lato rende il maniaco più pericoloso, dall’altro lo espone a lasciare sempre più tracce".
INTERVISTA ALLA PROSTITUTA
A metà pomeriggio batte sul viale del parco fiorentino delle Cascine. Non è giovanissima nè longilinea, ma ha una sua clientela. Gli automobilisti si soffermano per chiedere: "Quanto?". Ma lei risponde distratta, quasi infastidita. Ha altro per la testa. Con un paio di prostituite sta parlando di Cristina, la lucciola che ieri mattina è stata trovata morta, nuda, legata a una sbarra alla periferia della città. "E’ successo pure a me", racconta. Dice di chiamarsi Martina. Ma probabilmente è una bugia. Dice anche di essere romena, come Cristina.
La procura: "Delitto seriale". A Prato altri 4 casi
Martina venne abbordata una notte di due anni fa. Quell’uomo lo ricorda ancora. "Era italiano, alto, fra i 50 e i 60 anni, grasso, con pochi capelli. No, non ricordo tatuaggi o segni particolari. Però era notte, non c’era luce". Lui arrivò su un’auto piccola, chiara. La fece salire. "Non mi chiese prestazioni particolari - racconta Martina - Mi disse che mi avrebbe portato a Firenze. Invece, a un certo puntò svoltò, e si diresse verso Prato".
Non la portò dove ieri è stata trovata Cristina. "No, però era un campo - ricorda Martina - una zona di campagna". Una volta arrivati, il cliente si trasformò: "Fino a quel momento era stato tranquillo. Appena sceso di macchina diventò una bestia. Io scappai, ma lui mi rincorse e mi raggiunse. A quel punto gli dissi: ’Faccio quello che vuoi tu’. E lui. ’Voglio vederti nuda". Martina si spoglio’.
"Nel portabagagli aveva un legno, dei cavi elettrici, il nastro adesivo - continua - Mi legò a un palo, con le braccia incrociate davanti al viso, in piedi. Poi si avvicinò da dietro, prese quel legno e...". Non finì lì. "A un certo punto - continua Martina - prese come delle tenaglie. Me le avvicinò al petto. Ero terrorizzata. Ebbi uno scatto, gli tirai un calcio proprio lì. Per fortuna si fermò. Risalì in macchina. Andò via.
lasciandomi legata. Portò via i miei vestiti, la mia borsa, i soldi, il cellulare, tutto quello che avevo".
Martina riuscì a liberarsi un paio d’ore dopo, strappando i lacci con i denti. Poi, nuda, andò a chiedere aiuto in una casa vicina. Le dettero dei vestiti. "Feci denuncia - racconta - avevo anche un avvocato. Non so come è andata a finire. Indicai anche un uomo, me lo fecero vedere in foto. Ma mi sbagliavo.
Scoprirono che non poteva essere stato lui". Su quella vicenda la procura di Prato ha indagato. Quel fascicolo è uno di quelli confluiti nell’indagine fiorentina del pm Paolo Canessa sull’omicidio di Cristina.
Il maniaco non è scomparso. "Un anno fa è tornato - racconta Martina - Mi chiese: ’Ti piace il sadomaso?’ Io lo cacciai: ’Vai via criminale’. Lui mi gridò: ’Stavolta ti ammazzo’. Non sono l’unica. Anche altre qua hanno avuto a che fare con lui".
Due anni dopo i ricordi sono ancora tutti lì. La paura pure.
"Sì, se ci penso tremo ancora. Ma ora ci sto attenta. Ho cambiato, lavoro di giorno. Di notte è più pericoloso. E i clienti sono peggiori".
BOCCI E SELVATICI
Anche Prato indaga sul maniaco di Ugnano. La squadra mobile e i carabinieri stanno da tempo lavorando su 4 casi, due avvenuti al confine con Firenze, di prostitute legate e seviziate con le stesse modalità di Ugnano ma portate in luoghi diversi. "Sicuramente è un maniaco, sicuramente si tratta di un maniaco seriale", commenta il pm fiorentino Paolo Canessa, che ora sta cercando di riunire tutti i fascicoli. I precedenti, dunque, sono tanti e metterli insieme servirà a capire chi è l’assassino. Gli investigatori al lavoro su dna e impronte. A disposizione ci sono infatti già le tracce trovate l’anno scorso, indagando su un episodio analogo: la prostituta non morì, ma venne seviziata nello stesso posto e con la stessa tecnica.
Gli inquirenti, che hanno quindi a disposizione dna e impronte dell’autore dell’aggressione dell’anno scorso, ritengono che ad agire due notti fa possa essere stata la stessa persona. La sicurezza scientifica, però, ci sarà solo nei prossimi giorni quando sarà a disposizione anche il dna dell’omicida.
Alcuni casi sono stati denunciati, altri no. La squadra mobile fiorentina diffonde la foto della vittima e spiega che le indagini partono da 10 anni fa. La ragazza di 26 anni trovata morta ieri lascia una figlia piccola. La bambina si troverebbe adesso con l’attuale compagno della ragazza, un uomo romeno. Secondo quanto appreso, la donna viveva con l’uomo e la figlia in un’abitazione del Fiorentino. I genitori della ventiseienne, avvisati dell’accaduto, vivono in Romania.
Il luogo dove è stata trovata la donna uccisa
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I NUOVI CASI
Mentre le donne portate ad Ugnano, dove ieri è stato trovato il cadavere "crocifisso" di Andrea Cristina Zamfir, venivano avvicinate nella zona delle Cascine, le prostitute di Prato venivano incontrate nella zona di Calenzano. Ci sono almeno 4 procedimenti aperti per lesioni gravi e violenze avvenute tra il 2009 e l’inizio di quest’anno. Una delle sevizie è avvenuta nel prato della "Bartoline" sempre a Calanzano, un luogo dove nel 1981 furono uccisi dal mostro Stefano Baldi e Susanna Cambi. In un caso, la procura pratese avrebbe elementi interessanti per individuare il responsabile, e si stanno facendo accertamenti. Anche il pm fiorentino Luigi Bocciolini aveva alcuni elementi interessanti riguardo ad un sospetto. Sono state fatte delle perquisizioni nella notte che non hanno dato risultati positivi.
LA TESTIMONIANZA
"Era tranquillo, ma quando scendemmo dall’auto è diventato una bestia". Lo racconta Marta, prostituta romena che due anni fa ha subito le stesse sevizie della donna trovata morta ieri alla periferia della città. "Mi fece spogliare e mi legò". Qualche mese dopo tornò da lei. "Lo cacciai. Mi disse ’ti ammazzo’" .
I PRECEDENTI DI UGNANO
Riguardo ai casi in mano della procura fiorentina, il primo risale alla mattina del 9 dicembre 2006. Quel giorno alcuni passanti notano una donna aggirarsi di fronte al cimitero di Ugnano. E’ in stato confusionale, seminuda, ha i polsi legati. Chiede aiuto, viene soccorsa e racconta di essere stata "seviziata e violentata da un uomo che ha usato un bastone e dell’acido". I medici di Careggi confermano la violenza sessuale. La vittima è una tossicodipendente italiana con problemi psichiatrici e ospite di una casa famiglia. "Ho conosciuto all’arco di San Pierino l’uomo che mi ha violentata". Parla a fatica, ha vuoti di memoria, talvolta si contraddice. "Si è offerto di darmi un passaggio in macchina e ho accettato". La donna viene portata ad Ugnano, vicino al cavalcavia dell’A1, e qui viene seviziata. I poliziotti ritrovano notano due bastoni di legno ma non verrà mai trovato il cellulare della vittima. Le indagini del pm Luigi Bocciolini ipotizzano una punizione per problemi legati a droga non pagata. Si procede a fatica finché dallo studio delle celle telefoniche si individua un sospetto. Un rom cinquantenne che vive a Firenze, in una casa popolare delle Piagge. L’uomo, assistito dall’avvocato Gionata Marini, viene dichiarato estraneo alla vicenda dal giudice dell’udienza preliminare Rosario Lupo, che lo proscioglie senza formule dubitative. Tra l’altro alcuni testimoni avevano raccontato di aver visto la donna con due persone ad Ugnano.
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Passano anni prima che venga denunciato un nuovo episodio violento avvenuto nella stessa zona. Ma non è da escludere che in quel lasso di tempo ci siano stati altri fatti simili non denunciati. Alle 2 della notte tra il 27 e il 28 marzo arriva una nuova chiamata dalla periferia ovest di Firenze. Sotto il cavalcavia della A1 c’è una donna nuda, piegata sull’asfalto. Sono stati i residenti a notarla. Ha i polsi legati a una transenna con il nastro adesivo. Un caso fotocopia di quello di 7 anni prima. La vittima questa volta è una prostituta romena di 46 anni. E’ sotto shock. Racconta ai militari della stazione Oltrarno di esser stata "violentata e rapinata da un cliente" che poi è fuggito. Viene trasportata a Careggi. In ospedale riceve una prognosi di 20 giorni e parla nuovamente con gli investigatori, ai quali però non riesce a fornire elementi decisivi. "Ricordo di essere salita sulla sua macchina nei pressi di via di Novoli - ha detto - mi ha portato al cavalcavia dell’A1 nei pressi del cimitero di Ugnano". All’inizio quello sembra un cliente come gli altri, poi nella mente del maniaco scatta qualcosa. E il rapporto si trasforma in violenza. "Mi ha denudata, stuprata e legata alla transenna, poi mi ha anche rapinata della borsetta con tutti i soldi e gli effetti personali", ha raccontato. I residenti, che non si sono accorti di niente durante la violenza, sentono la donna che grida per chiedere aiuto quanto l’aggressore si è allontanato. E’ soprattutto grazie a loro se la 46enne si salva. Gli investigatori hanno trovato del nastro adesivo di Careggi, lo stesso utilizzato per l’omicidio di ieri. Le indagini sul caso, affidate ancora una volta al pm Luigi Bocciolini, sono ancora aperte. Da allora avvengono almeno altri due episodi prima della morte di Andrea Cristina Zamfir nella notte tra domenica e ieri. Li riferiscono gli abitanti della zona e non sarebbero nemmeno stati denunciati alle forze dell’ordine. Quattro mesi fa una prostituta viene legata a un palo. Riesce a slegarsi alle 3 di notte da sola, suona i campanelli delle case, dove le viene dato qualcosa per coprirsi. "Vado via, vado via", dice quando le propongono di fermarsi per un po’, di avvertire la polizia. E un mese fa una giovane donna è stata trovata nuda nella stessa zona. Questa volta è successo di pomeriggio. Anche a lei gli abitanti di Ugnano hanno dato un aiuto, anche lei ha deciso di allontanarsi senza far chiamare nessuno dopo aver ricevuto i soldi per prendere l’autobus.
LE INDAGINI
"Ci sono alcuni fatti che presentano analogie con quello accaduto ieri, li stiamo ricostruendo e per farlo andremo indietro nel tempo di almeno dieci anni. Sentiremo anche le vittime". Lo ha detto Lorenzo Bucossi, dirigente della Squadra Mobile di Firenze. Andrea Cristina Zamfir si prostituiva senza protettori. per questo motivo sarebbe difficile risalire al luogo dove è stata avvicinata dal suo cliente. Accertamenti sono in corso per ricostruire le ultime ore di vita della ragazza, in particolare per individuare le persone con cui è entrata in contatto nella giornata di domenica. La giovane, secondo quanto emerso, avrebbe avuto problemi di droga, ma non ha precedenti di polizia legati a questo tipo di reati.
PEZZO DI REPUBBLICA DI STAMATTINA
MICHELE BOCCI
FIRENZE .
Un maniaco che ha colpito almeno 7 volte in 8 anni tra Prato e Firenze, legando e seviziando le sue vittime. In un caso, domenica sera, fino alla morte. «Era italiano, tra i 50 e i 60 anni, grasso, con pochi capelli». Una prostituta ieri pomeriggio in questura ha raccontato la sua notte con l’assassino della donna “crocifissa” ad Ugnano: «Era tranquillo, ma quando scendemmo dall’auto diventò una bestia. Mi fece spogliare e mi legò con le braccia incrociate davanti al viso, in piedi». La donna fu seviziata con un legno. Un’altra lucciola, che si rifiutò di salire in macchina, ha spiegato: «Aveva gli occhi di ghiaccio.
Frequentava spesso il parco delle Cascine». Il giorno dopo il ritrovamento del cadavere di Andrea Cristina Zamfir, che aveva una figlia piccola e viveva a Sesto Fiorentino con lei e il compagno, gli investigatori coordinati dal pm Canessa sono certi di essere di fronte a un maniaco seriale. Oltre a straziare le vittime a
Ugnano, alla periferia del capoluogo, dove sono stati denunciati tre casi (nel 2006, nel 2013 e domenica notte) e altri vengono riferiti dagli abitanti, agiva a Prato. La mobile di quella città indaga su 4 episodi, del 2009, 2011, 2013 e di quest’anno. Le vittime, sempre legate con nastro adesivo e seviziate, sono state portate tutte nello stesso luogo, nel comune di Calenzano. Certamente tante prostitute non hanno denunciato le violenze, quindi i casi possono essere di più.
Non avrebbe invece niente a che fare con questo maniaco la persona che nel 2007 seviziò una lucciola nel campo delle Bartoline alle porte di Firenze, lo stesso dove nel 1981 il mostro aveva ucciso due giovani.
In alcuni casi, tra cui l’ultimo, il maniaco ha usato scotch dell’ospedale fiorentino di Careggi. Mentre si fanno verifiche su varie persone, una in particolare per un episodio nel Pratese, si preparano accertamenti tecnici. In tre casi, uno a Prato e due a Firenze, sono state trovate tracce di Dna. Si farà l’esame genetico ad alcuni sospetti.
( michele bocci)
GABRIELE ROMAGNOLI
VERREBBE da pensare che la serie di delitti sia stata scritta, prima ancora che perpetrata. Tanti sono gli elementi sovraccarichi di significato nel nuovo giallo di Firenze. Talmente numerosi che alla fine tutti quanti (tutori dell’ordine, media, pubblico a lungo indifferente) han dovuto farsene carico e alzare la soglia di attenzione. Che altro doveva fare il colpevole, o i colpevoli come ci ha insegnato a sospettare la vicenda dei compagni di merende di Pietro Pacciani? Una donna, rumena, prostituta, violentata con una sbarra e uccisa in posizione da crocifissione sotto un cavalcavia nei sobborghi di Firenze è il limite. Ciascuno degli
elementi della frase precedente ha carattere al contempo significativo e accusatorio.
Per primo: il cavalcavia. Tra gli abitanti della zona intervistati dopo il ritrovamento del cadavere uno dice: «Qui era un paradiso, poi è arrivata l’autostrada». È tanto spaventosamente cliché quanto è vero. La modernità non porta diavolerie, ma diavoli. Perché si insedia senza rispetto, neppure per se stessa. Fai passare l’A1 su un vallone, metti i pilastri, getti l’asfalto e te ne vai. Non ti preoccupi di aver creato una zona oscura. Le zone oscure sono una minaccia, che siano dentro o fuori di noi. Guardate le foto del cavalcavia: è una nicchia protetta dove ogni cosa può accadere al riparo. Dagli sguardi, dai lampioni e dai lampeggianti. Nella più innocente delle ipotesi ci vanno i ragazzini a fumare le prime sigarette, nella più feroce ci crocifiggono una donna. Le scritte sui piloni «Cami ti amo», «Qua si carica le troie», «Meglio morire in piedi che vivere in ginocchio », i simboli di estrema destra, le sigle ultrà, i rifiuti, gli avanzi di atti consumati nel buio, tutto parla di una “zona franca”, extraterritoriale, uno dei tanti “sotto luoghi” dove lo Stato vede un confine che non c’è e decide di non entrare. Una valvola di sfogo, viene da mal pensare, dove i comportamenti criminali son perseguiti, ma sulla carta straccia. Si resta increduli ascoltando gli abitanti della zona che raccontano come un fatto usuale: «Ogni tanto, di notte, suonava una donna con i vestiti strappati, insanguinata e diceva che era stata violentata. Per lo più prostitute. Qualcuna non voleva fare denuncia ». Accadeva da tempo, c’era un’indagine, un fascicolo aperto (dicono ora) da dieci anni. Ma non un pattugliamento costante del cavalcavia, non una telecamera fissa,
non un’inferriata che impedisse l’accesso alla zona oscura sotto l’autostrada. Perché? Il secondo elemento, le vittime: prostitute, straniere. Non è una categoria che provoca allarme sociale, né interesse mediatico. Non ha generato ronde né titoli ai tg della sera. Finora la sequenza dei delitti era un giallo di serie B, come la maggioranza di quelli commessi da serial killer in una letteratura e cinematografia stucchevole. Il colpevole (o i colpevoli) si sforza di farsi notare usando modalità ripetute che spalancano ordinari abissi psicologici (la violenza per mezzo di uno strumento), seminando indizi ossessivi (l’uso dello stesso nastro adesivo, in dotazione a una struttura sanitaria), agendo in luoghi suggestivi (in alternativa al cavalcavia, un prato su cui aveva già operato il mostro di Firenze). E Firenze. Non bastava già Firenze a eccitare per un riflesso
pavloviano l’attenzione generale? Mancava l’omicidio. Le altre donne erano state lasciate in vita. E occorreva questa modalità atroce: qualcosa di simile a una crocifissione, come quelle da poco avvenute in Siria che hanno fatto piangere papa Francesco.
Adesso ci siamo. Adesso possiamo andare a prendere le torce, radunare tutti i padri di famiglia del quartiere, farci scortare dallo sceriffo. I fotografi dal parapetto scatteranno lampi nella notte, illuminando la zona oscura mentre i guardiani finalmente oltrepassano il confine che non c’era e rovistano in quella pattumiera dove ora non ci sono soltanto resti e indizi di malavita, ma anche di malamorte. È spaventosamente cliché quanto vero anche dire: questa è stata una morte annunciata. Nei modi, nei tempi, ma soprattutto nel luogo.
REPUBBLICA DI IERI
FRANCA SELVATICI LUCA SERRANO’
FIRENZE .
Un maniaco seriale era all’opera da tempo, ma Firenze non se ne era accorta. Soltanto ieri — dopo che a Ugnano, estrema periferia della città, una giovane donna romena, Andrea Cristina Zamfir, 26 anni, ha perso la vita nei pressi di un cimitero, sotto un cavalcavia dell’autostrada, nuda, legata con nastro adesivo a una sbarra come in una crocifissione, seviziata con un tubo o un bastone, abbandonata mentre forse ancora era viva e cercava disperatamente di liberarsi con le ultime forze che le restavano — soltanto ieri i fascicoli sparsi contenenti le denunce contro un maniaco che da tempo, forse da anni, porta le prostitute in quello stesso luogo, le lega, le violenta, le sevizia e le rapina, sono stati estratti dagli archivi di carabinieri e polizia e consegnati al pm Paolo Canessa: lo stesso magistrato che per anni ha indagato sui delitti del mostro di Firenze e poi anche su molte altre vicende drammatiche, come gli abusi compiuti dal sacerdote Lelio Cantini sulle bambine affidate alle sue cure.
Fra poche settimane Canessa lascia Firenze perché è stato nominato procuratore di Pistoia. Questo era il suo ultimo turno di urgenza e il destino ha voluto che toccasse a lui indagare sul maniaco che ha terrorizzato altre prostitute prima di
uccidere, la notte scorsa, la sua ultima vittima. Ora il pm sta mettendo insieme le denunce, alcune delle quali erano state raccolte in un’altra città toscana. Una delle donne seviziate ha parlato di due uomini. Mancando un archivio unificato, nessuno si era reso conto che da tempo le prostitute erano minacciate da un maniaco feroce e seriale (o forse due). E nonostante in alcuni casi le vittime siano riuscite a descriverlo, il seviziatore non è mai stato identificato.
Andrea Cristina Zamfir era minuta e magrissima. Forse tossicodipendente, era ospite di alcuni connazionali. «Una ragazza sbandata che ha fatto un brutto incontro », si limita a dire il pm. Ieri mattina un residente, che faceva un giro in bicicletta, è quasi svenuto quando l’ha vista
appesa a quella sbarra, i polsi legati con nastro adesivo, i lividi di chi ha cercato disperatamente di liberarsi, la testa reclinata indietro, completamente nuda salvo due misere scarpe da ginnastica e i calzini, con tracce di sangue e vomito a terra. La polizia ha trovato i suoi abiti e il cellulare a circa un chilometro di distanza. Forse la povera ragazza aveva in un primo momento consentito ai desideri del cliente, senza sospettare che l’avrebbe ferocemente seviziata.
Sotto quel cavalcavia c’è ogni notte un traffico squallido di prostitute e di clienti. I residenti delle ultime case di Ugnano hanno denunciato più e più volte il degrado e il pericolo. Un pomeriggio hanno soccorso una ragazza nuda, in stato confusionale, che invocava aiuto dopo essere
stata aggredita da un cliente. Un anno fa, la notte del 27 marzo 2013, una donna italiana di 46 anni, fu trovata legata a quella stessa sbarra con nastro adesivo. Era stata violentata, rapinata e seviziata con un bastone. Furono i residenti, risvegliati dalle sue grida, a soccorrerla e a chiamare i carabinieri. La donna riuscì a descrivere sommariamente il cliente, un uomo fra i 50 e i 60 anni, di corporatura robusta, probabilmente italiano. Anche la notte scorsa, verso le 23,30, qualcuno ha udito dei lamenti. «Ma sembrava un animale », ha spiegato una donna. E allora non sono state avvisate le forze dell’ordine, né chiamati i soccorsi. Se fosse accaduto, forse Andrea Cristina Zamfir si sarebbe
salvata.
GIAMPAOLO SIMI
NON appena sono usciti i primi titoli sull’omicidio di Ugnano, gli appassionati di grandi serie tv avranno fatto un bel balzo sulla sedia. Il cadavere di una donna inginocchiata e legata a un palo “come se fosse crocifissa” non può non riportare alla mente l’omicidio rituale con cui inizia la serie del momento, quella True Detective che in italiano vedremo a settembre, ma che i veri patiti hanno già scaricato, commentato e glorificato in lingua originale.
Il primo pensiero è stato inevitabilmente quello. Possibile che qualche psicopatico si sia lasciato suggestionare fino a tal punto? Il primo pensiero può essere spesso abbastanza stupido, perché sono talmente tanti i serial killer di cui oggi ci raccontano le fiction e i romanzi thriller che anche una percentuale minima – uno zerovirgola – di emulatori significherebbe una carneficina continua. No, non è così, è anzi il contrario. È quella bellissima serie che, casomai, trasferisce nella Louisiana una cupa atmosfera che qui in Toscana noi abbiamo purtroppo conosciuto molto bene, dal vero: una complicata storia di delitti seriali e di altri fatti di sangue, forse collegati, che abbraccia un lungo arco di tempo.
Esattamente diciassette anni.
E allora, mano a mano che le notizie sulla donna morta di sevizie sotto un cavalcavia dell’A1 si facevano più precise, il balzo sulla sedia l’hanno fatto in realtà tutti gli altri, specialmente a Firenze e dintorni. Perché le serie tv sono un gran bella cosa, ma la realtà ha poi un modo tutto suo di far scricchiolare gli armadi o di farti chiedere
se quello che hai sentito là fuori, nel buio, era un guaito di un cane alla catena oppure qualcos’altro. La realtà ha un modo tutto suo di tornare a ossessionarci. Perché una delle prime certezze di queste ore è che chi ha ucciso in modo brutale Andrea Cristina Zamfir ha già fatto qualcosa di simile. L’unica differenza è che, nel caso precedente finora accostato per analogia a questo, la vittima è stata soccorsa in tempo. Forse stavolta il rumore continuo, quasi fluviale, del traffico sull’A1 in una domenica di rientro ha coperto i lamenti della
vittima.
Se quindi siamo in presenza di una qualche serialità, la parola Mostro si profila subito, come una nuvola nera in una delle prime giornate di sole di questa primavera che tarda a scaldarci. E se quella vicenda è di nuovo il primo collegamento, il più diretto e veloce treno notturno della memoria, quello che la nostra memoria ha lasciato nel buio può essere ancora più inquietante.
Infatti qualsiasi “mostrologo” – d’altronde a Londra, per Jack, troverete i “Ripperologists”
– vi dirà che i famosi omicidi di coppiette appartate non furono l’unica scia di sangue che serpeggiò in quegli anni a Firenze. C’è anzi qualcosa che ricorda anche più da vicino il delitto di Ugnano. Nel pieno centro storico di Firenze, fra il 1982 e il 1984, furono uccise ben cinque prostitute. Per alcuni, furono vittime anche loro del cosiddetto Mostro, per altri furono invece vittime collaterali, forse eliminate perché avevano visto o saputo qualcosa che non avrebbero mai dovuto vedere o sapere. O forse ancora furono l’opera di un emulatore che sfruttò, paradossalmente, il cono d’ombra che in quei mesi i delitti delle coppiette stagliavano su tutto il resto. L’unica certezza è che furono uccise tutte nei loro appartamenti e che le modalità degli omicidi presentavano qualche elemento in comune. Per il resto, mistero fitto e tre decadi che ormai seppelliscono definitivamente qualsiasi speranza di verità.
Dal centro storico e dai dolci colli fiorentini siamo passati allo squallido ponte d’autostrada che taglia uno scenario di campi incolti, giardini e villette sparse, una terra di nessuno che non è città e non sarà mai più del tutto campagna. Resta però una sadica ossessione contro il corpo femminile che non sembra voler abbandonare questa parte di Toscana. Come una maledizione, una nemesi di orrida bruttura proprio a ridosso quanto di più bello l’umanità abbia saputo creare.
(L’autore è uno scrittore di noir e sceneggiatore)
CORRIERE.IT
FIRENZE - I carabinieri del Racis hanno individuato lo stesso dna per tre episodi analoghi in cui a Firenze e a Prato un maniaco seriale ha aggredito e violentato, anche con sevizie, prostitute. Gli episodi sono del luglio 2011 a Prato, del marzo 2013 a Ugnano (Firenze), dove lunedì è stata trovata la prostituta uccisa, e del 21 febbraio scorso a Calenzano. Il dna è stato ricavato dalla saliva che il maniaco ha lasciato sul nastro adesivo usato per bloccare le vittime, al momento di strapparlo con i denti. Gli inquirenti potrebbero decidere di cercare tracce di dna anche sui reperti (il nastro adesivo) prelevati nell’ultimo episodio finito con l’uccisione della prostituta romena a Ugnano. Sempre nelle indagini dei carabinieri di Firenze emergono altri due episodi simili per caratteristiche e modalità, nonchè avvenuti negli stessi luoghi degli altri. Si tratta di violenze a prostitute denunciate il 9 dicembre 2006 a Ugnano e il 3 ottobre 2009 a Calenzano. In questi due casi non ci sono risultati da dna, tuttavia gli investigatori dei carabinieri si sentono di riunirli agli altri tre proprio per le similitudini emerse con i racconti delle vittime.
L’AUTOPSIA - E’ morta per un’emorragia interna la prostituta Andrea Cristina Zamfir. È quanto emerge dall’autopsia effettuata sul cadavere della donna. L’emorragia è stata causata dalla sevizia sessuale inflittale dal maniaco a cui magistratura e forze dell’ordine stanno dando la caccia. L’autopsia è durata quasi cinque ore e deve essere completata dall’esito di esami istologici e tossicologici.
IL RITRATTO DEL MANIACO SERIALE E DELLE SUE VITTIME - Donne esili, fisicamente deboli, psicologicamente fragili, prostitute occasionali, disposte ad accondiscendere a prestazioni extra in cambio della promessa di denaro in più. Questi, secondo quanto emerso dalle indagini, i tratti comuni delle vittime degli episodi di violenza analoghi a quello nel quale è morta Andrea Cristina Zamfir. Il presunto maniaco seriale, un uomo tra i 50 e i 60 anni, dai modi apparentemente gentili, con pochi capelli e dalla corporatura tarchiata, sceglie le sue vittime tra le prostitute più vulnerabili, quelle che non sono inserite in una rete di protettori. Spesso tossicodipendenti, che si prostituiscono per necessità, quando sono in difficoltà economiche. La preferenza cade su quelle fisicamente deboli, che più difficilmente potranno opporre resistenza, e di carnagione bianca. Secondo quanto appreso, le vittime degli episodi di questo genere di violenza sessuale al centro delle indagini sono di nazionalità italiana e romena.
IL VERTICE FRA PROCURE - È in programma giovedì nel capoluogo toscano un vertice tra i magistrati di Prato e Firenze che indagano sui casi delle prostitute seviziate che presentano analogie con quello di Andrea Cristina Zamfir. Per quanto riguarda le indagini della procura pratese sono tre i fascicoli di inchiesta, due dei quali già archiviati, per i quali vengono riscontrate modalità di violenza e aggressione simili a quelle che avrebbe subito la 26enne romena, compresi l’uso di nastro adesivo e la posizione della vittima. Nel fascicolo d’indagine ancora pendente non ci sarebbero indagati, mentre in uno dei due archiviati c’è stato il riconoscimento fotografico del presunto aggressore da parte della vittima: l’uomo è stato indagato ma la procura, in base agli elementi raccolti successivamente ha ritenuto che non potesse essere il responsabile.
ARRIVA UNA PSICOLOGA - Una donna ufficiale dei carabinieri, psicologa del Racis, arriverà a Firenze per interrogare di nuovo le prostitute che negli ultimi anni hanno denunciato di essere state aggredite, violentate e seviziate, più o meno con le stesse modalità, dal maniaco seriale a cui gli inquirenti stanno dando la caccia. La psicologa dovrà parlare con le prostitute anche per realizzare un identikit del maniaco, il più affidabile possibile. Secondo quanto si apprende infatti le varie denunce presentate agli organi di polizia sui vari episodi riporterebbero descrizioni dell’aggressore non esattamente uniformi, anche in ragione del particolare disagio sociale in cui versano queste donne. Oltre agli aspetti di prostituzione, infatti, alcune avrebbero problemi di tossicodipendenza e di un certo disagio psicologico, circostanze che ne condizionerebbero anche i racconti.
PEZZO DEL CORRIERE DI STAMATTINA
GIUSI FASANO
DALLA NOSTRA INVIATA FIRENZE — Come nel caso di Yara Gambirasio. È stato isolato un profilo di Dna ma a quella mappa genetica non corrisponde nessun nome. A essere più precisi sono tre i profili isolati finora, ovviamente legati a casi diversi ma, anche se nessuno degli inquirenti vuole confermarlo ufficialmente, sembrerebbero appartenere tutti a una sola persona. E gli investigatori scientifici si aspettano che anche la mappa genetica di chi ha crocifisso, stuprato e ucciso la ragazza sotto il cavalcavia dell’autostrada sia uguale alle altre. Un violentatore seriale, appunto.
Più passano le ore più l’inchiesta si arricchisce di dettagli preziosi, a partire proprio dal Dna. L’anno scorso, quando la prostituta italiana violentata e seviziata si salvò e raccontò in un verbale i particolari dell’uomo che l’aveva adescata e aggredita, fu ritrovato materiale biologico sullo scotch dell’azienda ospedaliera Careggi con il quale era stata legata. I carabinieri indagarono su quel materiale e tracciarono il profilo genetico dello stupratore senza poter arrivare al suo nome. Fu lo stesso anche per un caso di violenza sessuale ripescato ieri dagli archivi della procura di Prato e per una terza violenza finita nel fascicolo ancora contro ignoti aperto due giorni fa dal sostituto procuratore Paolo Canessa. Lui, il pm storico del mostro di Firenze che è stato nominato di recente procuratore capo a Pistoia (questo è la sua ultima inchiesta fiorentina) sta mettendo assieme dati e storie che non possono essere classificate alla voce «coincidenze». I casi di violenza sul territorio di Calenzano, per esempio.
Siamo nella zona di Prato, meno di mezz’ora da Firenze. Dopo la giovane romena uccisa sotto il cavalcavia due giorni fa, dalla questura e dalla procura della «città dei cinesi» sono partite le segnalazioni per i colleghi di Firenze: quattro storiacce di violenza sessuale particolarmente cruenta. Stesso luogo (una località che si chiama Campo delle Bartoline), stesse modalità, le vittime denudate e seviziate in tutte e quattro i casi e tutte legate con dello scotch. Impossibile non collegare quelle quattro storie (2009, 2011, 2013 e 2014) alle altre accertate a Firenze, che sono tre denunciate (2006 e 2013 oltre alla donna morta due giorni fa) e un numero imprecisato di aggressioni raccontate da chi vive nella zona del cavalcavia.
Il capo della squadra mobile fiorentina Lorenzo Bucossi ieri ha parlato di indagini che torneranno indietro nel tempo fino a dieci anni. Un lavoro enorme per ricostruire tutti i casi di stupri di prostitute e tossicodipendenti, vittime prescelte del violentatore seriale che si sta cercando. L’ipotesi che ad agire sia più di una persona non è stata scartata ma sembra poco probabile.
Gli uomini del colonnello dei carabinieri Andrea Taurelli Salimbeni hanno lavorato in quest’ultimo anno soprattutto sul caso della donna che l’anno scorso è riuscita a salvarsi. Hanno iscritto una persona nel registro degli indagati e hanno perquisito casa sua e di alcuni suoi conoscenti. Nessun risultato fondamentale per l’inchiesta e un dettaglio che salta agli occhi ma che non è ritenuto importante: a casa di un infermiere dell’ospedale Careggi è stato ritrovato del nastro adesivo ospedaliero ma non uguale a quello con il quale erano state legate alcune delle vittime seviziate. L’uomo in questione, fa sapere chi indaga, «non è un sospettato speciale».
In questa storia nera di violenza senza fine c’è anche la storia di una bambina che crescerà senza sua madre. È la figlia di Andrea, la ragazza romena morta sotto il cavalcavia l’altra notte, crocifissa e lasciata agonizzante da chi l’aveva seviziata con una brutalità difficile da pensare prima ancora che da descrivere. Aveva un compagno, Andrea. Romeno pure lui, al quale affidava la piccola ogni volta che doveva recuperare soldi per drogarsi. Perduta nella sua tossicodipendenza, fragile e disperata, ha accettato di salire sulla macchina del suo aguzzino per 30 euro. I suoi genitori hanno chiesto aiuto attraverso il consolato. Se n’era andata da casa inseguendo il sogno di una vita migliore. Ci tornerà in una bara, senza aver mai visto nemmeno da lontano quel sogno.
Giusi Fasano
PEZZO DEL CORRIERE DI IERI
MARCO GASPERETTI
FIRENZE — Crocifissa e seviziata nella notte sotto un cavalcavia dell’Autosole è morta dopo ore di terribili sofferenze forse per un’emorragia interna. Il corpo di Andrea Cristina Zamfir, 26 anni, prostituta romena, tossicodipendente, è stato trovato ieri mattina poco prima delle 10 da un ciclista nell’ultimo tratto di via del Cimitero, ad Ugnano, piccola frazione periferica tra Firenze e Scandicci. «Credevo fosse un animale, poi ho visto le braccia, i capelli. Mi sono sentito male», ha raccontato l’uomo alla polizia.
La ragazza era nuda, inginocchiata, le braccia legate a una sbarra di ferro che impedisce il passaggio dei veicoli, la testa reclinata all’indietro, il volto sfigurato dal dolore. A ridurla così è stato un «cliente maniaco», come l’hanno definito gli inquirenti, forse lo stesso che ha colpito in altre circostanze, senza però provocare la morte delle sue vittime. C’è un identikit già pronto dopo che nel marzo dello scorso anno una prostituta italiana di 46 anni accettò per qualche euro in più di sottomettersi a un macabro gioco erotico sotto lo stesso viadotto e con le braccia legate con il nastro adesivo come un’improbabile crocifissione. Lo vide in volto, quel maniaco e lo descrisse: cinquantenne, accento toscano, corporatura tarchiata, capelli radi. E lui che ha colpito ancora? Polizia e carabinieri sono convinti che non sia solo e nella notte sono scattate alcune perquisizioni. Si parla di un gruppo di sospettati e il pensiero va inevitabilmente a quei «compagni di merende» responsabili degli otto duplici delitti del mostro che però non sono coinvolti in questo caso. Ma i luoghi sono stati teatro anche di quegli omicidi e a Scandicci furono due le coppie assassinate nel giugno del 1981 e nel settembre del 1983.
Così quando ieri nella stradina di Ugnano, è arrivato il pm Paolo Canessa, uno dei magistrati che sul mostro indagò, lo spettro del serial killer si è nuovamente materializzato su Firenze. «Stavolta non è un assassino, è solo un maniaco», rispondono gli investigatori, intendendo che lo sconosciuto forse non voleva uccidere.
L’uomo era armato di un bastone che ha usato per seviziare la sua vittima, come forse aveva fatto precedentemente. Lei ha cercato di liberarsi dai lacci del nastro isolante, si è procurata ecchimosi ai polsi. Ha chiesto aiuto, con un lamento sempre più flebile che si è spento nella notte. L’hanno sentito alcuni degli abitanti delle tre villette adiacenti al cavalcavia, intorno alle 23.30. Qualcuno ha pensato al lamento di un cane, altri non hanno avuto il coraggio di aprire la porta «perché lì di notte succede di tutto, anche magnaccia che gettano acido muriatico sulle prostitute; di donne massacrate ne abbiamo già viste diverse negli anni passati e se non c’è mai scappato il morto è stato un miracolo». Nessuno, però, in questi anni ha mai presentato una denuncia. E le uniche testimonianze sulle quali polizia e carabinieri stanno costruendo le indagini sono quelle della prostituta aggredita lo scorso anno con le stesse macabre modalità.
Sulla presenza di uno o più maniaci seriali i dubbi sembrano essere pochi. La vittima, che indossava solo un paio di calzini e scarpe da tennis, non aveva con sé borsa e abiti. Che sono stati trovati a un chilometro di distanza. Pare ci fossero ancora soldi; c’era sicuramente il telefonino con il quale è stato possibile risalire all’identità della vittima «una sbandata che ha fatto un brutto incontro», dicono gli investigatori.
Il pm Canessa ha letto e riletto i verbali della prostituta italiana aggredita lo scorso anno. Ha una pista. Sarà la sua ultima indagine a Firenze (a breve diventerà procuratore capo a Pistoia) e la vuole concludere presto, assicurando il colpevole alla giustizia. L’autopsia racconterà particolari forse decisivi. Da un primo esame sul corpo non ci sono segni di percosse. Certamente, quando il maniaco se n’è andato, la ragazza era ancora viva.
Marco Gasperetti
GIUSI FASANO
DALLA NOSTRA INVIATA FIRENZE — C’è un filo nero che lega la morte di Andrea Cristina alla non vita delle altre, di tutte le altre donne perdute del cavalcavia. Si sono salvate, le altre. Dal mostro, dal maniaco, dal violentatore seriale o chiunque lui sia. Vive e disperate, come le ricorda chi le ha soccorse dopo le brutalità che adesso – e soltanto adesso - sembrano avere una stessa regia.
Un anno fa le torture e lo stupro della sbarra toccarono a una donna italiana di 46 anni. Aveva problemi di tossicodipendenza e la ricerca perenne della droga l’aveva portata sulla via della prostituzione. Una sera di marzo adescò un cliente vicino alla zona dell’università. «Era un uomo di mezza età che mi era sembrato gentile nei modi di fare. Ci siamo accordati e lui mi ha portato lì» raccontò lei stessa ai carabinieri dopo essere stata soccorsa. Anche lei era stata legata con il nastro adesivo da pacchi, anche lei era stata denudata, violentata e abbandonata sotto il cavalcavia alla periferia della città.
Quando quel tizio se n’era andato era riuscita a chiedere aiuto e gli abitanti del posto avevano chiamato il 112. Per questo la sua storia e i pochi dettagli che ricordava oggi sono in un verbale. Particolari che adesso possono risultare preziosi. Per esempio la descrizione fisica: «Era un po’ tarchiato, non molto alto, parlava italiano con accento fiorentino, era brizzolato e con pochi capelli» disse la donna. Che raccontò anche della sua richiesta iniziale: 30 euro, tariffa diventata poi più alta «perché lui chiese prestazioni non comuni». Quell’uomo «girava su un’auto furgonata» e «non ha detto niente durante lo stupro». Lei lo vide scappare via e capì che per salvarsi doveva urlare finché qualcuno non l’avesse sentita. La trovarono in fin di vita. Per guarire dalle emorragie interne causate dalle modalità particolarmente violente dello stupro rimase ricoverata per un mese in ospedale.
«Qui c’è qualcuno che si diverte a essere crudele sempre allo stesso modo» dice adesso chi abita a pochi passi dalla sbarra della morte. Ai citofoni delle case fra il cavalcavia e il cimitero hanno suonato più volte donne in difficoltà, per usare un eufemismo. Nude, rapinate, con lividi sul corpo. Hanno urlato la loro disperazione o hanno chiesto aiuto sempre alle stesse porte. Pasquale Checcacci ha ottant’anni. Dice che «io vivo qui da una vita e ricordo che prima che costruissero l’autostrada questo posto era un paradiso, poi è arrivato il cavalcavia e sono arrivati qui sbandati di ogni genere e prostitute».
Lui parla e le sue vicine annuiscono. Lui racconta che «qui se ne vedono di tutti i colori e gli altri ricordano un dettaglio, una di quelle ragazze salvate».
La signora Federica giura che «qui è un continuo viavai. Tutte le sere ci sono drogati che hanno trasformato questa zona in un posto invivibile». E per raccontare cos’è un posto invivibile Pasquale mette in fila le cose che ha visto con i suoi occhi: «Già sette-otto anni fa era successo che avevo trovato una donna nel torrente qui vicino. Era nuda e legata ed era stata seviziata, poveretta. Mi ricordo che piangeva e che mi abbracciò stretto. Chiamai i soccorsi e lei si salvò».
E’ sempre Pasquale a rivelare di un caso successo appena un mese fa. «Come le altre volte c’era una ragazza completamente nuda che all’improvviso si è messa a suonare il campanello disperatamente. Ci ha raccontato che si era appartata con una persona che poi l’aveva buttata giù dalla macchina, dopo aver gettato via i suoi vestiti. Li abbiamo cercati lì intorno al cavalcavia, e ne abbiamo trovato una parte. Abbiamo provato a convincerla a chiamare la polizia ma non volle saperne nulla. Ci ha soltanto chiesto solo se le potevamo prestare i soldi per compare il biglietto della corriera e se n’è andata».
Le ragazze che bussano nude alle porte sono sempre prostitute e spesso (quasi sempre) hanno problemi con la droga. In un caso si racconta di una di loro aggredita con dell’acido muriatico. Ma di denunce non ce ne sono se non quella che riguarda il caso di un anno fa. Anche se, lavorando proprio sul caso di un anno fa, i carabinieri devono aver ricostruito più di una storia di stupro perché sembra che nel decreto delle perquisizioni eseguite fra ieri sera e stanotte si parli di sei casi di violenza sessuale.
Sei donne arrivate a un passo dalla morte, tutte portate in quel posto alla fine del mondo. E tutte arrivate nude e terrorizzate sull’uscio di una casa sconosciuta a implorare aiuto. Tutte tranne la ragazza di ieri.
E c’è un ulteriore dettaglio ad accomunare le sei vittime: il nastro adesivo usato per legarle. Sempre lo stesso, dell’azienda ospedaliera Careggi.
Un ciclista ha suonato a casa di Pasquale: «C’è un tipo strano e nudo legato alla sbarra sotto il cavalcavia. Forse sta facendo una manifestazione di protesta per qualcosa. Andiamo a vedere...».
Giusi Fasano
LA STAMPA DI STAMATTINA
Firenze e la paura del nuovo mostro
Un unico Dna sui luoghi delle sevizie
Caccia all’assassino della romena crocifissa. Dal 2006 ha colpito altre 8 volte
Fabio Poletti
Sotto alla sbarra di ferro laccato di bianco dove è stata uccisa Andrea Cristina Zamfir, mani pietose hanno lasciato l’immaginetta di San Romedio martire. Ma ci vorrebbe ben altro del santo che fermò un orso sulla strada per fermare l’uomo che batte gli stradoni tra Ugnano alla periferia di Firenze e Prato da almeno dieci anni, invita sulla sua auto bianca le prostitute - quelle tossiche, quelle messe peggio, quelle che per un pugno di euro si fanno fare di tutto - le convince a farsi crocifiggere con un doppio giro di scotch ai polsi e poi le sevizia. Non chiede di avere rapporti sessuali. Quasi non le tocca. Preferisce usare bastoni, a volta di legno a volte di ferro. In almeno sei casi denunciati e due mai finiti nei verbali le donne - italiane o straniere, giovani e meno giovani, non fa differenza - si sono salvate. Ad Andrea Cristina Zamfir che aveva 26 anni ed era arrivata dalla Romania e che pure aveva provato ad avere una vita normale - aveva un compagno italiano che non c’entra niente e una bambina di due anni che perde tutto - è andata peggio.
«Quando l’ho vista io era già morta, nuda con solo le scarpe da ginnastica e le calze, legata in croce alla sbarra di ferro...», racconta chi l’ha trovata, crocifissa come una povera crista sotto il ponte dell’autostrada in via Cimitero di Ugnano. Luogo di coppiette di giorno e di prostituzione disperata la sera. Tre lampioni a inquadrare il nulla vicino a una serra di plastica e metallo.
Sono i luoghi del mostro di Firenze che negli Anni Ottanta terrorizzava e uccideva. Ma le analogie finiscono lì. Perché di sicuro non vuole uccidere l’uomo che a scadenza quasi annuale, in due soli posti perché li conosce bene, sfoga i suoi istinti repressi e chissà cosa altro. Lui si fa vivo nel 2006 a Ugnano e usa un tubo di ferro, forse un residuato bellico e chissà se è un simbolo pure quello. Nel 2009 colpisce alla periferia di Prato. Due anni dopo sempre a Prato sempre nello stesso posto sempre con lo stesso rituale. Poi ancora nel 2013 a Prato. La vittima si chiama Marta, arriva dalla Romania, sta sulla strada per comperarsi le dosi: «All’inizio sembrava tranquillo ma quando siamo scesi dall’auto è diventato una bestia. Mi fece spogliare e mi legò. Qualche mese dopo ebbe il coraggio di tornare da me ma io lo cacciai. Si fece ancora più cattivo: “Stavolta ti uccido”».
Marta riuscì a tenerlo a bada. Nessuno riesce a placare i suoi impulsi. E lui allora accelera: perché gli piace, perché si sente impunito, perché a giocare su due province è più facile confondere gli investigatori che ancora non trovano il filo rosso. Nel 2013 torna a Ugnano. Nel 2014 colpisce ancora a Prato. E poi due giorni fa a Ugnano quando uccide. «Noi siamo quasi convinti che sia la stessa persona. Ma per le modalità operative non possiamo escludere nemmeno che siano in due», non si sbilanciano polizia e carabinieri di Firenze e Prato che stanno ricostruendo tutti gli episodi degli ultimi dieci anni. C’è un caso simile nel 2007 a Travallo vicino a Signa ma il colpevole lo avevano già trovato. La prima volta a Ugnano nel 2006 la prostituta disse di essere salita in auto con due uomini. Nel 2013 a Ugnano un’altra prostituta riesce a mettere insieme uno straccio di identikit: «Quell’uomo ha tra i 50 e i 60 anni. È tarchiato con radi capelli bianchi. Ha un forte accento toscano. Guida un’auto bianca che sembra un furgone».
Centinaia se non migliaia le persone che potrebbero essere riconosciute nel profilo del seviziatore seriale diventato assassino due giorni fa. Ma nelle mani degli investigatori ci sono altri due elementi preziosi. Sul bastone e sullo scotch usato l’anno scorso a Ugnano la scientifica dei carabinieri ha isolato filamenti di Dna che non sono della vittima. E in altri due episodi il Dna è altamente compatibile. Una firma genetica che però non servirà a nulla se non si troverà qualcuno con cui confrontarlo.
Il secondo elemento è il nastro adesivo. Negli ultimi due casi ha il logo dell’azienda ospedaliera di Careggi, una delle più grandi d’Italia. Il nastro adesivo è stato prodotto fino a pochi mesi fa ma in chissà quante mani è passato. Spulciare tra le denunce non basta.
Pasquale Checcacci che ha ottant’anni, è un po’ sordo e abita nell’ultima villetta gialla prima della sbarra bianca dove è morta Andrea, dice di aver soccorso un altro paio di donne magari vittime dello stesso maniaco: «Erano nude e impaurite. Di fare denuncia non ci pensavano proprio dopo che lo ho rivestite...».
Gli investigatori lavorano anche sul profilo psicologico del seviziatore seriale. Le indagini a Firenze le conduce Paolo Canessa, il magistrato che si è già occupato del mostro di Firenze. Si pensa a un uomo abusato da bambino, con evidenti problemi sessuali che sublima adoperando bastoni ma pure a qualcuno affascinato dalle gesta dei «compagni di merende di Pietro Pacciani negli anni del mostro». A qualcuno con qualche precedente di sevizie su prostitute hanno ribaltato la casa ma non hanno trovato niente. Tra i sospettati c’è pure un infermiere ma non si va oltre. «Non sarà facile ma ce la mettiamo tutta...», promette un investigatore che nemmeno vuole immaginare che si possa tornare alla psicosi del mostro. Ci vorrebbe un miracolo. Che Romedio martire chiami a raccolta gli altri santi.
(MAURIZIO DEGL INNOCENTI/ANSA) -
MARCO NEIROTTI
Le sentinelle
del Male
Marco Neirotti
Divampa giusta indignazione quando un furore omicida devasta l’universo di fidanzate, mogli, figlie.
Ma quando a morir di tortura sono prostitute, accanto all’orrore cinematografico per le sevizie, alla curiosità per i meandri mentali del killer, all’allarme sociale, alligna una sorta di fatalismo che rinnega le vite in affitto, quasi quei respiri se li fosse naturalmente portati via un rischio del mestiere.
Nell’immaginario comune le prostitute non d’élite stanno in una categoria a sé, senza dignità. Nel gorgo del sangue svanisce la storia individuale e irrompono in scena il torbido dell’approccio e del rapporto, la spettacolarità dei rituali omicidi, la ricostruzione televisiva delle sevizie con la criminologia da salotto che ipotizza turbe e desideri del probabile serial killer, i suoi futuri gesti. Loro sono cadaveri grigi in un angolo della scena. Poi si archivia lo spettacolo. E si archivia anche la realtà. Nel ’94 Gianfranco Stevanin, 34 anni, uccise in Veneto una prostituta, poi, di fronte ai resti irriconoscibili di un’altra vittima, parlò d’una studentessa. Tra il ’97 e il ’98, in Liguria e Basso Piemonte, dopo sei vittime per motivi diversi (uomini e donne), Donato Bilancia, 46 anni, uccise tre prostitute, ed era rassicurante per le nostre case attribuirne la morte alle guerre di racket, ma fu panico quando Bilancia salì sui treni e colpì donne delle nostre famiglie. Adesso il pericolo era tangibile.
Fece il contrario tra l’85 e il ’92 Marco Bergamo, di Bolzano, che insanguinò il proprio cammino con bersagli da marciapiede, più facili della giovanissima vicina di casa con la quale si scoprì che aveva aperto la carriera. Bilancia, Stevanin, Bergamo rivelano l’incoscienza con la quale si guardano le prostitute ammazzate. Ed è cieco pure l’egoismo che le veste da vittime predestinate e trascura le possibili evoluzioni della mente deviata.
Nel teatro quotidiano queste donne racchiudono fascino poetico e disprezzo sociale, tanto che la battaglia per toglierle dai viali - salvo la tenacia coraggiosa dei volontari delle Unità di strada - non si cura della loro dignità, bensì del fastidio per lo «spettacolo» e del loro potenziale apporto al fisco. Quando muoiono massacrate sembrano andare incontro a un destino e pochi riescono a vedere vittime e vittime soltanto. Non invocano retorica o gli applausi che ormai accompagnano i feretri. Meritano almeno un piccolo pensiero alla loro solitudine, una pietà che non scenda dall’alto e contenga un po’ di dolcezza per queste sacrificali sentinelle del Male.
DOVE HA COLPITO
La serie Otto anni di violenze
Sono nove i precedenti che gli investigatori hanno preso in considerazione perché presentano caratteristiche simili a ciò che è successo l’altra sera sotto l’A1. Episodi avvenuti tutti tra Ugnano e Prato, appena 17 chilometri di distanza. Il primo stupro è avvenuto nel 2006 a Ugnano. Poi, tra il 2009 e il 2013, tre episodi a Prato. Quindi, nel 2013, un episodio a Ugnano. Nel 2014 un episodio a Prato e uno a Ugnano. Altri due episodi a Ugnano non sono stati denunciati dalle vittime. Si capisce che la zona delle violenze è circoscritta, che lo stupratore seriale preferisce muoversi in ambienti che conosce bene. Ora si cercherà di capire come tracciarlo.
Suggestioni del passato
L’area Il territorio di caccia del Mostro
La dinamica è diversa: uno era un omicida seriale e l’altro è un seviziatore che ha ucciso a seguito delle violenze che ha inflitto. Anche le vittime sono diverse: coppiette il primo, prostitute con problemi di droga il secondo. Ma la suggestione dei luoghi è tale che anche gli investigatori ne tengono conto: «Il seviziatore potrebbe essere affascinato dal Mostro di Firenze». D’altra parte il suo «territorio di caccia» coincide quasi perfettamente con quello degli omicidi degli anni Ottanta. Tra i precedenti presi in considerazione (ma poi scartato) c’era anche una violenza avvenuta a Calenzano, luogo in cui il 22 ottobre 1981 il Mostro uccise Stefano Baldi e Susanna Cambi.
LA STAMPA DI IERI
Firenze, il giallo della donna
nuda e crocifissa alla sbarra
In ginocchio, seviziata. Il sospetto di uno stupratore seriale
Maria Vittoria Giannotti
Prima di morire ha tentato disperatamente di liberarsi. Ma Andrea Cristina Zamfir, una giovane donna rumena di 26 anni, non ce l’ha fatta: è rimasta prigioniera della trappola che qualcuno, quasi sicuramente un maniaco, aveva preparato per lei. La vittima è stata trovata ieri mattina da un ciclista sotto il cavalcavia di una strada secondaria, nella zona di Ugnano, alla periferia ovest di Firenze: era legata a una sbarra, in ginocchio, con le braccia spalancate, «come se fosse crocifissa».
Gli investigatori della squadra mobile sono convinti che la donna sia andata incontro a una fine orribile: sul suo corpo non ci sono segni di percosse, ma quasi sicuramente ha subito sevizie sessuali. I lividi braccia fanno pensare che abbia tentato fino allo stremo delle forze di liberarsi dal nastro adesivo che le costringeva i polsi. Indosso aveva solo un paio di calzini e le scarpe da ginnastica. I suoi vestiti, gli abiti di una ragazza normale, sono stati trovati sul ciglio di una strada a un chilometro di distanza, accanto alla sua borsetta, con il telefono cellulare e i documenti. È stato il passaporto ad aiutare gli inquirenti nell’identificazione della vittima: le impronte digitali hanno già dato una conferma definitiva.
A coordinare le indagini sull’omicidio è Paolo Canessa, il magistrato che, per anni ha lavorato per far luce sui delitti del Mostro di Firenze: questa sarà la sua ultima in città, dato che sta per essere trasferito a Pistoia, dove sarà procuratore capo. E l’ombra di un maniaco seriale torna ad addensarsi minacciosa su Firenze. Andrea Cristina, infatti, non è la prima donna a subire un trattamento simile: nel marzo di un anno fa, sempre nella stessa strada, una prostituta italiana di 46 anni fu salvata dall’intervento dei passanti: anche lei era stata immobilizzata alla transenna, questa volta con dei lacci. Le sue grida furono sentite da alcuni residenti della zona, che dettero l’allarme. La donna raccontò che a ridurla in quello stato era stato un cliente, che l’aveva seviziata, violentata e rapinata della borsa. Il cliente l’aveva caricata in via Novoli, periferia di Firenze. Di lui diede anche una descrizione: un italiano sui 50-60 anni, capelli radi, tarchiato, che girava con un’utilitaria bianca. E il suo non è l’unico caso: gli abitanti di Ugnano ricordano che altre tre prostitute hanno rischiato di fare la stessa fine, ma sono state salvate dall’intervento provvidenziale di qualcuno, arrivato in tempo. Casi che adesso gli inquirenti stanno vagliando con attenzione, nell’ipotesi, più che probabile, che possa esserci un collegamento e che dietro ci sia un violentatore virtuale. Andrea Cristina non è stata fortunata. Anche lei ha gridato, cercando aiuto: una signora che abita nella zona ha raccontato alla polizia di aver sentito dei lamenti nella tarda serata di domenica, ma ha creduto che si trattasse di un cane e non ha dato l’allarme. Il medico legale ipotizza che la morte sia avvenuta intorno a mezzanotte, ma solo l’autopsia potrà dare risposte più precise, anche sulle cause che hanno provocato il decesso. Andrea Cristina non era una prostituta abituale: il suo nome non è conosciuto agli investigatori della buoncostume, ma non è neppure possibile escludere che la giovane svolgesse la professione in modo occasionale e che il suo assassino si sia presentato a lei come un cliente. «Era una ragazza sbandata che ha fatto un brutto incontro» si limitano a osservare in questura. Almeno per il momento è esclusa l’ipotesi che la vittima sia stata legata seguendo una sorta di rituale. Vicino al cavalcavia dove la 26enne ha trovato la morte, c’è un muro di cemento pieno di scritte. Qualcuno, qui sopra, ha voluto anche protestare per lo stato di degrado in cui, da troppo tempo, è ridotta questa periferia, a metà strada tra il cemento e la campagna. Siamo assediati da prostitute e tossicodipendenti - denuncia una residente - abbiamo paura».
(Riccardo Sanesi/LaPresse) - Le indagini L’autopsia dovrà rivelare le cause della morte Gli investigatori stanno cercando riscontri rispetto a quattro episodi simili avvenuti nella stessa zona Un anno fa una prostituta aveva descritto un cliente violento: italiano tarchiato, capelli radi tra i 50 e i 60 anni
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