Beda Romano, Il Sole 24 Ore 7/5/2014, 7 maggio 2014
DAL 2016 LA TOBIN TAX ALL’EUROPEA
BRUXELLES.
L’idea di una nuova tassa sulle transazioni finanziarie continua a fare la sua strada, ma in versione minimalista e ancora tutta da negoziare. I paesi della zona euro interessati ad adottare questa imposta hanno approvato ieri una dichiarazione politica di appoggio a una iniziativa che ha provocato un accesissimo dibattito tra i ministri finanziari europei. L’obiettivo dei paesi – tra cui l’Italia, la Germania e la Francia – è di introdurre la nuova imposta entro il 1° gennaio 2016.
Una tassa sulle transazioni finanziarie è stata oggetto di accesi negoziati fin dal 2011 quando fu proposta dalla Commissione europea nel tentativo di responsabilizzare il settore bancario dopo lo scoppio della crisi finanziaria e di rimpinguare le casse pubbliche. Dinanzi all’opposizione di molti paesi – a cominciare dalla Gran Bretagna, dove peraltro esiste la stamp duty sugli scambi azionari da circa 300 anni – undici stati hanno deciso di puntare su una cooperazione rafforzata, autorizzata dai Trattati.
I paesi coinvolti dalla Tobin Tax, come viene chiamata in Italia, sono la Germania, la Francia, il Belgio, la Spagna, l’Austria, il Portogallo, la Slovacchia, la Grecia, l’Estonia e l’Italia (all’ultimo minuto la Slovenia, in crisi politica, non ha sottoscritto l’accordo). Il risultato di serrate trattative tra questi stati è un compromesso che prevede "l’adozione progressiva" e l’imposizione solo per le azioni e alcuni tipi di derivati. Escluse dovrebbero essere le obbligazioni pubbliche, come chiesto dall’Italia.
«Il nostro approccio - si legge in una dichiarazione pubblicata a margine di una riunione dell’Ecofin - è essenziale per assicurare che ciascun passo verso una piena adozione di una tassa sulle transazioni finanziarie sia messo a punto in un modo che prenda in considerazione l’impatto economico». I paesi che vorranno imporre la tassa anche a prodotti non previsti dall’accordo lo potranno fare. Nel negoziare la dichiarazione politica un tema controverso è stato la tassazione dei derivati.
«Non esiteremo a trascinare il progetto dinanzi alla Corte europea di Giustizia se dovessimo notare rischi di extraterritorialità, o se si rivelasse dannoso per la Gran Bretagna o per lo stesso mercato unico», ha avvertito il ministro delle Finanze inglese George Osborne. La stamp duty ha una aliquota dello 0,5%; la nuova tassa europea potrebbe avere una aliquota dello 0,1 per cento. Che Londra sia preoccupata (anche) all’idea che le banche inglesi preferirebbero pagare la seconda invece della prima?
Secondo molti osservatori, il dossier è stato cavalcato in queste settimane da molti paesi per ragioni elettoralistiche a ridosso del prossimo voto europeo, se è vero che l’imposta piace a molti elettori. Il ministro delle Finanze olandese Jeroen Dijsselbloem si è chiesto: «L’iniziativa è forse una vetrina da mostrare prima delle elezioni?», notando un terreno comune tra i paesi «molto, molto esiguo». Ieri a Bruxelles si è tenuta una manifestazione di attivisti favorevoli alla Tobin Tax.
Il progetto ha superato una tappa importante, ma certo non definitiva. I paesi interessati devono ora negoziare la tassa a livello tecnico, sotto presidenza italiana nella seconda metà del 2014. Non sarà facile perché le critiche sono molte, ad esempio quella di Business Europe, preoccupata - come la Gran Bretagna ma anche la Danimarca o la Svezia - per il potenziale impatto negativo sull’economia. Da decidere ancora sono tra le altre cose il livello dell’aliquota e i tipi di derivati da tassare.
«È assurdo che dieci paesi, nell’ambito dello stesso mercato unico, adottino disposizioni diverse e più svantaggiose in relazione ai risparmi accumulati dai cittadini», ha commentato Assosim, l’associazione degli intermediari. «In questo modo si va a colpire il risparmio delle famiglie, la produzione e quindi la crescita stessa». Se mai vedrà la luce, la nuova imposta avrà comunque un gettito assai più limitato di quello immaginato a suo tempo da Bruxelles che sperava in una raccolta pari a 35 miliardi di euro all’anno.
Beda Romano, Il Sole 24 Ore 7/5/2014