Roberto Perotti, Il Sole 24 Ore 7/5/2014, 7 maggio 2014
GLI AMBASCIATORI E LA SPENDING REVIEW
I dirigenti pubblici guadagnano troppo? L’unico modo per farsi un’opinione è partire dai dati. Ecco il caso della Farnesina. La tabella 1 (a pagina 25, ndr) mostra che in media i diplomatici italiani guadagnano 2,3 volte i loro omologhi tedeschi. La retribuzione di un ambasciatore italiano è composta da quattro elementi: stipendio metropolitano; indennità di servizio all’estero (Ise); assegno di rappresentanza; altri benefit. Tutti i diplomatici di carriera percepiscono uno stipendio metropolitano. Per i residenti in Italia è di circa 10mila euro. In servizio all’estero, lo stipendio metropolitano si dimezza e diventa 5.385 euro netti.
A questi si aggiungono due indennità: l’indennità di servizio all’estero (Ise) e l’indennità di rappresentanza. L’Ise è "di proprietà" dell’ambasciatore: può usarla come vuole, spenderla o risparmiarla. L’indennità di rappresentanza deve essere usata, come dice il nome, per scopi di rappresentanza. Il valore in tabella è l’Ise netta per un ambasciatore senza coniuge e senza figli. L’ambasciatore paga le tasse solo sulla metà dell’indennità di base, cioè su 944 euro: in pratica l’intera Ise è quindi esente da tasse. Vi sono poi numerosi benefit. Un’indennità di sistemazione alla presa di servizio, un’indennità di richiamo dal servizio, un contributo per le spese di trasporto all’andata e al ritorno dal servizio. Nel caso dell’ambasciatore a Washington stiamo parlando di circa 40mila euro all’andata e ancor più al ritorno, nonostante l’ambasciata sia già arredata, e indipendentemente dal costo effettivo del trasloco. La remunerazione degli ambasciatori: leggenda e realtà. Si sostiene spesso che, anche se apparentemente guadagnano più dei colleghi tedeschi, i diplomatici italiani alla fine guadagnano meno perché devono pagarsi tutte le spese. L’affermazione è falsa, per due motivi. Primo, perché per gli ambasciatori la gran parte delle spese sono pagate direttamente dall’amministrazione. Secondo, perché alle spese rimanenti ci pensa l’indennità di rappresentanza. Come stabilisce il Dpr 18/67 (si veda anche la circolare 3 del 16 giugno 2011) agli ambasciatori sono pagate direttamente dall’amministrazione: l’abitazione e la sua manutenzione, il personale di servizio, le spese sanitarie le automobili di servizio, il telefono. Le spese seguenti vengono invece pagate con l’assegno di rappresentanza: gli eventi conviviali, il personale di servizio (in aggiunta a quello già esistente e pagato dall’amministrazione, ed entro il 50% dell’assegno di rappresentanza), trasporto e soggiorno connessi a "viaggi di servizio, motivati da esigenze di rappresentanza", la formazione linguistica del coniuge, nel limite del 5% dell’assegno, l’uso del taxi, e numerose altre spese. Questa è la teoria. In realtà, quasi tutte le spese dell’ambasciatore e dei numeri due e tre di una grande sede sono pagate direttamente dall’amministrazione, e non transitano nemmeno sull’assegno di rappresentanza: viaggi di servizio, noleggi, taxi, piccole spese di manutenzione, alcune volte anche le multe per divieto di sosta prese da ambasciatori o coniugi (con la scusa che l’auto era parcheggiata in divieto di sosta sì, ma per motivi di servizio). L’ambasciatore può dunque godersi, oltre allo stipendio metropolitano, tutta l’Ise, che è ben distinta dall’assegno di rappresentanza, e che è un vero e proprio stipendio. Il bilancio della Farnesina: leggenda e realtà. Nella sua audizione al Senato del 3 aprile 2014, la ministra Mogherini diceva: «A fronte dello 0,2% del bilancio dello Stato stanziato dall’Italia per la politica estera, la Francia dedica l’1,8% e la Germania l’1,1». Analogamente, così scriveva nel febbraio 2012 la spending review ordinata dal governo Monti "...la Francia dedica alla politica estera l’1,78% del bilancio statale, la Germania l’1,1%...". Queste cifre sembrano essere prese per buone e ripetute più o meno da tutti. Ma bisognerebbe sempre diffidare da affermazioni palesemente implausibili. L’Annuario Statistico del ministero degli Esteri 2013 riporta la spesa dei ministeri degli Esteri per vari Paesi, rapportati al Pil e al bilancio dello Stato. Le spese dei ministeri degli Esteri, in miliardi di euro, sono riportate nella riga 1 della seconda tabella. Il bilancio totale dello Stato, come riportato dalla pubblicazione del ministero, è nella riga 2. Il rapporto tra i due è nella riga 3. In effetti, il rapporto è 0,20% in Italia e 1,15% in Germania. Ma si notano subito due anomalie. Secondo la pubblicazione, la Germania, con un Pil che è quasi il doppio del nostro, ha un bilancio dello Stato che è meno della metà del nostro. Il mistero è subito risolto: nella tabella della Farnesina, riprodotta nella riga 2, il "bilancio dello Stato" per l’Italia è definito come la spesa complessiva della Amministrazione pubblica (cioè, oltre al settore statale, cioè lo Stato centrale, anche gli enti locali e gli istituti di previdenza). Per la Germania, invece, esso include il solo settore statale! Utilizzando la stessa definizione per entrambi, quella della Amministrazione pubblica si ottengono per il bilancio delio Stato le cifre riportate nella riga 4. Ora il rapporto in Germania è del 0,28% (riga 5), ossia un quarto di quanto affermato da ministro e diplomatici italiani. La seconda anomalia è ancora peggiore. Come si vede, manca il dato per il bilancio dello Stato in Francia. Come è possibile? Un bambino impiegherebbe non più di due minuti per trovarlo su Internet. In realtà, è stato fatto scomparire. Come per la Germania, nell’annuario del 2007, Tabella 3.7 a pag 11 del capitolo 3, il bilancio del ministero degli Esteri francese era diviso per il bilancio del settore statale, ottenendo un rapporto di 1,01%. Questo errore viene corretto nell’annuario del 2012, che infatti riporta un rapporto di 0,23%, quasi identico a quello italiano. Evidentemente questa cifra è una fonte di imbarazzo per chi aveva sostenuto che il rapporto era 1,8%, quindi nel 2013 si decide di far finta che il denominatore non esista, e il rapporto scompare! Dalla riga 5 si evince dunque chiaramente che in Italia il rapporto tra bilancio del ministero degli Esteri e bilancio dello Stato è sì inferiore a quello degli altri Paesi, ma non di molto. Ovviamente, però, il confronto corretto è con il Pil. La riga 6 della tabella 2 mostra che in questo caso la differenza è ancora più limitata: 0,10% per l’Italia, e circa 0,13% per gli altri Paesi. Si noti che Francia, Germania e Gran Bretagna sono tutti Paesi che hanno un ruolo internazionale ben maggiore dell’Italia, che a livello mondiale è una potenza trascurabile. Riforma e risparmi: salvate il diplomatico Ryan. Come a tutti i settori dell’amministrazione pubblica, anche alla Farnesina è stato chiesto di partecipare al processo di riduzione della spesa pubblica. In un’audizione al Senato del 3 aprile 2014, la ministra ha annunciato risparmi per 16 milioni nel 2014, 42 milioni nel 2015, e 52 milioni nel 2016, per un totale di 108 milioni. Si noti che non è mai stato specificato se i 52 milioni del 2016 sono in aggiunta a quelli del 2014 e 2015 o se sono i risparmi totali nel 2016. Ma in un certo senso tutto questo è irrilevante, perché i risparmi di spesa effettivamente documentati sono in ogni caso minimi: secondo i miei calcoli, 6,5 milioni. C’è il fondato sospetto che nella cifra di 52 milioni siano stati inclusi anche aumenti di entrate. Ma l’aspetto più interessante delle proposte di riforma avanzate dai funzionari del ministero è che esse sembrano fatte apposta per non intaccare minimamente i privilegi dei dirigenti, e in particolare dei diplomatici. Il Dl 95 del 2012, art.2 comma 1, emanato dal governo Monti, chiedeva di ridurre "Gli uffici dirigenziali… e le relative dotazioni organiche delle amministrazioni dello Stato in misura non inferiore al 20 per cento di quelli esistenti". Tuttavia, la Farnesina riuscì a convincere il Dipartimento della Funzione pubblica a esentare da queste riduzioni 127 ambasciate, 9 rappresentanze permanenti e 9 consolati, "per il ruolo fondamentale di tutela degli interessi del Paese" che esse svolgono (circolare 10 del 2012). Alla fine, la pianta organica dirigenziale viene ridotta da 1.120 unità a 1.019 (meno del 10%), ma nessun personale diplomatico perde il posto, visto che i diplomatici in servizio sono 923. Anche la proposta di riforma della retribuzione sembra fatta per salvaguardare i diplomatici. Niente dimostra meglio questa impostazione della seguente affermazione di un alto dirigente del ministero a una recente riunione con le rappresentanze sindacali, secondo quanto riportato da una persona presente: "La capienza attuale del capitolo (dell’Ise) è di 294 milioni di euro che, tolti i 16,5 milioni di rappresentanza, diventano circa 280 milioni: una cifra troppo alta, che attira l’attenzione di tutti con conseguente tentazione di operare tagli anche ingenti. Quindi va spacchettata e ridotta a più voci, ma meno corpose. In questa maniera l’Amministrazione tenterà di mantenere tutti i 280 milioni, almeno per il momento, visto che non sono esclusi nuovi tagli". Inoltre, a fronte di un leggero aumento della tassazione (lo stipendio metropolitano, in parte tassabile, raddoppia, mentre la mini Ise e le altre componenti rimangono non tassabili), si avrà una pensione più alta in futuro rispetto alla normativa attuale. Ma c’è un aspetto ancora più interessante di cui nessuno parla. Come si rispetterà il tetto dei 238mila euro, pari alla remunerazione del capo dello Stato? Il sospetto è che molte delle indennità "spacchettate" saranno considerate rimborsi spese e quindi non rientreranno nel tetto dei 238mila euro. Inoltre, la remunerazione del presidente della Repubblica è lorda: la sua remunerazione netta è di 136mila euro. Quella dagli ambasciatori sarà in gran parte non tassabile, quindi anche se lo stipendio più Ise fossero abbassati al limite di 238mila euro annuali, la remunerazione netta sarà ben superiore ai 136mila euro. Se si lascia fare tutto ai dirigenti di carriera del ministero stesso... roberto.perotti@unibocconi.it
Roberto Perotti, Il Sole 24 Ore 7/5/2014