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 2014  maggio 07 Mercoledì calendario

BILL GATES


Ah, che meraviglia svegliarsi una mattina e scoprirsi ricco. Macché dico ricco: straricco! E nemmeno uno straricco normale. No, un ricco rispetto al quale perfino i ricchi del mito, da Creso a Mida, impallidirebbero. Un ricco capace di umiliare, col suo capitale, perfino Paperon de’ Paperoni. E se tutto va come sta andando, se cioè la sua azienda continuerà a crescere al ritmo attuale, questo sogno, secondo il calcolo dell’avvocato fiscalista Bob Lord, sarà finalmente coronato da Bill Gates entro il 2039. Sarà lui, infatti il primo trilionario della storia. Adesso, per capirci bene un trilione significa un-milione-di-milioni-di-dollari. Una cifra inaudita. Inconcepibile. La cifra che nessuno finora nella storia ha mai posseduto. Superiore a qualsiasi sogno... però però, eppur vero che se proprio uno deve sognare, be’, allora meglio non porsi nessun limite.
E allora voglio sognare d’essere io l’uomo più ricco del mondo — presente, passato e probabilmente futuro — e svegliarmi nei panni tagliati, ovviamente su misura, in una regale sartoria di Savile Row in London. Ed eccomi in uno di quei templi odorosi di cuoio e sigari, dal parquet nobilmente cigolante. Ho appena scelto tra un campionario di tessuti morbidi, leggerissimi al tatto, freschi d’estate e caldi d’inverno. Mi stanno prendendo le misure per un completo a tre pezzi assolutamente demodé, ma che fa tanto uomo-di-stile. Naturale che me ne faccio confezionare almeno una dozzina. Passerei poi nella gioielleria lì vicino, in Bond Street, dove hanno realizzato quella favolosa opera di Damien Hirst, quella al cui cospetto la povera dickensiana madre dell’artista ed ex hooligan non poté non esclamare: «For The Love Of God», in italiano Per l’amor di Dio, che il genio inglese genialmente usò come titolo: non ve la ricordate? È una scultura consistente in un teschio umano fuso in platino con incastonati 8.601 diamanti, incluso un diamante rosa a forma di goccia, posto proprio sulla fronte e con i denti originali — del morto, insomma — ben in vista. Quell’opera meravilliousa , costata 14 milioni di sterline e posta in vendita al prezzo di 50 milioni di sterline. Sì, il prezzo più alto mai pagato per un’opera di un artista vivente, ma solo spiccioli per me... ehm per me Bill Gates, ovviamente. Memore della teoria dell’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica formulata da Walter Benjamin passerei, di fatto, alla pratica ordinandone un esemplare per ognuna delle dodici magioni che avrei nei dodici più fantastici posti del mondo, alcune dotate di porticciolo e yacht ormeggiato, per non dimenticare, al cospetto di quelle vanitas, magari accecato dal milione-di-milioni in mio possesso, quant’è vana la vita e che pur essendo l’uomo più ricco che la storia ricordi sono, come qualsiasi miserabile, destinato alla morte.
Una rinnovata consapevolezza morale da cui in qualche modo toccherebbe però riprendersi. E allora eccomi, a due passi dillì, che cerco di tirarmi su con un fantastico Gin N3 al bancone della storica distilleria che, all’angolo tra James Street e Bond Street, ispirò a Ian Fleming appunto James Bond, l’agente segreto ma soprattutto principe dei viveur, sperando che ispiri anche me.
Essì, certo se un milionario qualsiasi non può non avere un’Aston Martin io che sono l’unico trilionario su piazza voglio proprio quelle originale dei film di 007. Tutte dico. Nella mia collezione poi non potrebbero mancare le Ferrari degli anni 60, autentiche sculture mobili — compresa quella che Pasolini vendette considerandola, oh meschino, un ferrovecchio. E certo le Maserati dell’epoca ma anche le ultime perché, oltre a essere tornate belle come una volta, sono insieme alle suddette Ferrari e a «Berluscone» una delle tre cose più famose d’Italia; come ha detto Razzi che certo scritturerei a una cifra di almeno venti volte superiore al suo sospirato vitalizio e certo più consona al suo inarrivabile genio. Perché se con la ricchezza non si compra la felicità, mi sarei comunque assicurato l’allegria e come si dice: cuor contento Dio l’aiuta!